Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 624 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. I, 12/01/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 12/01/2011), n.624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3770-2010 proposto da:

B.M. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura alle

liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro-

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto R.R. 1019/07 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA

dell’11.12.08, depositato il 18/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- Con decreto depositato il 18.12.2008 la Corte di appello di Venezia ha accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze da B.M. in relazione alla durata irragionevole di un procedimento instaurato (unitamente ad altri ricorrenti) dinanzi alla Corte dei Conti – sez. giurisdizionale per il Veneto – in data 9.1.2002 e definito con sentenza del 17.9.2007, avente ad oggetto la richiesta di riliquidazione della pensione.

La Corte di merito ha determinato in tre anni la durata ragionevole del processo e, per il ritardo di tre anni e otto mesi, ha liquidato a titolo di indennizzo per danno non patrimoniale, la somma di Euro 1.800,00 (Euro 500,00 per anno) in favore del ricorrente, tenuto conto della posta in gioco e della natura collettiva del ricorso, compensando per due terzi le spese processuali.

Contro il decreto l’attore ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il Ministero intimato resiste con controricorso.

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, e art. 6 p. 1 CEDU e formula il quesito: se “in relazione al tipo di ricorso se singolo o collettivo, è illegittima la generica affermazione della Corte territoriale che trattasi di ricorso collettivo “a quo” che comporterebbe una partecipazione emotiva affievolita con parametro ridotto di Euro 500,00 ad anno di durata irragionevole rispetto a quello base di Euro 1.000,00: ogni onere della prova compete a controparte”.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in relazione all’entità del danno liquidato e alla mancata comparazione della posta in gioco con il reddito del ricorrente.

3.- Il ricorso appare manifestamente infondato. Infatti, se è vero che secondo la giurisprudenza della S.C., la presunzione di danno non patrimoniale notoriamente connessa a situazioni soggettive provocate da un giudizio durato troppo a lungo, non può essere superata, tra l’altro, dalla “circostanza che il ricorso amministrativo, inerente a rivendicazioni di categoria,” sia “stato proposto da una pluralità di attori”, considerato che “la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul “gruppo”, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite” (Sez. 1, Sentenza n. 27610 del 2008), nondimeno la pronuncia impugnata ha evidenziato la modestia della posta in gioco e il ricorrente, in violazione del canone dell’autosufficienza, non specifica neppure l’ammontare dell’aumento della pensione richiesta nel giudizio presupposto.

Appare, allora, applicabile il recente orientamento giurisprudenziale (v. per tutte, Sez. 1, Sentenza n. 13019 del 2010) secondo il quale “deve ritenersi congrua, anche in base a quanto afferma la Corte d’appello in ordine alla esiguità della posta in gioco per l’esiguità del trattamento pensionistico chiesto e denegato dalla Corte dei Conti, la riparazione per la somma indicata di meno di Euro 500,00 annui, anche maggiore di quella recentemente determinata dalla C.E.D.U. per il danno non patrimoniale di un processo amministrativo italiano” (Sez. 2A, 16 marzo 2010, Volta et autres c. Italie, Ric. 43674/02).

Peraltro, la somma liquidata appare in linea neppure con la più recente giurisprudenza di questa Sezione e con i criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi. Il ricorso, quindi, può essere deciso in camera di consiglio”.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.- Il Collegio ritiene di non poter condividere le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano per ciò che concerne la quantificazione dell’indennizzo che ritiene di liquidare ex art. 384 c.p.c. nella misura di Euro 2.750,00 (Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e Euro 1.000,00 per i successivi).

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 2.750,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 378,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario;

e il giudizio di legittimità, in Euro 665,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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