Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6215 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 15/03/2010), n.6215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che la rappresenta e

difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7018/2 0 04 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/05/2005 R.G.N. 8674/02;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. D’AGOSTINO Giancarlo;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma C.F. esponeva di aver intrattenuto con Poste Italiane s.p.a. due contratti di lavoro a tempo determinato: il primo dal 3.7.1997 al 30.9.1997 in virtu’ dell’art. 8 del CCNL 26.4.1994 “per necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre”; il secondo dal 4.5.1999 al 30.5.1999 a norma dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994 e dell’accordo integrativo del 25.9.1997 per far fronte a “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso”. Chiedeva al giudice adito di accertare la nullita’ del termine e di dichiarare l’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato sin dal 3 luglio 1997 ovvero, in subordine, sin dal 4 maggio 1999.

Poste Italiane s.p.a. si costituiva e resisteva. Il Tribunale rigettava il ricorso.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 2 maggio 2005, respingeva l’appello della lavoratrice.

Per la cassazione di tale sentenza C.F. ha proposto ricorso con quattro motivo ed ha depositato memoria. Poste Italiane resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c. violazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c. in relazione agli accordi collettivi 25.9.1997, 16.1.198 e 27.4.1998, nonche’ al verbale del (OMISSIS); violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.;

insufficiente e contraddittoria motivazione. La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che le OO.SS. nell’accordo integrativo 25.9.1997, per esigenze connesse alla ristrutturazione aziendale, non avrebbero stabilito alcun termine di scadenza alla possibilita’ di assumere personale a termine, mentre i successivi accordi avrebbero solo un valore ricognitivo. Secondo la ricorrente tale interpretazione contrasta con il successivo comportamento delle stesse parti che hanno ritenuto di stipulare in data 25.9.1997 e 16.1.1998 due accordi “attuativi” del predetto accordo integrativo recanti la fissazione di una data finale (30 aprile 1998) per le assunzioni a termine; tale interpretazione contrasta altresi’ con il contenuto dei due accordi attuativi, dal quale emerge la volonta’ delle parti contraenti di fissare la data entro la quale era consentito alla societa’ assumere con contratti a termine.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. n. 56 del 1987, art. 53 nonche’ vizi di motivazione e si sostiene che gli accordi integrativi e attuativi (25.9.1997 e 16.1.1998) in quanto non firmati da tutte le organizzazioni sindacali che avevano sottoscritto il CCNL 26.11.1994, devono ritenersi inefficaci, con la conseguenza che le clausole del termine apposte nei singoli contratti che a tali accordi hanno fatto riferimento devono ritenersi nulle ed inefficaci.

Con il terzo motivo di ricorso, denunciando ancora violazione dei canoni ermeneutici, parte ricorrente sostiene ancora che, anche a voler ritenere efficaci gli accordi integrativi e attuativi, in base ad una corretta interpretazione di detti accordi, per ritenere valido il termine non e’ sufficiente al datore di lavoro provare l’esistenza di una ristrutturazione aziendale in atto, occorrendo anche che la societa’ deducesse e provasse che a seguito di quel processo di ristrutturazione sono sorte particolari esigenze tali da legittimare l’apposizione del termine al singolo contratto di lavoro.

Con il quarto motivo di ricorso, denunciando violazione della L. n. 230 del 1962, violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e vizi di motivazione, parte ricorrente sostiene la nullita’ del termine apposto al contratto 3.7.1997 – 30.9.1997 perche’ nel contratto non e’ stato indicato il nominativo del dipendente sostituito, ne’ la causa della sostituzione. Il datore di lavoro, inoltre, avrebbe dovuto provare la sussistenza di una carenza di organico determinata dalle ferie del personale, carenza tale da giustificare l’eccezione alla regola dell’assunzione a tempo indeterminato.

I primi tre motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati nei limiti delle considerazioni che seguono.

Questa Corte, in analoghe controversie aventi ad oggetto i contratti di lavoro a termine stipulate da Poste Italiane, ha affermato i seguenti principi.

La L. n. 56 del 1987, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per L. n. 230 del 1962 (cfr. Sez. Un. 4588/2006).

L’attribuzione alla contrattazione collettiva del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulla necessita’ della stipulazione di tali contratti idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori (Cass. n. 14011/2004, n. 21063/2008).

La L. n. 56 del 1987, art. 23 non impone di fissare contrattualmente dei limiti temporali alla facolta’ di assumere lavoratori a tempo determinato; comunque, ove le parti nella contrattazione collettiva abbiano fissato un limite temporale alla facolta’ di assumere lavoratori a tempo determinato, la sua inosservanza determina l’illegittimita’ del termine apposto, dovendosi altrimenti ritenere che la clausola contenuta nell’accordo collettivo sia “senza senso”, in violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c. (Cass. n. 9259/2008).

E’ corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento all’art. 8 del CCNL 26.11.1994, all’accordo integrativo 25.9.1997 ed agli accordi attuativi stipulati in data (OMISSIS) e in data (OMISSIS), hanno ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 30 aprile 1998 della situazione di “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso”, con la conseguenza che, per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione, le Poste potevano procedere nei suddetti limiti temporali ad assunzioni di personale con contratti a termine (Cass. n. 27024/2008, n. 9259/2008, n. 22920/2008 ed altre conformi).

Di conseguenza devono ritenersi validi i contratti a termine stipulati prima del 30 aprile 1998 per far fronte alle eccezionali esigenze di cui sopra, senza che il datore di lavoro debba provare volta per volta il collegamento causale tra la singola assunzione a termine e le esigenze organizzative dell’azienda, mentre devono ritenersi nulli (con tutte le conseguenze di legge) i contratti a termine stipulati dopo tale data per lo stesso motivo, visto il limite temporale alle assunzioni a termine posto dalle parti sociali nei predetti accordi attuativi (cfr. Cass. n. 9259/2008).

Con riferimento al contratto a termine 4.5.1999 – 30.5.1999 stipulato per sopperire ad esigenze eccezionali conseguenti alla ristrutturazione aziendale i motivi di ricorso in esame sono dunque fondati nella parte in cui sono conformi ai principi di diritto sopra enunciati e condivisi dal Collegio.

Non e’ invece fondato il quarto motivo di ricorso, relativo al contratto a termine 3.7.1997 – 30.9.1997 stipulato per necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie.

Questa Corte ha affermato che, con riferimento alle nuove ipotesi di contratto a termine previste dall’art. 8 del CCNL 26.11.1994 in applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 in caso di sostituzione di un lavoratore assente per ferie mediante assunzione a tempo determinato, non deve essere osservata la prescrizione di indicare il nome del lavoratore sostituito, in analogia a quanto prescritto dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. b, per il caso di sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (Cass. n. 18293/2007, n. 4933/2007, n. 22920/2008 ed altre conformi).

Questa Corte ha altresi’ stabilito che l’assunzione a termine nel periodo giugno/settembre motivata con la necessita’ di sostituire personale in ferie soddisfa pienamente le condizioni previste dalle parti nel contratto collettivo e non necessita di ulteriore prova di collegamento causale tra la singola assunzione e le esigenze di organico dell’azienda (cfr. tra le tante Cass. n. 395/2009, n. 4664/2009, n. 6913/2009, n. 8061/2009).

In definitiva, devono essere accolti i primi tre motivi di ricorso, mentre il quarto deve essere rigettato. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata per un nuovo esame ad altro collegio della stessa Corte di Appello di Roma, che si atterra’ ai principi di diritto sopra enunciati e provvedere, altresi’, alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE Accoglie i primi tre motivi di ricorso e rigetta il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

 

 

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