Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6212 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 05/03/2020), n.6212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10821-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 36/2015 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE,

depositata il 26/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. CIRESE MARINA.

Fatto

RITENUTO

che:

in data 27.2.2012 venivano notificati al signor D.D. due avvisi di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate provvedeva a revocare le agevolazioni “prima casa” provvisoriamente concesse in relazione sia all’atto di acquisto di un immobile sito nel Comune di Fagagna sia al correlato mutuo ipotecario per non avere il contribuente trasferito la propria residenza nel predetto Comune entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto.

Avverso detti atti impositivi proponeva ricorso il contribuente evidenziando la sussistenza di un concorrente presupposto agevolativo.

L’Agenzia delle Entrate, riscontrato che il contribuente non aveva provveduto a versare le imposte richieste, procedeva all’iscrizione a ruolo del dovuto irrogando contestualmente le sanzioni D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13.

Proposto ricorso avverso l’eseguita iscrizione a ruolo e la notifica della cartella, la CTP di Udine con sentenza n. 129/03/13, preliminarmente riuniti i ricorsi, confermava gli avvisi di liquidazione e per quanto riguardava l’iscrizione a ruolo, in accoglimento parziale del ricorso, dichiarava dovute le sole imposte e gli interessi non ravvisando l’applicabilità delle sanzioni.

Proposto appello avverso detta pronuncia da parte della Agenzia delle Entrate nei limiti in cui venivano dichiarate non dovute le sanzioni nonchè appello incidentale da parte del contribuente in ordine al mancato riconoscimento delle agevolazioni “prima casa”, la CTR di Trieste con sentenza del 26.1.2015 rigettava l’appello dell’ufficio mentre accoglieva l’appello incidentale del contribuente annullando gli avvisi di accertamento e la conseguente cartella esattoriale.

Avverso detta sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione articolato in un motivo.

La parte intimata non si costituiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1 Tariffa, Parte I nota II bis e del D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 15, 17 e 18 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3” parte ricorrente deduceva che la CTR aveva violato la norma menzionata ritenendo sufficiente ai fini del riconoscimento dell’agevolazione che il contribuente svolgesse la sua attività lavorativa nel comune in cui era ubicato l’immobile anche se nell’atto aveva dichiarato di volere ivi trasferire la propria residenza.

Il motivo di ricorso è fondato.

La questione oggetto della censura attiene ai requisiti richiesti per il godimento della c.d. agevolazione prima casa con particolare riguardo all’ubicazione dell’immobile.

A riguardo la CTR nella sentenza impugnata ha ritenuto che “la circostanza secondo cui il contribuente avrebbe chiesto l’applicazione del beneficio invocando il solo criterio della residenza non costituisce preclusione a far successivamente valere altro criterio concorrente ai fini del mantenimento dell’unico trattamento agevolato richiesto”… osservando peraltro che “..l’impegno di trasferire la residenza e la sanzione di decadenza per il relativo adempimento riguardano solo l’acquirente che invochi il tale criterio territoriale e non anche se si faccia valere il criterio della sede di lavoro..”.

A riguardo va rilevato che al D.P.R. n. 131 del 1986, nota 2″ bis, della Tariffa, parte prima, allegata, subordina, alla lett. a), il godimento dell’agevolazione alla ricorrenza di precisi collegamenti territoriali tra l’acquirente ed il Comune in cui è ubicato il bene, prevedendo, come si desume dal tenore letterale della norma, che utilizza avverbi disgiuntivi, due distinti criteri, il primo fondato sulla residenza, e l’altro riferito alla sede di lavoro. Ne consegue, pertanto, che l’impegno di trasferire la residenza, da assumere in seno all’atto, e la sanzione di decadenza per il relativo inadempimento, riguardano solo l’acquirente che invochi l’omologo criterio territoriale, e non anche il caso in cui si faccia valere il criterio della sede di lavoro; tanto, in consonanza con lo scopo perseguito dall’agevolazione, che consiste nell’incentivare l’investimento del risparmio nella proprietà di una unità immobiliare specificamente nel Comune “di residenza” o “di lavoro” dell’interessato.

Si è in altri termini ritenuto che in tema d’imposta di registro, sebbene ciò non sia espressamente richiesto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte Prima, allegata, l’agevolazione cd. ” prima casa” è subordinata alla dichiarazione del contribuente, nell’atto di acquisto, di svolgere la propria attività lavorativa nel comune dove è ubicato l’immobile (requisito alternativo a quello del trasferimento della residenza anagrafica nello stesso entro diciotto mesi), poichè le agevolazioni sono generalmente condizionate ad una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e, peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve poter verificare la sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto (Cass., Sez. 5, n. 6501/2018).

Occorre, pertanto, accertare se il contribuente, nell’atto di acquisto, abbia invocato solo il criterio della residenza o, invece, quello della sede di lavoro; nel primo caso, invero, per come più volte chiarito da questa Corte, non può essere data alcuna rilevanza circostanze di fatto (“dimora abituale”) e la spettanza del beneficio dovrà essere valutata solo in base alla residenza (quale risultante dalle certificazioni anagrafiche) nel Comune ove è ubicato l’immobile; solo nel secondo caso, invece, la spettanza del beneficio dovrà essere valutata in base all’accertamento sull’effettiva sede di lavoro del contribuente nel Comune ove è ubicato compravenduto.

Poichè entrambe le dichiarazioni devono, a pena di decadenza dal beneficio, essere formulate al momento della registrazione dell’atto, ne consegue che il contribuente, non avendo tempestivamente dichiarato di voler utilizzare l’abitazione in luogo di lavoro diverso dal Comune di residenza, è decaduto dal diritto all’agevolazione (Cass., Sez. 6-5, n. 13850/2017).

Venendo al caso di specie, è incontestato che il contribuente avesse assunto nell’atto di compravendita dell’immobile l’obbligo di trasferire la residenza entro diciotto mesi nel Comune di Fagagna, non essendo ancora ivi residente e con tale dichiarazione lo stesso si era vincolato a realizzare tale presupposto.

Ne consegue, pertanto, che a fronte della mancata acquisizione della residenza nel Comune di Fagagna, non assume rilievo la circostanza che all’atto del rogito notarile il contribuente potesse valersi anche del requisito alternativo della sede lavorativa, atteso che detta circostanza doveva essere dichiarata all’atto della stipula della compravendita così da consentire all’amministrazione di effettuare i prescritti controlli.

Pertanto deve essere ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione con il quale l’amministrazione finanziaria -rilevato il mancato tempestivo trasferimento della residenza anagrafica preannunciato nell’atto di acquisto -ha proceduto alla revoca delle agevolazioni provvisoriamente riconosciute.

In conclusione, in accoglimento del motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384 c.p.c., va rigettato l’originario ricorso del contribuente.

Le spese relative ai giudizi di merito vanno compensate tenuto conto del progressivo consolidarsi della giurisprudenza in materia.

Le spese relative al giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente.

Compensa le spese relative ai giudici di merito.

Condanna il contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 marzo 2020

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