Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6209 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIo Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18906/2015 R.G. proposto da:

IMARCONTE SRL (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. LUCA COSTANTINI in

virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avv. FEDERICO ANTIGNANI in Roma,

Via Fusco, 104;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

con l’intervento di:

AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– intervenuta –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

Sezione staccata di Latina, n. 7343/40/2014, depositata in data 4

dicembre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio

2022 dal Consigliere Relatore Dott. D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La società contribuente IMARCONTE SRL ha impugnato diverse intimazioni di pagamento per l’importo di Euro 3.118.552,03, riferite a precedenti cartelle di pagamento, deducendo l’omessa notificazione degli atti presupposti, nonché deducendo il difetto di motivazione e contestando nel merito la prescrizione e la sussistenza del credito, contestando in via gradata gli interessi di mora applicati e il compenso di riscossione.

2. La CTP di Frosinone ha dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione ad alcune delle intimazioni di pagamento e ha rigettato nel resto il ricorso, osservando che le intimazioni attenevano a crediti oggetto di rateizzazione accordata e non onorata dalla società contribuente.

3. La CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, con sentenza in data 4 dicembre 2014, ha rigettato l’appello della società contribuente. Il giudice di appello ha accertato la avvenuta notificazione delle cartelle di pagamento cui attengono gli avvisi impugnati, osservando come le cartelle non fossero state impugnate e che tali crediti fossero stati, poi, oggetto di rateizzazione. Ha, poi, rigettato l’eccezione di carenza di motivazione in relazione agli interessi e ai compensi di riscossione, non avendo la società contribuente, a fronte delle indicazioni contenute nell’atto, fornito alcuna prova contraria. Ha, infine, ritenuto il giudice di appello inammissibile la deduzione dell’omessa sottoscrizione degli atti da parte del responsabile del procedimento in quanto proposta per la prima volta in appello, rigettandola nel merito.

4. Propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a cinque motivi, cui resistono con controricorso il concessionario della riscossione e l’Ufficio. Si è costituita in giudizio Agenzia delle Entrate Riscossione quale successore del concessionario.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione in relazione all’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia) e in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2 e art. 61, nonché, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4. Evidenzia parte ricorrente che il giudice di appello avrebbe confermato la sentenza di primo grado senza addurre un autonomo percorso logico che tenesse conto delle ragioni esposte dall’appellante.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonché, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia) e in relazione alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, nonché, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato la doglianza di difetto di motivazione degli atti impugnati. Deduce il ricorrente che all’atto di intimazione si sarebbe dovuta allegare la cartella di pagamento o, comunque, l’atto avrebbe dovuto contenere una motivazione che consentisse di conoscere l’ammontare e la causale del pagamento richiesto. Deduce, inoltre, parte ricorrente come gli atti impugnati, a dispetto delle indicazioni contenute nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50, comma 3, non contengano gli elementi che dovrebbero ritenere sussistente una motivazione di tipo sintetico, osservando come non sarebbero contenuti elementi relativi al calcolo degli interessi di mora e ai compensi di riscossione. Deduce, anche, violazione delle regole di riparto dell’onere della prova.

1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonché, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia) della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, nonché, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato la censura relativa alla mancata sottoscrizione degli atti impugnati da parte del responsabile del procedimento. Deduce il ricorrente di avere allegato in primo e secondo grado che “non è vero” che la questione fosse stata sollevata per la prima volta in grado di appello. Osserva che tali atti debbano essere sottoscritti dal responsabile del procedimento.

1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonché, in via subordinata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nonché, in via anch’essa subordinata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 137,138,139,140 c.p.c., della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8 e dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto notificate le precedenti cartelle di pagamento. Osserva come sia del tutto carente la motivazione della sentenza sul punto e contesta l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di appello. Osserva come le cartelle sarebbero state notificate con notifica diretta effettuata tramite servizio postale e non tramite messi abilitati, contestando che la documentazione prodotta dal concessionario desse prova dell’intervenuta notificazione delle cartelle medesime.

1.5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonché, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione all’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia) e in relazione all’art. 2948 c.c., n. 4 e al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, comma 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato le doglianze in tema di prescrizione e di determinazione di interessi e sanzioni, osservando come nel caso di specie dovrebbe applicarsi la prescrizione quinquennale in relazione agli interessi e alle sanzioni.

2. Deve darsi atto che è intervenuta nel presente giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione quale successione a titolo universale ex lege, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, di Agenzia delle Entrate-Riscossione alle società del gruppo Equitalia, prevista dal D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 3, conv. dalla L. n. 225 del 2016, senza soluzione di continuità (Cass., Sez. U., 8 giugno 2021, n. 15911).

3. Il primo motivo è infondato, essendo ferma questa Corte nel ritenere che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale che ricorre nel caso in cui la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598; Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940). Nella specie il percorso logico seguito dal giudice del merito e’, per quanto sintetico, chiaramente evincibile, ritenendo infondate le censure di merito in quanto coperte dalla mancata impugnazione delle cartelle cui si riferiscono gli avvisi di pagamento, di cui è stata accertata l’intervenuta notificazione, nonché ritenendo infondate le questioni relative ai vizi propri degli atti impugnati.

4. Il secondo motivo è infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’avviso di intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, da notificarsi al contribuente ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, commi 2 e 3, ha un contenuto vincolato, in quanto deve essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero dell’Economia, sicché è sufficiente che la motivazione faccia riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata (Cass., Sez. V, 19 ottobre 2021, n. 28772; Cass., Sez. VI, 19 novembre 2020, n. 26403; Cass., Sez. V, 11 maggio 2020, n. 8700; Cass., Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 1961; Cass., Sez. V, 9 novembre 2018, n. 28689). Non occorre, pertanto, allegare all’intimazione la cartella di pagamento. Inammissibile e’, poi, la doglianza relativa alla insussistenza del contenuto minimo dell’intimazione in assenza di alcuna ulteriore specificazione da parte del ricorrente.

5. Il terzo motivo è infondato. In disparte dalla inammissibilità del motivo, essendo il parametro normativo invocato del tutto avulso sia in relazione alla censura della statuizione di inammissibilità del motivo di appello per omessa trattazione in prime cure, sia in relazione al rigetto della censura di nullità dell’intimazione di pagamento per omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento, si osserva che l’obbligo di indicazione del responsabile del procedimento attiene alle sole cartelle di pagamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25 relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008 (D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, conv. dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31). Si tratta di una disposizione derogatoria della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, che più blandamente prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione (complessivamente intesi) devono “tassativamente” indicare, tra le altre cose, “il responsabile del procedimento”, ma la cui omissione non comporta nullità dell’atto medesimo, non essendo tale sanzione prevista dalla suddetta disposizione (Cass., Sez. V, 17 giugno 2021, n. 17237; Cass., Sez. V, 15 aprile 2011, n. 8613). Ne consegue che la speciale sanzione della nullità di cui al D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, non può trovare applicazione in materia di avvisi di intimazione di pagamento, trattandosi di atto del procedimento della riscossione successivo e distinto dalla cartella di pagamento (Cass., 21 gennaio 2021, n. 1226; Cass., Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 1961; Cass., Sez. V, 1 ottobre 2018, n. 23672).

6. Il quarto motivo è inammissibile, in quanto la censura di erroneità dell’accertamento dell’avvenuta notificazione delle cartelle compiuto dalla CTR non è accompagnata né dalla trascrizione, né dall’allegazione delle stesse. Ove, difatti, venga contestata in sede di legittimità la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di specificità, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass., Sez. V, 1 dicembre 2021, n. 37850; Cass., Sez. V, 30 novembre 2018, n. 31038; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2017, n. 5185).

7. Il quinto motivo è inammissibile, non contenendo il motivo elementi per esaminare le plurime censure dedotte, essendosi il ricorrente richiamato solo genericamente all’istituto della prescrizione e ai parametri normativi, senza svolgere idonee argomentazioni, nonché senza fornire indicazioni sulla disciplina prescrizionale in astratto applicabile.

8. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dei controricorrenti, che liquida per ciascuno in complessivi Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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