Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6235 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. I, 05/03/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 05/03/2021), n.6235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3826/2019 proposto da:

C.A.S., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. S. Mannironi, che lo rappresenta e difende, per procura in

calce;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1062/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Cagliari ha respinto il gravame proposto da C.A.S., cittadino della (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Cagliari che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato alla richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il richiedente ha riferito che mentre era intento al lavoro dei campi, insieme ai suoi fratellastri, uno di questi veniva morso da un serpente velenoso che ne causava la morte istantanea. Gli altri fratelli fuggendo verso casa fornivano una versione falsa sostenendo che era stato il ricorrente ad uccidere il fratellastro; per questo il padre lo era andato a cercare in campagna ed arrivò ad esplodere alcuni colpi di fucile contro l’odierno ricorrente, che però non lo colpivano. Quindi, fugge ma viene ulteriormente percosso dai fratellastri, ma viene prima tratto in salvo dal suo datore di lavoro che prima lo cura e poi gli consiglia di lasciare il paese per non incorrere nella vendetta del padre.

A sostegno della decisione di rigetto, la Corte d’appello ha rilevato che i fatti rappresentati dal ricorrente non costituissero alcuno dei presupposti per ottenere la status di rifugiato ma neppure quelli per ottenere la protezione sussidiaria per l’assenza del rischio di subire un rischio effettivo di danno grave e per l’assenza di una situazione di violenza indiscriminata. Infine, non erano state allegate e documentate particolari situazioni di vulnerabilità nè era stata documentata una reale integrazione nel territorio nazionale tale da sconsigliare il rimpatrio del richiedente.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. c) e art. 3 e della L. n. 39 del 1990, art. 1 nonchè dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per il mancato riconoscimento dello status di rifugiato; (II) sotto un secondo profilo, per violazione dell’art. 10 Cost., comma 2 (rectius 3) con riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e 13 e dell’art. 6 Dir. Cee n. 115/08, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la Commissione territoriale aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta di diritto d’asilo e la Corte territoriale aveva confermato che l’istituto del diritto d’asilo era interamente attuato dalla normativa sulla protezione internazionale e umanitaria; (iii) sotto un terzo profilo (rubricato come quinto), per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per mancata concessione della protezione sussidiaria; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria; (v) sotto un quinto profilo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2 della L. n. 228 del 2012, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e per omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per l’illegittima revoca dell’ammissione del richiedente al patrocinio a spese dello Stato.

In via preliminare e dirimente il ricorso è inammissibile, per difetto di procura, in quanto la parte riservata all’autentica della sottoscrizione del ricorrente da parte del difensore non appare riconoscibile in tale sua funzione certificatoria, consistendo in una serie di grafemi apposti a modo di appunti, slegati, per quanto è dato comprendere, dalla finalità di attestare che la sottoscrizione del ricorrente che appare in calce sia proprio quella che il ricorrente ha apposto, alla presenza del difensore, nella data pur indicata.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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