Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6259 del 10/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 10/03/2017, (ud. 11/11/2016, dep.10/03/2017),  n. 6259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18255/2012 proposto da:

P.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato MARCO GARDIN,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO TULLIO CICERONE;

– ricorrente –

contro

SOFINPAI SRL, P.I. (OMISSIS), IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE P.T.

C.C. e C.C. in proprio, elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA COSSERIA, presso lo studio dell’avvocato

STUDIO-FAIS-PLACIDI, rappresentati e difesi dagli avvocati LORENZO

AMORUSO, LORENZO AMORUSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 264/2012 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI

TARANTO, depositata il 16/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato Cicerone Marco Tullio difensore della ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Amoruso Lorenzo difensore della controricorrente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La signora P.E. ricorre contro la società SO.FIN.PA.I. srl e contro il legale rappresentate della stessa, signor C.C., in proprio, per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Lecce ha respinto – tra l’altro, e per quanto qui ancora interessa – il suo appello avverso la statuizione del tribunale di Taranto che, nell’ambito del giudizio introdotto dalla signora P. contro gli odierni intimati, aveva a propria volta respinto la domanda, proposta dalla stessa signora P. nei confronti della SO.FIN.PA.I., in persona del signor C.C., di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di vendita avente ad oggetto un fabbricato in (OMISSIS).

La corte distrettuale ha preliminarmente evidenziato come le censure dell’appellante fossero state “impropriamente dirette contro un dichiarazione quella di nullità del preliminare – non sussistente” giacchè, contrariamente a quanto lamentato dalla signora P., il tribunale non aveva dichiarato la nullità del preliminare dedotto in giudizio ma si era limitato rigettare la

domanda di trasferimento dell’immobile ex art. 2932 c.c., sul rilievo che il fabbricato promesso in vendita risultava costruito in difformità dalla concessione edilizia.

Nel merito, peraltro, la corte distrettuale ha giudicato prive di pregio la doglianza dell’appellante secondo cui, a mente della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 58, sarebbe stato sufficiente, ai fini della emanazione di sentenza ex art. 2932 c.c., il richiamo, contenuto nel contratto preliminare, alla domanda di sanatoria ed al pagamento dell’oblazione. Secondo la corte d’appello, infatti, tale disposizione si riferirebbe esclusivamente all’ipotesi di un immobile edificato in mancanza di concessioni edilizie e non anche alla diversa ipotesi di immobile edificato in difformità dalla concessione edilizia, nella quale ultima sarebbe stato sempre applicabile il disposto della L. n. 47 del 1985, art. 40 e, pertanto, non sarebbe stato sufficiente richiamare in contratto gli estremi della domanda di sanatoria e del versamento dell’oblazione, ma sarebbe stato necessario allegare al contratto la copia di tale domanda.

Sotto altro aspetto, nella sentenza gravata si afferma che la produzione documentale offerta nel giudizio di secondo grado dalla difesa della signora P., avente ad oggetto la domanda di sanatoria ed il versamento dell’oblazione, sarebbe stata, per un verso, inammissibile a mente dell’art. 345 c.p.c. e, per altro verso, irrilevante, perchè, trattandosi di domanda del 1986, “sarebbe nella specie occorsa la definitiva concessione in sanatoria, da ritenere conseguentemente inesistente, anche perchè contestata dagli appellati” (pag. 6 della sentenza).

Il ricorso per cassazione si articola su due motivi riferiti, il primo, alla violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, ed il secondo al vizio di violazione falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c..

Più precisamente, col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa ritenendo preclusa l’emanazione di una sentenza di trasferimento ex art. 2932 c.c., di un immobile edificato in parziale difformità dalla concessione edilizia e per il quale fosse stata presentata la domanda di sanatoria e fosse stata regolarmente pagata l’oblazione; col secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 345 c.p.c., in cui la corte territoriale sarebbe incorsa dichiarando inammissibile la produzione della domanda di sanatoria e della ricevuta di pagamento dell’ oblazione, offerta dalla odierna ricorrente nel giudizio di secondo grado, senza considerare che tali documenti dovevano ritenersi indispensabili ai fini della decisione in quanto la loro rilevanza sarebbe sorta direttamente dalla sentenza di primo grado, che aveva rilevato d’ufficio – e “a sorpresa” – la questione della mancanza di concessione edilizia dell’immobile messo in vendita.

La società SO.FIN.PA.I. srl ed il signor C.C. hanno resistito con controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 11.11.16, per la quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va esaminata l’eccezione sollevata a pag. 14 del controricorso secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perchè privo di specifiche censure nei confronti dell’affermazione che si legge a pag. 5, penultimo cpv, della sentenza gravata secondo la quale – poichè il primo giudice non aveva mai dichiarato la nullità del contratto preliminare dedotto in giudizio, limitandosi ad affermare che il medesimo non era suscettibile di esecuzione in forma specificale – censure proposte nell’appello della signora P. sarebbero state “impropriamente dirette contro un dichiarazione – quella di nullità del preliminare – non sussistente”. Ad avviso dei contro ricorrenti tale passo della sentenza gravata implicherebbe un giudizio di inammissibilità dell’appello (con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado) non specificamente attinto da ricorso per cassazione.

L’eccezione va disattesa, perchè il riferimento della sentenza gravata all’imprecisa formulazione dell’ appello (in quanto riferita ad una declaratoria di nullità del preliminare mai pronunciato dal primo giudice) non costituisce, contrariamente a quanto dedotto dei contro ricorrenti, una ratio decidendi autonomamente idonea a sorreggere il decisum (che, del resto, non consiste in una statuizione di inammissibilità dell’appello, ma in un rigetto del medesimo), ma una argomentazione svolta meramente ad abundantiam ed estranea all’effettiva ratio decidendi della sentenza gravata. La corte d’appello, infatti, implicitamente ritenendo che l’imprecisa formulazione del gravame non impedisse di cogliere il senso della censura effettivamente mossa dall’appellante alla statuizione del tribunale di rigetto della domanda ex art. 2932 c.c., ha disatteso nel merito tale censura, giudicando preclusa dall’ordinamento la possibilità di dare esecuzione in forma specifica, in mancanza di allegazione della domanda di sanatoria, ad un contratto preliminare avente ad oggetto un immobile edificato in difformità dalla concessione.

Passando all’esame dei motivi del ricorso, il Collegio osserva che gli stessi vanno trattati congiuntamente, per la loro intima connessione.

La corte distrettuale ha motivato la propria decisione recependo l’argomentazione del primo giudice secondo cui la domandata sentenza di trasferimento immobiliare ex art. 2932 c.c., non poteva essere emessa perchè l’immobile dedotto in contratto “non risultava assistito da valida licenza edilizia o domanda in sanatoria seguita dal pagamento dell’oblazione”; nè all’uopo sarebbe stata sufficiente “la semplice indicazione degli estremi della domanda di condono e degli estremi del versamento della somma in oblazione”, giacchè della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 58, sarebbe applicabile solo nel caso di fabbricati costruiti senza concessione edilizia e non anche nel caso di fabbricati costruiti in difformità dalla concessione edilizia. La corte distrettuale non ha, peraltro, ammesso la produzione della copia della domanda di concessione in sanatoria e della ricevuta di pagamento della relativa oblazione, offerta dalla difesa P. in grado di appello, argomentando, da un lato, che tale produzione sarebbe stata impedita dal disposto dell’art. 345 c.p.c. e, d’altro lato, che detti documenti sarebbero stati irrilevanti, perchè, risalendo la domanda di sanatoria al 1986, sarebbe stato ormai necessario produrre la concessione eventualmente rilasciata all’esito di detta domanda.

Tanto premesso il collegio osserva che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 23825/09, hanno chiarito che la esistenza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, non costituisce un presupposto della domanda, ma una condizione non della domanda ma delibazione (che ben può intervenire, in quanto requisito di fondatezza della domanda, in corso di causa) per cui è necessario che il documento – da poter produrre anche in secondo grado – sia stato acquisito al momento della decisione della lite. La carenza di detto documento è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con la conseguenza che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono avvenire anche nel corso del giudizio d’appello (purchè prima della relativa decisione).

Tale principio, specificamente enunciato dalle Sezioni Unite con riguardo alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, è applicabile a tutta la documentazione urbanistica menzionata nella L. n. 47 del 1985, art. 40, ivi compresa la domanda di concessione in sanatoria munita degli estremi dell’avvenuta presentazione; si veda, al riguardo, la sentenza di questa Corte n. 13117/10, dove il medesimo principio è enunciato nei seguenti termini generali: “La sanzione della nullità prevista dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40 e succ. mod., con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, ben potendo essere resa la dichiarazione o prodotta la documentazione relative alla regolarità dell’edificazione, all’eventuale concessione in sanatoria o alla domanda di oblazione e ai relativi primi due versamenti, all’atto della stipulazione del definitivo contratto traslativo, ovvero in corso di giudizio e prima della pronunzia della sentenza ex art. 2932 c.c., che tiene luogo di tale contratto.”

La statuizione con cui la corte leccese non ha ammesso la produzione, offerta con l’appello della sig.ra P., dei documenti relativi alla presentazione della domanda di concessione in senatoria ed al versamento dell’ oblazione, ritenendo tale produzione inibita dal disposto dell’art. 345 c.p.c., risulta dunque giuridicamente errata per la ragione – logicamente preliminare ed assorbente rispetto alle argomentazioni svolte in ricorso sulla ammissibilità della produzione in appello di documenti la cui rilevanza emerga solo dalla sentenza “a sorpresa” di primo grado – che la preclusione alla produzione di documenti in appello fissata dall’art. 345 c.p.c., non si applica alla produzione in giudizio – in una causa relativa all’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di compravendita immobiliare – dei documenti concernenti la regolarità dell’edificazione dell’immobile dedotto in contratto, o la concessione in sanatoria per tale immobile rilasciata o la richiesta al riguardo presentata e i relativi versamenti.

Nè può condividersi l’argomento della sentenza gravata secondo cui, risalendo la domanda di sanatoria e l’oblazione al 1986, nella specie sarebbe stato necessario produrre la definitiva concessione in sanatoria, “da ritenere conseguentemente inesistente, anche perchè contestata dagli appellati” (pag. 6 della sentenza). Tale argomento contrasta, infatti, con il principio che, ove sia idoneamente documentata la presentazione dell’istanza di condono, è onere della parte interessata dimostrare la mancata successiva formazione del silenzio assenso, sufficiente per il conseguimento della sanatoria (cfr. Cass. 13874/09, Cass. 12261/12).

In definitiva si deve accogliere la censura proposta nel secondo mezzo di gravame avverso la statuizione con cui la corte distrettuale non ha ammesso la produzione in appello della documentazione relativa alla presentazione della domanda di concessione in sanatoria; ciò assorbe la questione, proposta nel primo mezzo di gravame, se, ai fini dell’accoglimento della domanda di trasferimento dell’immobile ex art. 2932 c.c., tale produzione fosse necessaria, o fosse invece sufficiente il richiamo alla domanda di sanatoria ed al pagamento dell’oblazione contenuto nel contratto preliminare.

In ricorso va quindi accolto nei suddetti termini e la sentenza gravata va cassata, con rinvio alla corte territoriale.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della corte di appello di Lecce.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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