Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6206 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 18/11/2021, dep. 24/02/2022), n.6206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19645-2018 proposto da:

G. COSTRUZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G G BELLI 60, presso

lo studio dell’avvocato ENNIO CERIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato VERONICA JUDITH ORSINI;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IN ARCIONE, 71, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 142/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata l’11/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – G. Costruzioni S.p.A. ricorre per due mezzi, nei confronti di Unicredit S.p.A., contro la sentenza dell’11 aprile 2018 con cui la Corte d’appello di Campobasso ha parzialmente accolto l’appello in quella sede spiegato dalla banca, riducendo l’importo da corrispondersi a G. Costruzioni S.p.A. e regolando le spese di lite.

2. – Unicredit S.p.A. resiste con controricorso e deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in combinato disposto con l’art. 327 c.p.c. e la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, censurando la sentenza impugnata per aver disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’appello perché tardivo, in quanto proposto oltre lo spirare del termine “lungo”.

Il secondo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in combinato disposto con l’art. 2946 c.c., l’art. 2697 c.c., commi 1 e 2, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto prescritto il diritto del correntista alla ripetizione delle somme indebitamente trattenute e addebitate dalla banca a vario titolo nel rapporto di conto corrente n. (OMISSIS) nonché nel conto corrente n. (OMISSIS) riconoscendo tale diritto unicamente per tale rapporto limitatamente al periodo 18 aprile 1996 – 15 maggio 1999.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso va accolto.

4.1. – Il Collegio ritiene fondato il primo mezzo.

Sostiene la società ricorrente che, essendo stata pubblicata la sentenza impugnata il 12 luglio 2011, il termine “lungo” per l’impugnazione, di durata annuale, versandosi in ipotesi di controversia esordita prima del 4 luglio 2009, di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, sarebbe scaduto il 12 ottobre 2012, essendo stato invece proposto l’appello con atto notificato il 16 ottobre 2012. Sicché in definitiva l’appello della Banca sarebbe stato inammissibile perché tardivo. Viceversa, la Corte d’appello avrebbe ritenuto che la scadenza del termine per l’appello dovesse essere fissata al 25 novembre 2012.

In effetti l’appello si è limitato ad asserire che la scadenza avrebbe dovuto essere fissata al 25 novembre 2012 “dovendosi aggiungere il secondo periodo feriale”, ma non ha offerto ulteriori spiegazioni del proprio ragionamento.

L’affermazione è errata.

E’ difatti cosa nota che la sospensione dei termini, con riguardo al menzionato termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza, può operare due volte nell’ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine annuale non sia decorso interamente al sopraggiungere del successivo periodo (Cass. 29 settembre 2009, n. 20817; Cass. 3 febbraio 2006, n. 2435; Cass. 24 novembre 2005, n. 24816; Cass. 22 giugno 2005, n. 13383). Perciò, ad esempio, qualora una sentenza di appello sia stata depositata il 12 settembre 2006 (e non notificata) il termine annuale per la sua impugnazione inizia a decorrere dal 16 settembre 2006: detto termine, inoltre, non è ancora scaduto all’inizio del periodo feriale dell’anno successivo, per cui risulta sospeso per altri 46 giorni venendo a scadere il 31 ottobre 2007, sì che è tempestivo il ricorso per cassazione notificato il 29 ottobre 2007 (questo il caso esaminato da Cass. 2 aprile 2009, n. 8016; per una fattispecie simile v. Cass. 16 aprile 2007, n. 8980).

Quando la sospensione feriale doveva computarsi due volte (la cosa oggi non è più possibile per effetto della riduzione del termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c. a sei mesi) il calcolo andava effettuato per un verso ex nominatione e per altro verso ex numeratione dierum, in applicazione del principio che segue. Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma dell’art. 155 c.p.c., comma 2, e dell’art. 2963 c.c., comma 4, il sistema della computazione civile, non ex numero bensì ex nominatione dierum, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, devono aggiungersi 46 giorni computati ex numeratione dierum, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1, e della L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1, (nella formula vigente ratione temporis), non dovendosi tener conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Pertanto si verifica il doppio computo del periodo feriale nell’ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine iniziale non sia decorso interamente al sopraggiungere del nuovo periodo feriale (Cass. 15 luglio 2020, n. 15029).

Nella specie, dunque, l’anno di cui all’art. 327 c.p.c. conduceva ex nominatione al 12 luglio 2012, i 92 giorni ex numeratione, per effetto delle due sospensioni feriali cumulatesi nella specie, portava effettivamente al 12 ottobre 2012 (19 giorni di luglio, 31 giorni di agosto, 30 giorni di settembre e 12 giorni di ottobre). E’ inspiegabile, dunque, come la Corte d’appello sia giunta ad individuare il termine nel senso prima indicato. La società ricorrente ipotizza che la Corte d’appello abbia aggiunto all’anno non due periodi feriali, ma tre: e, però, anche così i conti non tornano.

Ciò detto, avendo la ricorrente dedotto l’esecuzione della notificazione in data 16 ottobre 2012, dovendosi così reputare richiamata sia la data di passaggio alla notifica che quella di perfezionamento del procedimento notificatorio, deve farsi applicazione del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, a fronte della deduzione di un error in procedendo, quale in tesi l’attuale, la Corte di cassazione è giudice del fatto processuale, ed ha dunque accesso diretto al fascicolo d’ufficio (tra le tante Cass. 11 settembre 2018, n. 22095): sicché resta da constare che, come emerge dalla copia notificata dell’atto d’appello nel fascicolo del controricorrente, l’atto d’appello è stato effettivamente sia passato alla notifica (come si desume dal cronologico) e notificato in data 16 ottobre. Dunque tardivamente.

4.2. – Il secondo motivo è assorbito.

5. – La sentenza è cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, l’appello è dichiarato inammissibile.

6. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello, condannando la controricorrente al rimborso, in favore della ricorrente, delle spese sostenute per il giudizio di appello e per questo giudizio di legittimità, liquidate, quanto al grado d’appello, in complessivi Euro 3.800,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, e, quanto a questo giudizio, in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, il tutto oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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