Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6239 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11848-2021 proposto da:

B.G., (OMISSIS), domiciliata presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARMELO RASPAOLO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROCCALUMERA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 76 sc. 3,

presso lo studio dell’avvocato RITA FERA, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE MARISCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 417/2020 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 19/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina pubblicata in data 19 ottobre 2020, successivamente oggetto di correzione di errore materiale in data 19.01.2021, con la quale il Giudice di secondo grado, definitivamente pronunciando sull’appello proposto in via principale dalla medesima avverso la sentenza n. 1091/2018 resa nell’ambito del Giudizio iscritto al n. 1696/2010 R.G. dal Tribunale di Messina, pur sussumendo la fattispecie nella cornice dell’art. 2051 c.c., e non dell’art. 2043 c.c., applicato dal giudice di prime cure, ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto della domanda di risarcimento del danno avanzata dall’attrice e ha condannato l’appellante a rimborsare al Comune di Roccalumera anche le spese di lite.

2. Il ricorso è affidato a quattro motivi. La parte intimata ha notificato controricorso.

3. La controversia è stata avviata dalla Sig.ra B.G., premettendo che in data (OMISSIS), alle ore (OMISSIS), dopo avere trascorso la serata in (OMISSIS), mentre si avviava a salire nell’auto parcheggiata in Via (OMISSIS) del predetto comune per fare rientro in (OMISSIS) ove risiede, era caduta a terra a causa di una buca presente sul manto stradale, non visibile per la scarsa illuminazione della pubblica via e per l’assenza di segnalazione, causandosi lesioni personali per le quali aveva convenuto in giudizio il Comune di Roccalumera affinché fosse accertata la responsabilità del sinistro sia ex art. 2051 c.c., che 2043 c.c., per avere omesso colpevolmente la manutenzione della strada e l’illuminazione e per non avere segnalato l’insidia.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 115 E 116 c.p.c., nella parte in cui nega che sia stata raggiunta la prova del nesso di causalità tra la condizione dei luoghi e la caduta dell’attrice (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

1.1. Si deduce che la Corte d’Appello di Messina avrebbe in tesi erroneamente escluso la responsabilità del Comune di Roccalumera per il sinistro oggetto di causa. In particolare la Corte di merito avrebbe fatto cattivo uso del principio del prudente apprezzamento avendo ricostruito in maniera inesatta i fatti di causa con una conseguenziale (ed erronea) affermazione di insussistenza di responsabilità in capo al resistente Comune.

1.2. La Corte di merito, ritenendo applicabile alla fattispecie in esame l’art. 2051 c.c., anziché l’art. 2043 c.c., ha ritenuto che il sinistro si sia verificato per fatto e colpa esclusivi della Sig.ra B.G. (v. pag. 10 della sentenza n. 417/2020 Corte d’Appello di Messina) assumendo che non fosse stata raggiunta la prova del nesso causale tra la caduta e le conseguenti lesioni riportate e le buche sul manto stradale. Ha ritenuto infatti pacifico che la presenza di rattoppi sul manto stradale nel posto in cui è avvenuta la caduta non manifesti di per sé un collegamento causale, necessario ed ineliminabile, con la caduta della vittima, quand’anche non risulti provato che lo stato dei luoghi dimostri un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, la caduta. Ne ha arguito la necessità, in questi casi, di ulteriori accertamenti quali la maggiore o minore facilità per evitare l’ostacolo, il grado di attenzione richiesto allo scopo, ed ogni altra circostanza idonea a stabilire se effettivamente la cosa avesse una potenzialità dannosa intrinseca, tale da giustificare l’oggettiva responsabilità del custode (cfr. Sentenza 417/20 C. App. Messina, p. 10)

1 3. La Corte di merito, in particolare, ha osservato che “La presenza della buca, non è stata rilevata dai Vigili, intervenuti in esito alla denunzia del sinistro, denunziato peraltro dopo due mesi” e ha menzionato che nella relazione della Polizia Municipale, redatta a seguito della denuncia della B., è riportata la presenza di “(…)tracce di piccoli rifacimenti del manto stradale e si precisa che tutto il lungomare è dotato di illuminazione pubblica, circostanze confermate dai testi P.G. e Ba.Gi.”.

1.4. Osserva la Corte che il motivo tende a censurare l’esito di una complessiva valutazione delle prove acquisite indicandolo come logicamente insostenibile, mentre il giudice ha indicato il percorso logico per cui alcune prove si dimostravano maggiormente attendibili in relazione alle circostanze del caso, tenendo conto del fatto che la denuncia era stata sporta dopo due mesi.

1.5. Detta valutazione, anche ove abbia avuto ad oggetto fatti da cui trarre presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (Sez. 2 -, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021).

2. Con il secondo motivo si denuncia “violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione ad altro capo della sentenza relativo all’esistenza della buca nel manto stradale (pag. 10 sentenza impugnata)”.

2.1. La sentenza conterrebbe, in tesi, una errata valutazione della prova relativa alle condizioni di usura dell’asfalto e della necessità di manutenzione del tratto stradale, rivelando come la Corte abbia tenuto in considerazione le rilevanze dell’accertamento condotto dai VV.UU. intervenuti a distanza di due mesi dall’accaduto, mentre la presenza della buca e delle condizioni del manto stradale emergerebbe sia dalle foto versate nel fascicolo di parte attrice, che dalle dichiarazioni dei testi di parte attrice e dalle stesse foto allegate all’accertamento dei VV.UU. dopo il sinistro. Ne consegue, sotto questo profilo, che la sentenza impugnata sarebbe errata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

2.2. Il motivo è inammissibile in quanto anche per questo aspetto tende a mettere in rilievo l’errato esito della valutazione delle prove, anziché una violazione delle norme in questione. Inoltre, tutti gli elementi considerati come omessi, risultano invece essere stati differentemente valutati, ponendosi la dedotta violazione al di fuori del paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, (cfr. Cass. SU 8053/2014).

2.3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., nella parte in cui afferma il ricorrere dell’esimente del caso fortuito (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, in quanto la Corte di merito avrebbe comunque fatto evidente malgoverno della disciplina prevista dall’art. 2051 c.c., atteso che, pur non avendo potuto disconoscere una posizione del Comune come custode della strada e delle relative pertinenze, ha ritenuto sussistente l’esimente del caso fortuito, in ragione dell’asserita imprudente condotta dell’odierna ricorrente. In particolare, la Corte di merito non avrebbe valutato se la condotta del danneggiato avesse assunto, per l’efficacia liberatoria del caso fortuito, i caratteri dell’eccezionalità e dell’imprevedibilità”, né stimato se la vittima avesse fatto un uso anormale della res in custodia, così singolare da non poter essere prevedibile nell’ordinarietà delle cose e tale da potersi riscontrare nel solo comportamento del danneggiato l’efficacia causale esclusiva dell’evento. La Corte di Appello avrebbe mostrato di aderire ad una nozione di “caso fortuito” che si identificherebbe con l’accertamento della condotta colposa del danneggiato, senza tener conto della necessità di verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode.

2.4. Il motivo è inammissibile perché non considera adeguatamente che, per quanto il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., abbia carattere oggettivo, è comunque necessario, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27724 del 30/10/2018).

2.5. Nel caso in esame, il giudice del merito, invero, ha considerato non provato il primo fattore (il nesso causale), di cui parte attrice era onerata, senza dovere considerare il secondo fattore (il caso fortuito), gravante sulla controparte solo nel caso in cui sia provato il primo.

Infatti la censura non tiene conto del fatto che è stata esclusa in radice la sussistenza della prova dell’insidia, così come dedotta dalla attrice, in quanto non rilevata dagli agenti intervenuti sul luogo in seguito a denuncia sporta a distanza di due mesi dal fatto, circostanza che ha oggettivamente impedito l’accertamento della effettiva dinamica del sinistro.

3. Con il quarto motivo si deduce “violazione dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la corte di merito riconosciuto la responsabilità civile del comune di roccalumera sotto il dedotto profilo della violazione del principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c.”, in quanto sussisterebbe, in tesi, la responsabilità del Comune, quand’anche si fosse sussunta nell’ambito della sola responsabilità aquiliana, perché, ove adeguatamente valutate, le risultanze istruttorie avrebbero consentito di accertare la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2043 c.c., in considerazione della pericolosità dei luoghi teatro del sinistro, essendo innegabile che il grave stato d’usura del manto stradale unitamente alla carenza di illuminazione o di adeguata segnalazione possiedano a tutti gli effetti i caratteri dell’insidia e del pericolo occulto, facendo l’utente della strada legittimo affidamento sulla relativa idoneità. Si deduce che al contempo né il Tribunale, né la Corte distrettuale si siano dati cura di valutare la rilevanza ai fini dell’art. 2043 c.c., della condotta omissiva del Comune rispetto al suo dovere di adottare tutte le misure idonee ad evitare che il bene potesse costituire per l’utente una situazione di pericolo ed arrecare danno.

3.1. Il motivo è inammissibile in quanto, nell’ambito della diversa cornice della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., non considerata dal giudice di secondo grado come applicabile al caso concreto sulla base del precedente di cui a Cass. n. 15384/06 (che nella ipotesi de qua vede una responsabilità da omessa custodia), diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, nel merito le censure riguardano, in ogni caso, valutazioni circa la mancata prova del nesso causale tra il dissesto stradale e la caduta, non sindacabili in tale sede per quanto sopra detto.

4. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. Spese di lite e contributo unificato sono poste in ragione della soccombenza della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie e ulteriori oneri di legge, in favore del controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta – sotto sez. terza civile, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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