Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6243 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 05/03/2020), n.6243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI N. M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22903-2012 proposto da:

AXITEA SPA, AXITEA NET SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE

B. BUOZZI 77, presso lo studio dell’avvocato TORNABUONI FILIPPO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato TALENTI ALFREDO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI PAVIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 140/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 14/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2020 dal Consigliere Dott. CASTORINA ROSARIA MARIA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di Sicurglobal Net s.r.l. due avvisi per l’anno d’imposta 2005 ai fini Ires, Irap e Iva e un atto di contestazione Ires 2005 rettificando la dichiarazione dei redditi e la dichiarazione Iva. Contestualmente l’Agenzia notificava un avviso di accertamento per Ires 2005 anche a Sicurglobal s.p.a. in qualità di consolidante fiscale di Sicurglobal Net s.r.l.

In particolare l’Agenzia irrogava sanzioni per la presentazione di dichiarazione dei redditi con dati infedeli e inesatti, accertava maggiori ricavi, tassati in capo al consolidante fiscale per Euro59.929,00 e riteneva indeducibili costi per Euro9.335,00.

La Commissione Tributaria Provinciale di Pavia davanti alla quale entrambe le società impugnavano gli atti impositivi, previa riunione, accoglieva parzialmente i ricorsi confermando l’accertamento relativo ai maggiori ricavi per Euro59.929,00.

Le società impugnavano la sentenza davanti la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale, con sentenza n. 140/06/2011 depositata il 14.7.2011 respingeva l’appello confermando la sentenza di primo grado.

Avverso la sentenza Axitea s.p.a. (già Sicurglobal s.p.a.) e Axitea Net s.r.l. (gia Sicurglobal Net s.r.l.) propongono ricorso per Cassazione affidando il loro mezzo a quattro motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano omessa o insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in ordine alla ritenuta adeguatezza di motivazione dell’avviso di accertamento.

Lamentano che la CTR ‘non aveva esplicitato, perchè aveva ritenuto adeguata la motivazione dell’avviso di accertamento tanto da permettere al contribuente di conoscere le ragioni dell’ufficio.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per omessa pronuncia sull’eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento emesso in forza del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis o in subordine omessa o insufficiente motivazione su tale eccezione.

Lamentano che la CTR non aveva in alcun modo motivato sulla eccezione relativa all’illegittimità dell’atto emesso in forza del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis quale non ricorrevano i presupposti in quanto non vi erano segnalazioni provenienti da pubblici ufficiali o dati provenienti dall’anagrafe tributaria.

Le censure sono suscettibili di trattazione unitaria. Esse non sono fondate.

3. La CTR ha ritenuto adeguatamente motivato l’avviso di accertamento, qualificandolo espressamente come analitico-induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 389, comma 1, lett d) del in quanto fondato su varie irregolarità ed in particolare, da un lato nell’erronea compilazione degli studi di settore e dall’altro nelle abrasioni e cancellazioni nei documenti di trasporto, violazioni che giustificavano il ricorso all’accertamento induttivo.

Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il requisito motivazionale dell’avviso di accertamento esige, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, l’indicazione delle norme in tesi violate e dei fatti che integrerebbero la relativa inosservanza, mentre non è necessaria la formulazione delle argomentazioni giuridiche a sostegno dell’atto, nè la valutazione critica degli elementi acquisiti, restando la relativa problematica influente nel giudizio d’impugnazione dell’atto, al diverso fine dell’indagine sul fondamento della pretesa impositiva (Cass. 17/12/2001, n. 15914; v. anche, ex multis, Cass. 11/11/2011, n. 23615; Cass. 21/11/2001, n. 14700).

E’ poi appena il caso di rammentare che, secondo indirizzo altrettanto consolidato, l’onere dell’Ufficio, in tali limiti inteso, di mettere in grado il contribuente, attraverso la motivazione dell’atto impositivo, di conoscere le ragioni della pretesa tributaria, può essere assolto per relationem mediante il riferimento a elementi offerti da altri documenti conosciuti o conoscibili dal destinatario, come il processo verbale di constatazione della Guardia di finanza che sia stato – come nella specie, secondo quanto pacifico in atti -notificato o consegnato al contribuente; nè un tale rinvio può considerarsi illegittimo, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (v. e plurimis Cass. 13/10/2011, n. 21119; Cass. 10/02/2010, n. 2907).

Nella specie è incontestato che gli avvisi di accertamento sono stati notificati alla Sicurglobal Net s.r.l., (oggi Axitea Net società oggetto di verifica, nei confronti della quale è stato elevato il p.v.c./ consolidata di un gruppo cui apparteneva la Sicurglobal s.p.a. (oggi Axitea s.p.a.), nei cui confronti, in qualità di consolidante è stato accertato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41-bis c.p.c. il maggior reddito derivante dalla ricostruzione in capo alla consolidata.

4. Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 -bis, comma 1, prevedeva, nel testo vigente sino al 31/12/2004, che “senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’art. 43, gli uffici delle imposte, qualora, dalle segnalazioni effettuate al Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società, associazioni ed imprese di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, o l’esistenza di deduzioni, esenzioni ed agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili. Non si applica la disposizione dell’art. 44”. Disposizione analoga era recata – ed è recata tuttora – quanto all’IVA, dal D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 5.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, così infine recitava: “Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte”.

A decorrere dall’1/1/2005, il testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, comma 1, si presenta, per quanto qui rileva, modificato con l’aggiunta dell’inciso: “… qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonchè dalle segnalazioni effettuati …”.

Come osservato, anche di recente, da questa Corte (Cass. 28/10/2015, n. 21992; 23/12/2014, n. 27323) non vi è nella norma “alcun appiglio testuale che lasci intendere che l’amministrazione non possa emettere un avviso parziale allorchè disponga di elementi tali da consentire di procedere uno actu ad un accertamento unitario e globale della posizione del contribuente”, essendo “ininfluente la circostanza che l’amministrazione possa procedere con un accertamento parziale solo se la segnalazione provenga da un soggetto ad essa estraneo”.

L’accertamento parziale è dunque uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, laddove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza a C, qualsiasi titolo di attendibili posizioni debitorie e non richiedano perciò, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di un ufficio valutativo ulteriore rispetto a quello che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione. Da qui la Corte ha tratto la convinzione, a cui il Collegio ritiene di dover dare continuità, che l’accertamento parziale, normativamente distinto dall’accertamento integrativo, possa basarsi anche su una verifica generale, in quanto “la segnalazione costituisce solo l’atto di comunicazione che consente l’accertamento, distinto dall’attività istruttoria, anche se di modestissima entità, da esso necessariamente presupposta” (Cass. n. 21992 del 2015, cit.; Cass. 13/11/2013, n. 25481; Cass. 26/05/2010, n. 12919; Cass. 05/02/2009, n. 2761).

Il ricorso all’accertamento parziale previsto dall’art. 41-bis rappresenta, dunque uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, ove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza di attendibili posizioni debitorie; esso può essere legittimamente adottato anche su iniziativa propria dell’ufficio titolare del potere di accertamento generale, essendo irrilevante che la segnalazione provenga da un soggetto estraneo all’amministrazione o da fonti ad essa interne (cfr. Cass., 23685/2018; Cass. 28061/2017; Cass. 27323/2014).

5. Con il terzo motivo le ricorrenti deducono insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 quanto alla ritenuta

illegittimità del ricorso all’accertamento analitico-induttivo, lamentando che la CTR non aveva motivato sulla contestazione circa l’insussistenza dei presupposti per procedere all’accertamento.

6. Con il quarto motivo le ricorrenti deducono l’omessa o insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 350 c.p.c., n. 5 quanto alle contestazioni relative alle risultanze dell’accertamento analitico-induttivo. In particolare deducono che la sentenza impugnata aveva confermato l’accertamento in base alla sola considerazione che l’abbandono dell’attività di installazione e manutenzione di apparecchiature di sicurezza da parte di Sicurglobal Net non fosse stato immediato.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse non sono fondate.

7. Questa Corte ha chiarito che con l’accertamento analitico-induttivo l’Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, ancorchè di rilevante importo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) (come in materia di IVA, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54) pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacchè la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata; sicchè essa possa essere considerata, nel suo complesso, inattendibile (Cass. n. 28728 del 2017; Cass. n. 10581 del 2015; Cass. n. 20060 del 2014; Cass. n. 5731 del 2012; Cass. n. 26341 del 2009), con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. n. 28713 del 2017; Cass. n. 16119 del 2017; Cass. n. 26036 del 2015; n. 7871 del 2012).

8. Quanto al dedotto vizio motivazionale, si osserva che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cass. 30822 del 2017; Cass. n. 19547 del 2017; n. 15489 del 2007); in particolare, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, denunciate con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non sussiste quando nella motivazione, sia chiaramente illustrato il percorso logico seguito per giungere alla decisione e risulti comunque desumibile la ragione per la quale ogni contraria prospettazione sia stata disattesa, senza però che il giudice abbia l’obbligo di esaminare tutti gli argomenti logici e giuridici prospettati dalle parti per sostenere le loro domande ed eccezioni (Cass. n. 11193 del 2007; Cass. n. 5169 del 1997).

Nella specie, la CTR, ha fatto buon governo dei suddetti principi, in quanto, con una motivazione sufficiente ed esente da vizi logici giuridici – da leggere congiuntamente alla sentenza di primo grado richiamata per relationem ha desunto da una serie di elementi offerti dall’Ufficio, complessivamente valutati e ritenuti integrare presunzioni gravi, precise e concordanti.

In particolare la CTR ha osservato l’esistenza delle irregolarità emergenti dalla erronea compilazione degli studi di settore, nonchè dalle abrasioni e cancellazioni dei documenti di trasporto. Con riferimento alla ricostruzione induttiva dei ricavi la CTR ha ritenuto non provato che la società si trovasse in un periodo di imposta non normale atteso che nessuna indicazione in tal senso si evinceva dagli studi di settore e dalla circostanza che, a fronte di un calo delle giacenze di materie prime, vi era stato un notevole ammontare degli acquisti effettuati nell’anno e ciò in contrasto con la tesi della società di avere operato solo al fine di liquidare le attività sociali.

9. Quanto alla dedotta mancata considerazione da parte della CTR di altri elementi indicati dal contribuente, già in sede di contraddittorio, affinchè sia rilevabile, in sede di legittimità, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non è sufficiente che sussista un elemento trascurato dal giudice di merito e potenzialmente idoneo a condurre a diversa decisione, ma è necessario che tale elemento sia integralmente ed adeguatamente descritto, nel suo contenuto e nella sua decisività, dallo stesso ricorso, dovendo quest’ultimo essere, a tal fine, autosufficiente (Cass. n. 3183 del 2.4.99; da ultimo, Cass. n. 25257 del 2017); il che, nella specie, non risulta, non avendo il ricorrente indicato in che termini la valutazione da parte del giudice di appello di tali dati avrebbe potuto incidere sull’esito della decisione.

In ogni caso, va osservato che il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (Cass. n. 4610 del 2014; Cass. n. 12623 del 2012 che richiama Cass. n. 10156 del 2004; Cass. n. 9368 del 2006; Cass. n. 14752 del 2007).

Nella specie le ricorrenti, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si sono limitate – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimità.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna le ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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