Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6273 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/03/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 15/03/2010), n.6273

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE SPA in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e Legale Rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio

dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta

procura speciale ad litem a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.E., D.P.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8810/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

4.12.07, depositata il 07/02/2008;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello dei lavoratori, ha condannato Poste Italiane s.p.a. al pagamento, in favore di M.E. e D.P.S., della indennita’ c.d. agente unico, nella misura da accertare in separato giudizio, a decorrere dal 1 gennaio 1998, intesa a compensare il lavoro di ritiro e consegna di materiale postale oltreche’ di autista, stabilita dall’accordo sindacale in data 12 settembre 1996 e corrisposta fino al dicembre 1997;

che la Corte d’appello disattendeva la tesi secondo cui l’impegno di rivedere la materia dopo il 31 dicembre 1997 significava che la mancata revisione dell’accordo avrebbe comportato la soppressione dell’indennita’, ed accoglieva la tesi dei lavoratori secondo cui la prevista revisione avrebbe riguardato esclusivamente l’ammontare del beneficio;

che un accordo del 24 settembre 1997, invocato dalla societa’ appellante, non riguardava l’indennita’ in parola ma altre voci retributive;

che non risultava essere stata abolita la prestazione lavorativa, corrispettiva dell’indennita’;

che contro questa sentenza ricorre per Cassazione la s.p.a. Poste Italiane; che gli intimati non si sono costituiti;

che a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. e’ stata fissata l’adunanza della Corte per la decisione del ricorso in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che con unico motivo la societa’ ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1362 c.c. e segg., in relazione ad una circolare del 1995, ad una serie di accordi collettivi e ad un contratto collettivo per il biennio 1996 – 1997, violazione dei predetti contratti ed accordi, violazione degli artt. 2074, 2099 c.c., dell’art. 36 Cosi, nonche’ vizi della motivazione, sostenendo, in sintesi, che la finalita’ soltanto incentivante dell’indennita’ in questione ne giustificava la temporaneita’ ossia l’erogazione fino al dicembre 1997; che la sopravvivenza dell’indennita’ era concordata nei limiti di persistenza delle risorse finanziarie costituenti la provvista; che l’accordo collettivo per l’agente unico era stato comunque denunciato nel 1998 dalle organizzazioni sindacali;

che il motivo non e’ fondato;

che questa Corte ha gia’ avuto modo di occuparsi della questione con argomentazioni che, seppure formulate in un diverso contesto normativo (anteriore alla modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 3 introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006), restano tuttavia valide e da confermare;

che essa ha ritenuto rispettosa dei canoni di cui all’art. 1362 c.c. e segg. l’interpretazione dell’accordo collettivo del 1996, secondo il quale l’indennita’ in questione remunerava specifiche prestazioni lavorative, ossia lo scambio degli effetti postali oltreche’ la mansione di autista, onde aveva funzione retributiva, non esclusa dalla funzione “incentivante”, ossia di stimolo a ben lavorare;

che questa Corte ha, in argomento, osservato ancora che l’indennita’, oggetto di un obbligo contrattuale, poteva non essere aumentata, ma non poteva essere ridotta e tanto meno abolita, quand’anche fossero mutate le condizioni economiche aziendali, non avendo la datrice di lavoro invocato l’eccessiva onerosita’ sopravvenuta;

che il termine finale toglie, alla scadenza, effetto al contratto collettivo, ma non sottrae il datore di lavoro dall’obbligo della retribuzione ex art. 2099 c.c., mentre l’ammontare ben puo’ essere determinato dal giudice di merito, ex art. 36 Cost., comma 1, con riferimento all’ammontare gia’ previsto dal contratto individuale, recettivo di quello collettivo (Cass., sez. un., 30 maggio 2005 n. 11325);

che dall’art. 2103 c.c. e dal’art. 36 Cost., ossia dal divieto di assegnazione a mansioni inferiori e dalla necessaria proporzione dell’ammontare della retribuzione alla qualita’ e quantita’ del lavoro prestato, e’ ricavabile il principio di non riducibilita’ della retribuzione, da estendere alla voce compensativa di particolari e gravosi modi di svolgimento del lavoro, nel senso che quella voce puo’ essere soppressa col venir meno di quei particolari modi, ma deve essere conservata in caso contrario (Cass., 14 aprile 1979 n, 2783, 16 agosto 1993 n. 8711, 15 febbraio 1996 n. 326, 11 maggio 2000 n. 6046);

che di conseguenza l’impegno, assunto con accordo collettivo, di rivedere l’ammontare della speciale voce retributiva entro un certo termine, fa si’ che alla scadenza di questo, non seguita dall’abolizione di quella prestazione, la voce deve essere conservata, eventualmente nel suo ammontare attuale, ex art. 36 Cost., qualora il datore abbia disdetto l’accordo;

che in tal senso questa Corte si e’ pronunciata con le sentenze 14 settembre 2006 n. 19706, 1 marzo 2007 n. 4821, 25 gennaio 2008 n. 1660 e numerose altre conformi;

che, rigettato il ricorso, nulla va disposto in ordine alle spese, non essendosi gli intimati costituiti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 21 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

 

 

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