Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6226 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. II, 15/03/2010, (ud. 11/12/2009, dep. 15/03/2010), n.6226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

DO.MA.DOR s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata a difesa, per procura speciale a margine del ricorso,

dagli Avvocati CORNACCHIA Ugo e Maria Antonietta Perilli, e

elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in Roma,

via della Conciliazione n. 44;

– ricorrente –

contro

F.N.N.A., elettivamente domiciliata in Roma, via

Quintino Sella n. 41, presso lo studio dell’Avv. CARRUBBA Corrado,

che la rappresenta e difende per procura speciale a margine del

controricorso, unitamente all’Avvocato Eduardo De Sanna, per procura

speciale per notaio Pala di Milano del 15 luglio 2009, rep. n. 46036;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1049/04,

depositata in data 30 giugno 2004.

Udita, la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza dell’11

dicembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per la ricorrente, l’Avvocato Maria Antonietta Perilli, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

sentito, per la resistente, l’Avvocato Eduardo De Sanna, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata il 30 giugno 2004, ha rigettato l’appello proposto da DO.MA.DOR s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Verbania che, in accoglimento della domanda proposta da F.N.N.A., aveva condannato la convenuta a provvedere al taglio delle siepi cresciute sulla sua proprietà sino al limite di altezza non superiore a quella del muro di confine con la proprietà dell’attrice F.N.N.; a provvedere all’eliminazione del rampicante inerpicatesi sul muro e sul tetto del fabbricato rustico sul lato sud della proprietà N., nonchè a rimettere in pristino stato, ad eccezione della sopraelevazione del muro che delimitava sul lato sud il viottolo, lo sbarcatoio di cui al rogito del (OMISSIS), provvedendo alla demolizione della costruzione che aveva eliminato la scala che scendeva verso sud, da ricostruire cosi com’era prima, e che aveva sbarrato il fronte a lago del ripiano dello sbarcatolo.

Con riferimento al motivo di gravame concernente lo sbarcatoio – con il quale l’appellante aveva censurato la sentenza del Tribunale sostenendo che: a) lo sbarcatoio era stato costruito su terreno demaniale e la previsione della sua proprietà sarebbe stata nulla;

b) il rogito del 1873 prevedeva solo l’obbligo di costruzione delle scale e dello sbarcatoio; c) il ripiano da ripristinare non sarebbe stato di proprietà comune – la Corte d’appello ha osservato “come la eventuale eccezione di usucapione, dal tribunale non ritenuta proposta, se anche proposta in questa fase del giudizio, non sia supportata da prova alcuna. Anche il richiamo al rogito del 1873 è inconferente, posto che esso prevedeva un sbarcatoio comune”.

Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso DO.MA.DOR s.r.l. sulla base di due motivi; ha resistito, con controricorso, F.N.N.A.; entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce “violazione dell’art. 360 c.p.c.., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c.”.

La ricorrente sostiene la nullità della sentenza perchè a suo avviso sarebbe del tutto carente la motivazione relativa al secondo motivo di appello. Dopo avere correttamente riportato le censure proposte, infatti, la Corte non avrebbe esposto alcuna ragione giuridica idonea a giustificare il rigetto del motivo di appello. Del tutto inconferente era poi il riferimento alla eccezione di usucapione, dal momento che tale eccezione non aveva formato oggetto di causa in primo grado, non essendo stata formulata alcuna domanda riconvenzionale volta a far valere detta eccezione.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione dell’art. 322 c.c., art. 823 c.c., e segg.”.

La ricorrente precisa che il Tribunale non aveva considerato che, come emergeva dalla consulenza tecnica d’ufficio, lo sbarcatoio era stato costruito su terreno demaniale, precisamente “all’esterno delle proprietà N. e D. (ora DO.MA.DOR) sul terreno all’epoca costituente la spiaggia demaniale, che solo recentemente è stato suddiviso in quattro particelle distinte in catasto terreni del Comune di Lesa ai numeri 413 (passato in proprietà N.); 609 (passato in proprietà DO.MA.DOR); 412 e 612 (rimaste di proprietà demaniale)”. La divisione era avvenuta nel 1954, mentre l’atto del 1873 conteneva un’obbligazione di costruire e rendere comune lo sbarcatoio sulla spiaggia demaniale; circostanza, questa, che da sola valeva a rendere nullo – con nullità rilevabile d’ufficio – l’atto stesso, che, peraltro, non era stato trascritto e non era quindi opponibile ai terzi. Inoltre, precisa la ricorrente, nel giudizio di primo grado erano stati versati gli atti di provenienza a suo favore.

Secondo la ricorrente, nel confermare, senza alcuna motivazione, la sentenza di primo grado, che erroneamente aveva riconosciuto il diritto azionato dalla F.N.N., la Corte d’appello sarebbe incorsa in un errore di diritto, perchè ha considerato suscettibili di usucapione, da parte della N., i beni demaniali sui quali le parti dell’atto del 1873 avevano effettuato la costruzione dello sbarcatoio e delle scale.

In sostanza, l’errore della Corte d’appello che, con motivazione contraddittoria, ha fatto proprie quelle del Tribunale consiste, ad avviso della ricorrente, nell’aver accolto la richiesta di controparte fondata sull’atto del 1873 e perciò nell’avere condannato essa ricorrente a demolire e ad arretrare lo stabile, ripristinando lo sbarcatoio e la parte di scala costruita sul mappale n. 609, pur avendo affermato che l’attracco delle imbarcazioni era impedito dall’esistenza di una recinzione e pur essendo risultato dagli atti che lo sbarcatoio era stato costruito all’esterno delle proprietà N. e D. su spiaggia demaniale.

Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto.

La sentenza impugnata, invero, dopo aver fedelmente riportato i motivi di gravame concernenti lo sbarcatoio, li ha rigettati senza tuttavia esibire una motivazione idonea a giustificare la conclusione cui è pervenuta. Le due proposizioni che sono state riportate in precedenza, invero, non appaiono idonee ad evidenziare l’iter logico- giuridico in base al quale la Corte territoriale ha ritenuto il motivo infondato; essa, infatti, fa riferimento ad una eccezione di usucapione che non risulta dalla stessa sentenza impugnata essere stata proposta con riferimento allo sbarcatoio, e afferma apoditticamente che il richiamo al rogito del 1873 era inconferente, giacchè questo prevedeva uno sbarcatoio comune. Dalla stessa ricognizione contenuta nella sentenza di appello dei motivi di gravame proposti dall’odierna ricorrente, emerge chiaramente la inidoneità della motivazione a dare conto delle ragioni per le quali la Corte ha rigettato detti motivi, e in particolare quello relativo alla natura, demaniale o privata, dell’area sulla quale insisteva lo sbarcatoio.

Il primo motivo di ricorso deve quindi essere accolto, in quanto l’assoluta carenza di motivazione determina la nullità della sentenza, come denunciato dalla società ricorrente, con assorbimento del secondo motivo.

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio a diversa sezione della Corte d’appello di Torino, la quale procederà a nuovo esame dell’atto di appello proposto dalla DO.MA.DOR s.r.l., limitatamente al motivo di gravame concernente il capo della sentenza di primo grado relativo allo sbarcatoio, non avendo la ricorrente svolto alcuna censura relativamente alla reiezione del primo motivo di appello.

Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, a diversa sezione della Corte d’appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, l’11 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

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