Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6268 del 15/03/2010
Cassazione civile sez. lav., 15/03/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 15/03/2010), n.6268
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –
Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE SPA in persona del Responsabile della Direzione Affari
Legali della Societa’, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
EUROPA 190, presso l’Area Legale Territoriale di Roma della Societa’,
rappresentata e difesa dall’avvocato URSINO ANNA MARIA, giusta delega
a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
P.C.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 823/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del
27.5.08, depositata il 03/06/2008;
E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 823/2008 depositata il 3.6.2008, respingendo l’appello, ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca con la quale, previa dichiarazione di nullita’ della clausola contrattuale secondo cui il rapporto di lavoro dei dipendenti postali si risolve automaticamente al raggiungimento dell’anzianita’ contributiva massima, Poste Italiane era stata condannata al pagamento dell’indennita’ di preavviso in favore di P.C..
Avverso questa decisione Poste Italiane s.p.a. ricorre per Cassazione con due motivi.
P.C. non si e’ costituito.
A seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. e’ stata fissata l’adunanza della Corte per la decisione del ricorso in Camera di consiglio.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo, con il quale si sostiene che la mancanza di un atto di recesso priva di base giustificativa la condanna all’indennita’ di preavviso, e’ manifestamente fondato.
La Corte d’appello ha ritenuto che “in caso di prospettazione della domanda che parta dal presupposto dell’accettazione da parte del lavoratore della risoluzione, in ogni caso cioe’ (come nella specie) in cui non e’ richiesta all’autorita’ giudiziaria materiale la prosecuzione del rapporto di lavoro, spetta sicuramente al dipendente estromesso la indennita’ sostitutiva del preavviso.”.
Sennonche’, dato per ammesso, come ritiene la sentenza impugnata, che non vi e’ stato licenziamento, ma mero adeguamento di entrambe le parti agli effetti di una clausola contrattuale, ancorche’ nulla, l’obbligo a carico dell’azienda di corrispondere l’indennita’ di preavviso e’ privo di giustificazione, per il semplice motivo che difetta il presupposto richiesto dall’art. 2118 c.c. per tale indennita’, e cioe’ il recesso. D’altra parte, la rinunzia del lavoratore a far valere la nullita’ della clausola e quindi la continuita’ del rapporto di lavoro non vale a convertire la risoluzione consensuale del rapporto in licenziamento.
La fondatezza del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, con il quale Poste prospetta la tesi che la clausola in questione integri un accordo, consentito dalla L. n. 604 del 1966, art. 11 per la risoluzione consensuale del rapporto per una data futura.
Resta quindi confermata la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui in caso di mera comunicazione dell’azienda di volersi adeguare alla clausola contrattuale che prevede la risoluzione automatica del rapporto di lavoro dei dipendenti postali al raggiungimento della massima anzianita’ contributiva, l’indennita’ di preavviso non spetta (Cass. n. 10782 e 12690 del 2000; n. 13975 del 2002; n. 3237, 3540, 1856, 16209 del 2003; n. 4637 del 2004).
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata cassata. Non rendendosi necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda.
L’iniziale incertezza, registratasi anche nella giurisprudenza di legittimita’, circa la spettanza dell’indennita’ di preavviso in situazioni quale quella in esame, motiva la compensazione delle spese dei giudizi di merito. Vanno invece poste a carico del soccombente quelle del presente giudizio di legittimita’.
PQM
LA CORTE Accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dei giudizi di merito e condanna P. C. al pagamento di quelle del giudizio di legittimita’, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 1000,00 per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA..
Cosi’ deciso in Roma, il 21 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010