Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6213 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 01/02/2022, dep. 24/02/2022), n.6213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27894-2020 proposto da:

S.A., n. q. di erede di S.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA STANISCIA, che la rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,

ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 662/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’01/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. PATTI

ADRIANO PIERGIOVANNI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 25 marzo 2020, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello di S.A., quale erede di S.M., avverso la sentenza di primo grado, di nullità del suo precetto, intimato in data 8 febbraio 2016, di pagamento della somma di Euro 5.295,21, in virtù della sentenza dello stesso Tribunale di Roma già oggetto di precedente intimazione di precetto esitata nell’ordinanza di assegnazione della somma pignorata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza 6 aprile 2012, nei confronti dell’Inps, in accoglimento della sua opposizione;

2. anche la Corte territoriale, come già il Tribunale, riteneva illegittima l’esecuzione (nuovamente) intrapresa dalla creditrice destinataria di ordinanza di assegnazione integralmente satisfattiva, che non solo non aveva dedotto la mancata ottemperanza dell’ordine in essa contenuto, ma neppure allegato la semplice difficoltà di incasso della somma oggetto di assegnazione: dovendo il principio di cumulabilità dei mezzi di espropriazione essere coordinato con quello di abuso degli strumenti processuali;

3. essa rilevava come l’impugnazione della creditrice appellante, basata sulla portata satisfattiva dell’ordinanza di assegnazione, nemmeno si confrontasse con la motivazione della sentenza di primo grado, fondata invece sul divieto di abuso degli strumenti processuali, ricavabile dalla previsione dell’art. 111 Cost., comma 1 e dagli obblighi di correttezza e buona fede, regolanti anche l’eventuale fase patologica (in particolare, nel corso dell’azione giudiziale conseguente all’inadempimento) della relazione contrattuale tra le parti;

4. inoltre, la Corte capitolina riteneva tardiva la produzione in appello della nota del 3 marzo 2017 della terza pignorata Banca Intesa San Paolo s.p.a., di inefficacia dell’ordinanza di assegnazione, per il decorso del termine di un anno tra l’emissione e la notificazione della stessa e la comunicazione di diffida dell’Inps al pagamento; neppure risultando contestato che la parte non si fosse attivata prima per l’esazione delle somme assegnate, emergendo anzi dall’ordinanza il pagamento dalla terza pignorata delle spese di giudizio liquidate in favore del difensore;

5. con atto notificato il 9 novembre 2020 la creditrice intimante ricorreva con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c. (con la quale instava, in particolare, per la rimessione della causa alle sezioni unite), cui resisteva l’Inps con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. la ricorrente deduce, nella qualità, violazione e falsa applicazione degli artt. 112,324,483,553 c.p.c., per illegittimità e illogicità della motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale ritenuto legittima l’attivazione, in linea generale, di una nuova procedura esecutiva dal creditore insoddisfatto da una precedente e tuttavia illegittima quella nuova intrapresa dalla predetta, nonostante un’ordinanza di assegnazione mai adempiuta e divenuta inefficace a norma del D.L. n. 669 del 1996, art. 14, su cui formatosi il giudicato: e ciò, a dispetto della sua efficacia pro solvendo, non ricorrendo abuso dei mezzi espropriativi, in assenza di esercizio simultaneo dalla creditrice di procedimenti esecutivi in base al medesimo titolo, pure possibile ai sensi dell’art. 483 c.p.c. (unico motivo);

2. esso è inammissibile;

3. il motivo difetta di specificità, in violazione della prescrizione, a pena di inammissibilità, dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che ne esige l’illustrazione, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 23 gennaio 2019, n. 1845; Cass. 18 agosto 2020, n. 17224), per omessa confutazione della puntuale argomentazione della Corte territoriale, integrante ratio decidendi della questione;

3.1. essa si fonda, infatti, sulla mancata attivazione dalla creditrice, beneficiaria di un’ordinanza di assegnazione satisfattiva della propria pretesa, per ottenerne il pagamento, “in difetto anche di una semplice allegazione di una ceicoltà ad incassare quanto portato nell’ordinanza stessa”, integrante “abuso dei mezzi di espropriazione” (così al penultimo capoverso di pg. 4 della sentenza), in esatta applicazione del principio di diritto enunciato in materia da questa Corte (secondo cui l’emissione di un’ordinanza di assegnazione, sebbene di regola non precluda la possibilità di ottenerne altre in relazione allo stesso titolo e fino alla soddisfazione effettiva del credito, rende illegittima la scelta del creditore di intraprendere una nuova esecuzione, allorché egli sia stato integralmente soddisfatto in forza di detto provvedimento, né deduca la mancata ottemperanza all’ordine di assegnazione da parte del suo destinatario: Cass. 9 aprile 2015, n. 7078), sulla base di rilievi non inficianti la sentenza medesima: del tutto analogamente alla rilevata mancanza di confronto delle deduzioni del suo appello con la motivazione della sentenza di primo grado (così al primo periodo e ai primi due capoversi di pg. 3 e ancora all’ultimo capoverso di pg. 4 della sentenza d’appello);

4. pertanto il ricorso, negata per le ragioni dette la necessità della richiesta rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte, deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 1 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

 

 

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