Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6236 del 10/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 10/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.10/03/2017),  n. 6236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27126/2014 proposto da:

MERIDIANA FLY S.P.A., (P.I. (OMISSIS)) in persona dell’Amministratore

Delegato, MERIDIANA S.P.A. (P.I. (OMISSIS)) in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 31, presso lo studio

dell’avvocato FABIO PULSONI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato RAFFAELLA RIPONE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

V.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati ALESSANDRO MELONI e LUIGI PAU, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 9/5/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/2/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– la Corte di appello di Cagliari, decidendo in sede di rinvio disposto da questa Corte con sentenza n. 14996 del 7 settembre 2012, in accoglimento dell’appello proposto da V.L. nei confronti di Meridiana Fly S.p.A. (cui medio tempore era stato ceduto da Meridiana S.p.A. il ramo di azienda comprendente tutte le attività connesse al volo), accertata la nullità del termine apposto ai contratti stipulati dalla ricorrente con Meridiana e dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato sin dall’1/8/1991, condannava detta società al pagamento della somma di Euro 3.927,65 pari al valore delle azioni sociali cedute gratuitamente agli assistenti di volo nell’anno 1999 nonchè al pagamento delle differenze retributive connesse all’anzianità di servizio maturata dalla lavoratrice fino all’assunzione a tempo indeterminato, da conteggiarsi tenendo conto dei periodi di prestazione lavorativa effettiva;

– per la cassazione di tale decisione propongono ricorso Meridiana Fly S.p.A. e di Meridiana S.p.A. affidato ad un motivo;

– V.L. resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata;

– entrambe le parti hanno depositato memorie;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con l’unico motivo le società deducono violazione dell’art. 12 preleggi, in relazione al combinato disposto dell’art. 384 c.p.c., comma 2 ed alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, come interpretato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 13. Lamentano che i giudici di appello, andando oltre il principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza rescindente, abbiano condannato le società al pagamento delle differenze retributive degli scatti di anzianità laddove nella decisione n. 14996/2012 era stato chiaramente evidenziato che l’indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, doveva essere considerata onnicomprensiva, come tale assorbente di qualsivoglia risarcimento o pretesa retributiva in senso lato;

– il motivo è manifestamente infondato;

– nella sentenza n. 14996/2012 (come in altre dal contenuto assolutamente analogo – si veda, in particolare, Cass. n. 15265/2012 -), sul presupposto che la natura “onnicomprensiva” della indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, includendo tutti i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto “intermedio” (ovvero quello degli “intervalli non lavorati”), fosse tale da includere anche il risarcimento del danno conseguente alla mancata assegnazione delle azioni, come aziendalmente prevista per gli assistenti di volo dipendenti a tempo indeterminato nel 1999, previsto dal legislatore con effetto retroattivo, la verifica demandata al giudice del rinvio è stata, innanzitutto, quella di rideterminare tale indennità con l’osservanza del principio del divieto di reformatio in peius;

– è stato, inoltre, precisato che, egualmente da includere in tale indennità onnicomprensiva è il risarcimento del danno relativo agli scatti di anzianità maturati fino alla sentenza che ha dichiarato il rapporto a tempo indeterminato ab origine, pur sempre relativi al periodo “intermedio”;

– questione evidentemente diversa è quella degli scatti di anzianità per i periodi “lavorati” (oggetto della ulteriore pronuncia di condanna da parte del giudice del rinvio);

– ed infatti, Cass. n. 14996/2012 – come l’analoga n. 15265/2012 -, nel fare riferimento ad una “indennità forfetizzata ed onnicomprensiva per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo considerato intermedio” – si è posta in continuità con la precedente Cass., sez. un., 5 marzo 1991, n. 2334 il cui principio di diritto è stato riaffermato anche dalle successive Cass. 16 giugno 2014, n. 13630 e Cass. 17 giugno 2014, n. 13732. Tanto è stato chiarito nelle recenti pronunce di questa Corte nn. 2492, 2493, 2494 del 10 febbraio 2015; nn. 2343, 2344, 2345, 2346, 2347 del 9 febbraio 2015; nn. 2291, 2292, 2293, 2297, 2298, 2299, 2300, 2301 del 6 febbraio 2015; nn. 1940, 1941, 1942, 1943, 1944, 1945, 1946, 1947 del 3 febbraio 2015, nn. 552, 553, 554, 555, 556, 557, 559, 559, 560, 561, 562, 563 del 15 gennaio 2015; 262 del 12 gennaio 2015, operandosi una distinzione tra “periodo intermedio” e “periodi lavorati” e rimarcandosi che la “forfetizzazione dei danni determinatisi nel periodo intermedio, significa che l’indennizzo non incide sui diritti maturati in quel periodo nella parte del rapporto che non ha determinato danni: non tocca le retribuzioni per i periodi lavorati e gli effetti riflessi di tali retribuzioni, nè tocca l’anzianità lavorativa maturata in tale o in tali periodi”;

– del resto, la medesima pronuncia n. 14996/2012, ha affermato: “legittimamente la sentenza impugnata ha considerato nell’anzianità lavorativa e retributiva tutti i periodi effettivamente lavorati, da sommarsi a quelli successivi alla formale assunzione a tempo indeterminato, in ragione del principio ripetutamente affermato da questa Corte (Cass., sez. un., 5 marzo 1991, n. 2334 e succ.)”;

– l’affermazione è netta ed è esplicito il richiamo alla sentenza delle Sezioni unite che affermò che nel caso di trasformazione, in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di più contratti a termine succedutisi fra le stesse parti, per effetto dell’illegittimità dell’apposizione del termine, gli “intervalli non lavorati” fra l’uno e l’altro rapporto, in difetto di un obbligo del lavoratore di continuare ad effettuare la propria prestazione o di tenersi disponibile ad effettuarla, non implicano il diritto alla retribuzione e nemmeno sono computabili come periodi di servizio, mentre i “periodi lavorati” danno diritto alla retribuzione e sono rilevanti ai fini della maturazione degli scatti di anzianità. Quest’ultimo profilo dell’assetto dato dalle Sezioni unite del ‘91 alla materia sottolinea la sentenza del 2012 – va oggi pienamente riaffermato non essendo stato scalfito minimamente dallo ius superveniens costituito dalla L. n. 183 del 2010;

– ed allora la Corte territoriale, nel quantificare l’indennità ex art. 32 tenendo conto dei “danni inclusi” e del divieto della reformatio in peius e nel condannare la società alle differenze retributive per gli scatti di anzianità maturati con riferimenti ai “periodi lavorati”, si è correttamente attenuta al principio di diritto enunciato ed alle premesse logico-giuridiche della decisione rescindente, così da non meritare i rilievi che in questa sede vengono mossi;

– in conclusione, la proposta va condivisa e il ricorso va rigettato;

– la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

– va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna le società ricorrenti al pagamento, in favore della controparte, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%, da attribuirsi agli Avvocati Luigi Pau e Alessandro Meloni, antistatari.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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