Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6264 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. I, 05/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32610/2018 proposto da:

T.N.S., elettivamente domiciliato in Napoli, via Toledo

n. 6, presso lo studio dell’avv. Marco Esposito che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 21/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2019 dal Consigliere Dott.ssa Paola GHINOY.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano rigettava la domanda proposta da T.N.S., proveniente dalla (OMISSIS), volta ad ottenere in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.; in via subordinata, il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14; in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. T.N.S. ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidato a tre motivi.

3. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Come primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11 per l’omesso ordine di comparizione personale in udienza del ricorrente, che era stato sollecitato espressamente dal suo difensore e sarebbe imposto dalla norma citata nei casi di mancanza della videoregistrazione del colloquio innanzi alla commissione.

5. Il motivo non è fondato, in quanto a pagina 3 del ricorso si riferisce che la comparizione personale veniva chiesta dal difensore del richiedente e che il Tribunale fissava udienza in camera di consiglio per la sola integrazione documentale e discussione tecnica del ricorso.

6. Questa Corte, nell’enunciare il principio secondo cui, in mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente disporre lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti, configurandosi altrimenti la nullità del decreto pronunciato all’esito del ricorso, salvo che non sia stato lo stesso richiedente ad aver visto accolta la propria istanza motivata di non avvalersi del supporto della videoregistrazione, ha precisato che l’obbligatorietà della fissazione dell’udienza di comparizione, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis non comporta automaticamente la necessità di dar corso alla audizione del richiedente (cfr. da ultimo Cass. n. 5973 del 28/02/2019 e n. 2817 del 31/01/2019).

7. Tale affermazione, si è detto, trova conforto nella giurisprudenza comunitaria, la quale, pronunciandosi in ordine all’interpretazione degli artt. 12, 14, 31 e 46 della Direttiva 2013/32/CE del 26 luglio 2013, ha precisato che l’obbligo di consentire al richiedente di sostenere un colloquio personale, prima di decidere sulla domanda di protezione internazionale, grava esclusivamente sull’autorità incaricata di procedere all’esame della stessa, e non si applica 2 pertanto nei procedimenti d’impugnazione, in quanto l’obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, imposto al giudice competente dall’art. 46, par. 3, della Direttiva dev’essere interpretato tenendo conto della stretta connessione esistente tra la procedura d’impugnazione e quella di primo grado che la precede, nel corso della quale dev’essere consentito al richiedente di sostenere il colloquio personale, con la conseguenza che il giudice può decidere di non procedere all’audizione nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale svoltosi in occasione del procedimento di primo grado (cfr. Corte di Giustizia UE, 26/07/2017, in causa C-348/16, Moussa Sacko).

8. Nel caso, il Tribunale ha motivato le ragioni per le quali non ha ritenuto di procedere a nuova audizione dell’interessato, argomentando che l’audizione davanti alla Commissione era stata sufficientemente esaustiva ed approfondita. Motivazione che neppure viene fatta oggetto di adeguata censura.

9. Come secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 in relazione alla richiesta di protezione internazionale sussidiaria e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 51 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 per non avere il Tribunale valutato l’esistenza dei gravi motivi individuali di vulnerabilità in relazione alla richiesta subordinata di protezione umanitaria, nonchè ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per manifesta illogicità e mancanza della motivazione che si sarebbe concretizzata nell’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio in relazione al diniego della Protezione Umanitaria.

10. Contesta la motivazione del decreto e argomenta che in (OMISSIS) secondo numerosi rapporti di Amnesty International e altre organizzazioni vi sarebbe una situazione di instabilità e insicurezza, con una situazione di illegalità e di corruzione diffusa.

11. Aggiunge che il Tribunale ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria non avrebbe valutato la situazione di integrazione raggiunta in Italia e la situazione di vulnerabilità in merito ai presupposti per il riconoscimento della protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

12. Il motivo non è fondato.

13. Il Tribunale ha argomentato che, dalle COI risultanti dai siti aggiornati e accreditati che ha consultato e richiamato a pg. 7 del decreto, la situazione in (OMISSIS) non risulta stabilizzata in termini di sicurezza socio-politica in ragione dell’elevato pericolo di tensioni ancora sussistente, che rende lento il processo di normalizzazione. Tuttavia dopo i conflitti interni degli anni duemila il Paese ha intrapreso un nuovo sentiero dello sviluppo e il presidente O. ha nominato una commissione per la verità e la riconciliazione, con l’obiettivo di giudicare i responsabili delle violenze durante la guerra civile. Ha quindi concluso che gli episodi di violenza e conflitto ancora possibili non raggiungono quindi la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

14. La soluzione è conforme a diritto, in quanto tale previsione deve essere interpretata in conformità della fonte Eurounitaria di cui è attuazione (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE), in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C-542/13, par. 36), secondo cui i rischi a cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa di norma non costituiscono di per sè una minaccia individuale da definirsi come danno grave (v. 26 Considerando della Direttiva n. 2011/95/UE), sicchè l’esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 15 direttiva, lett. c), a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunga un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

15. Per quanto riguarda la protezione umanitaria, il Tribunale ha argomentato che la particolare situazione di instabilità che pur sussiste in (OMISSIS) non è tale da consentire il riconoscimento della Protezione Umanitaria in quanto T.N.S., pur avendo dato conto di aver seguito un percorso di formazione con attestato di partecipazione al corso di operatore ecologico, non ha dimostrato un apprezzabile inserimento nel tessuto sociale in Italia, non risulta svolgere alcuna attività lavorativa e non ha legami sul territorio che possano essere pregiudicati dal suo rimpatrio, mentre non risulta smentita la presenza di una moglie e tre figli nel territorio di provenienza.

16. Inoltre, in (OMISSIS) lo Stato dell’economia attuale consente di escludere una situazione di povertà endemica e priva di prospettive lavorative che possa incidere sul rispetto dei basilari principi di dignità umana.

17. Anche tale soluzione è conforme a diritto, in quanto questa Corte ha chiarito (v. Cass.23/02/2018, n. 4455 e, da ultimo, Cass. S.U. n. 29459, n. 29460 e n. 29461 del 13.11.2019), che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

18. Non può essere dunque riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione, particolarmente nel caso in cui lo straniero non possieda uno stabile titolo di soggiorno nello Stato di accoglienza, ma vi risieda in attesa che sia definita la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale.

19. La valutazione di merito in relazione ai due aspetti richiamati compiuta dal Tribunale non è stata inoltre confutata in coerenza con la previsione del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, non essendo stati prospettati fatti decisivi che sarebbero stati ignorati.

20. Segue coerente il rigetto del ricorso.

21. Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

22. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA