Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6211 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/03/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 15/03/2010), n.6211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21241-2006 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA

29, presso lo studio dell’avvocato SALERNO GASPARE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALLOCCA GIORGIO, giusta

procura speciale atto notar FRANCESCO DI NATALE di Trapani e Marsala

DEL 25/05/06, REP. 12322;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA,

PATTERI ANTONELLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 83/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 01/03/2006 R.G.N. 1303/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato SALERNO GASPARE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 29-4-2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Trapani dichiarava il diritto di G.V., già dirigente del Servizio Contributi Agricoli Unificati (S.C.A.U.), in quiescenza dal 1-5-1992, agli incrementi della pensione integrativa derivanti dalla inclusione nella retribuzione pensionabile della quota A dell’indennità di funzione, di cui alle L. n. 88 del 1989, art. 13 e alla Delib. Comitato esecutivo dell’INPS n. 740 del 1990, a far tempo dall’I -7-1995 e fino al totale riassorbimento nella indennità di posizione, di cui all’art. 5 C.C.N.L. del 10-7-1997. Condannava quindi l’INPS alla riliquidazione della suddetta pensione ed alla corresponsione delle correlative differenze, con gli interessi legali, nonchè a rimborsare al G. le spese.

Contro tale pronuncia il G. proponeva appello, deducendone la erroneità in relazione alla decorrenza del diritto riconosciutogli ed al disposto riassorbimento dell’indennità di funzione nella indennità di posizione. L’INPS non si costituiva e restava contumace.

La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza depositata il 1-3-2006, respingeva l’appello confermando la sentenza di primo grado.

In sintesi la Corte territoriale, sulla prima questione, richiamando il principio affermato da Cass. 8-3-2004 n. 4671, rilevava che “il diritto del dirigente in servizio dell’ex Scau alla cd. indennità di funzione L. n. 88 del 1989, ex art. 13 sorge solo con la L. n. 724 del 1994, art. 19, quindi dalla data della soppressione dello Scau e del trasferimento delle strutture, delle funzioni e del personale”, per cui “dalla stessa data decorre la riliquidazione della pensione per il dirigente in quiescenza, e sulla seconda questione, osservava che l’art. 30 del Regolamento citato “realizza un collegamento costante tra le retribuzioni del personale in attività ed il trattamento di quiescenza, cosicchè nella rideterminazione di quest’ultimo devono essere considerate tutte le componenti del trattamento retributivo del personale in servizio, ivi compresa l’indennità di posizione, così come disciplinate dal C.C.N.L. (anche in relazione all’eventuale riassorbimento del valore differenziale, di cui all’art. 43 cit.)”.

Per la cassazione di tale sentenza il G. ha proposto ricorso con un unico motivo.

L’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva preliminarmente il Collegio che, essendo stata pubblicata la sentenza impugnata in data 1-3-2006, anteriormente, quindi, al 2-3- 2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 (v. art. 27 comma 2, detto D.Lgs.), nella fattispecie non trova applicazione ratione temporis l’art. 366 bis c.p.c., per cui non assume rilevanza il quesito formulato in ricorso.

Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando violazione del combinato disposto degli artt. 45-3 CCNL del 11-10-96, L. n. 88 del 1989, art. 13 e art. 30 del Regolamento del Fondo di Previdenza ex SCAU, in sostanza lamenta che la sentenza impugnata, pur avendo giustamente affermato che vi deve essere “un collegamento costante tra le retribuzioni del personale e ciò che ex art. 30 del Regolamento del Trattamento previdenziale gestito dall’INPS D.P.R. n. 761 del 1979, ex art. 75, con i relativi trattamenti di pensione”, non ha poi aggiunto che, in ragione di tale aggancio, “per la dinamica salariale si doveva tener conto dei valori stabiliti per la retribuzione di posizione del personale in servizio che sono ben tre e cioè 41, 31 e 22 milioni annui” (di Lire)”, mentre “anche la indennità di funzione di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 13, a far data dalla sua prima decorrenza 1-7-90, è andata aumentando sì da arrivare alla data del 31-12-96 ad ex L. 18.187.812” (a fronte dell’importo di ingresso della retribuzione di posizione di L. 22 milioni), omettendo in tal modo di accertare e quantificare il “valore differenziale di posizione” rilevante ai sensi dell’art. 30 del Regolamento citato e dell’art. 43 del c.c.n.l..

Il motivo risulta inammissibile, trattandosi di questione nuova, involgente temi di indagine nuovi, richiedenti nuovi accertamenti di fatto, i quali non sono stati oggetto del giudizio di merito.

Al riguardo questa Corte ha ripetutamente affermato che “nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello” (v. Cass. 27-8-2003 n. 12571, Cass. 5-7-2002 n. 9812, Cass. 9-12-1999 n. 13819). Nel contempo è stato anche precisato che “nel caso in cui una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, indicando altresì in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, così da permettere alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa” (v. Cass. 15-2-2003 n. 2331, Cass. 10-7- 2001 n. 9336).

Nella fattispecie, come si evince dalla lettura della sentenza impugnata e dello stesso ricorso, il G., in parziale accoglimento della domanda introduttiva, con la pronuncia di primo grado aveva ottenuto il riconoscimento del diritto agli incrementi della pensione integrativa derivanti dalla inclusione nella retribuzione pensionabile della quota A dell’indennità di funzione a far tempo dall’1-7-1995 e fino al totale riassorbimento dell’indennità di posizione.

Con l’appello il G. aveva censurato tale decisione da un lato assumendo che il diritto andava riconosciuto fin dal 1-5-1992, data del suo collocamento a riposo, e dall’altro ribadendo la fondatezza della richiesta del computo dell’indennità di funzione, in cumulo e senza assorbimento nell’indennità di posizione.

A tali motivi di gravame la Corte di merito ha risposto come sopra, ribadendo la decorrenza e l’assorbimento come disposti dal primo giudice.

Orbene il motivo di ricorso, anzichè censurare specificamente siffatta decisione, solleva la questione, nuova, della quantificazione del valore differenziale tra indennità di funzione e retribuzione di posizione, in contrasto, peraltro, con la tesi sostenuta dallo stesso G. in primo e in secondo grado, e senza, del resto, indicare con quale atto ed in quali termini la questione stessa sia stata avanzata davanti ai giudici di merito.

11 ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Infine sulle spese non si provvede, ratione temporis, in base al testo originario dell’art. 152 disp. att. c.p.c., vigente anteriormente al D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, essendo la nuova disciplina applicabile ai soli ricorsi conseguenti a fasi di merito introdotte in epoca posteriore all’entrata in vigore dell’indicato decreto legge (2-10-2003) (v. Cass. 30-3-2004 n. 6324, Cass. 12-12-2005 n. 27323).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

 

 

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