Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6259 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/03/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 15/03/2010), n.6259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.P.M., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI

LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA in persona del Responsabile della Direzione Affari

Legali della Societa’, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 175, presso la Direzione Affari Legali della Societa’,

rappresentata e difesa dall’avv. URSINO ANNA MARIA, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1048/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA

del 17.11.05, depositata il 12/01/2006;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Pescara e, in sede di gravame, la Corte d’appello di L’Aquila (sentenza n. 1048/2005 depositata il 12 gennaio 2006) hanno dichiarato la legittimita’ del licenziamento in tronco irrogato il 2 marzo 2001 alla portalettere T.P.M., alla quale Poste Italiane s.p.a. il 23 febbraio 2001 aveva contestato di essersi disfatta il giorno (OMISSIS) di corrispondenza affidatale per la consegna, gettandola, con l’aiuto di persona rimasta sconosciuta, in un contenitore portarifiuti.

Ricorre per Cassazione la T.P., formulando tre motivi di impugnazione.

Poste Italiane s.p.a. resiste con controricorso.

Disposta la trattazione del ricorso in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 (vecchio testo), il Pubblico ministero ne ha chiesto, con le conclusioni scritte, il rigetto per manifesta infondatezza.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 161 c.p.c., la ricorrente sostiene che “dalla lettura della parte della sentenza gravata, che avrebbe dovuto riportare lo svolgimento del processo, non e’ dato individuare se il Collegio abbia tenuto debito conto di quanto emerso e dedotto nel corso del giudizio dalle parti in causa ne’, per altro verso, la lettura della conseguente motivazione consente di supplire a tale carenza. Infatti la Corte territoriale … affida la sua decisione ad apodittiche affermazioni che non trovano riscontro nel materiale probatorio assunto in corso di giudizio, anzi, spesso contraddicendolo.”. In particolare, la Corte d’appello non avrebbe considerato che la lavoratrice aveva sempre negato il fatto addebitato (e, cioe’, l’avere strappato e gettato la corrispondenza), e che “la natura e il tipo di corrispondenza erano stati riferiti per la prima volta dai testi di parte resistente in sede di espletamento delle prove”.

Il motivo non e’ fondato. Dalla esposizione del fatto e dalla parte motiva della sentenza impugnata risulta con assoluta chiarezza il fatto addebitato alla dipendente, peraltro estremamente semplice. La T. invece di recapitare la posta affidatale per la consegna, se ne libero’ gettandola per ben due volte in un cassonetto dei rifiuti dopo averla strappata.

La Corte d’appello con logica motivazione ha spiegato che la dipendente “era a conoscenza della natura della corrispondenza (si tratterebbe di pubblicita’), e della destinazione della stessa (sarebbe stata di competenza di un’agenzia denominata Mail Express)”;

onde l’assenza di qualsiasi compromissione del diritto di difesa.

Peraltro, la sentenza nota che i movimenti della T. furono seguiti da ispettori della vigilanza, i quali riferirono che la donna scese da un’auto privata assieme ad una persona estranea all’azienda, la quale avvicinatasi ad un contenitore porta rifiuti vi getto’ del materiale che risulto’ essere corrispondenza strappata e diretta a clienti residenti nella zona di recapito servita dalla T..

La doglianza di non aver potuto visionare questo materiale avrebbe un senso se la T. avesse chiarito quali diversi oggetti getto’ nel contenitore. Precisazione inesistente nella sentenza e nello stesso odierno ricorso.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 sotto il profilo della tardiva contestazione dell’addebito.

Il motivo non e’ fondato. Preliminarmente, si osserva che la doglianza riferita alla mancata audizione e’ inammissibile perche’ carente di specificita’. Infatti, non e’ chiaro nel ricorso se la lavoratrice chiese di essere sentita o si riservo’ di chiedere di essere sentita.

La sentenza impugnata ha giudicato che “un lasso di tempo di circa quaranta giorni tra l’accertamento del fatto e la contestazione non puo’ essere ritenuto eccessivo, se si considera che il datore di lavoro doveva valutare la verita’ dell’addebito, la gravita’ del fatto e il suo interesse a che si procedesse in sede disciplinare”.

Si tratta di motivazione corretta, tenuto conto che in imprese di grandi dimensioni l’organo che procede all’accertamento dell’illecito e alla contestazione e’ diverso da quello cui spetta la decisione in ordine alla sanzione da applicare. D’altra parte, il fatto contestato, nella sua schematicita’, non era tale che un arco temporale di soli quaranta giorni potesse attenuarne il ricordo e quindi pregiudicare la difesa.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., della L. n. 604 del 1966, della L. n. 300 del 1970, art. 18 come modificata dalla L. n. 108 del 1990, degli artt. 32 e 34 CCNL del 26.11.1994, cosi’ come novellati dagli artt. 52 e 54 CCNL dell’11.1.2001, nonche’ vizio di motivazione. La ricorrente sostiene che la distruzione della corrispondenza a lei affidata per la consegna le e’ stata addebitata senza ragione, considerato che a gettarla tra i rifiuti fu non essa ma la persona che a lei si accompagnava.

Si tratta di censura inattendibile, dovendosi osservare con la Corte di merito che la T. non ha mai affermato che il gesto dell’ignoto accompagnatore fu compiuto contro la sua volonta’.

Quanto alla proporzionalita’ della sanzione, e’ sicuramente corretto il giudizio della Corte d’appello che ha ritenuto l’inadempimento della dipendente idoneo a compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia: “non si vede quale comportamento possa essere piu’ grave, per una dipendente postale addetta al recapito, della distruzione della corrispondenza”. Infatti, un forte vincolo fiduciario e’ elemento essenziale di un rapporto di lavoro caratterizzato da prestazioni da eseguirsi fuori dai locali aziendali e quindi senza possibilita’ di un controllo diretto e continuo del datore di lavoro.

Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, in Euro 50,00 per esborsi e in Euro 3500,00 (tremilacinquecento/00) per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA. Cosi’ deciso in Roma, il 21 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

 

 

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