Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6203 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, (ud. 23/06/2020, dep. 05/03/2021), n.6203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21069/2019 proposto da:

A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 6,

presso lo studio dell’avvocato MANUELA AGNITELLI, che lo rappresenta

e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. rg. 1650/2018 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositato il 30/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il presente giudizio trae origine dalla domanda, proposta da A.L., cittadino (OMISSIS) proveniente dall’Edo State, con la quale chiese alla Commissione Territoriale di Salerno, Sezione di Campobasso, il riconoscimento della protezione internazionale nelle forme dello status di rifugiato, in via subordinata, della protezione sussidiaria o del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. il ricorrente aveva dichiarato di essere stato sequestrato mentre era alla guida del suo camion da alcuni banditi, di essere stato derubato e malmenato, di aver denunciato i fatti e di essere stato arrestato con l’accusa di aver rubato petrolio ad un’azienda petrolifera. Su consiglio di un avvocato aveva lasciato il paese d’origine, corrompendo un poliziotto.

1.1. La domanda venne rigettata in sede amministrativa.

1.2. Il Tribunale di Campobasso – Sezione Specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea – con decreto depositato in data 30.5.2019 ha respinto il ricorso in sede giurisdizionale.

1.3. Ha osservato che: a) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; b) le vicende erano di carattere privato ed attinenti a motivi illeciti; c) non sussisteva una situazione di conflitto generalizzato nel sud della Nigeria; d) non erano stati allegati fatti a fondare la concessione della protezione umanitaria.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso A.L. sulla base di quattro motivi.

2.1. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e l’illogica ed apparente motivazione per avere il giudice di merito rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato ritenendo erroneamente che le vicende poste a fondamento della domanda avessero carattere privato.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. I motivi posti a fondamento del riconoscimento dello status di rifugiato non sono riconducibili a discriminazione per motivi di razza, sesso, lingua e religione ma a vicende di carattere personale in quanto il timore di essere arrestato sarebbe legato all’ingiusta accusa di aver derubato un’azienda petrolifera.

1.3. La natura privata della vicenda ed il giudizio negativo sull’attendibilità delle dichiarazioni conducono ad affermare l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e B). Ne consegue l’infondatezza della censura concernente l’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria in quanto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’eventuale esito negativo della valutazione di credibilità, coerenza intrinseca ed attendibilità della versione resa dal richiedente la protezione internazionale rende ultronea l’attivazione del dovere di cooperazione istruttoria facente capo all’organo giudicante (Cassazione civile sez. I, 30/08/2019, n. 21889; Cassazione civile sez. I, 22/02/2019, n. 5354).

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, lett. a, artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non avere il giudice di merito accertato l’esistenza di un danno grave ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria e per non aver svolto accertamenti sulle condizioni del paese di origine avvalendosi dei suoi poteri officiosi.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 2, lett. a) e b), artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, in Nigeria vi sarebbe una situazione di conflitto generalizzato, secondo le informazioni tratte dal sito del Ministero degli Esteri “(OMISSIS)”.

3.1. I motivi, da trattare congiuntamente, non sono fondati.

3.2. Premesso che il sito (OMISSIS) è unicamente diretto a fornire informazioni sulla sicurezza dei Paesi stranieri ai cittadini italiani durante i loro spostamenti all’estero, va, in ogni caso rilevato che il Tribunale di Campobasso dalle informazioni tratte dall’UNHCR ha desunto che la situazione critica, per la presenza di stragi terroristiche da parte del gruppo di (OMISSIS), è concentrata nel nord est del Paese (Borno State, Yobe e Adamawa) mentre con riferimento al resto della Nigeria, non si segnala l’esistenza di conflitti armati. Orbene, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, che ha fatto applicazione dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; Cass. n. 13858 del 2018), i rischi cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa di norma non costituiscono di per sè una minaccia individuale da definirsi come danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (v. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE), potendo l’esistenza di un conflitto armato interno portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire la detta minaccia.

3.3.L’accertamento circa la sussistenza, in concreto, di siffatto tipo di conflitto implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5. Nella specie, il riferimento ad altre fonti come il sito (OMISSIS) curato dal Ministero degli Affari esteri, oltre che inidoneo a tale scopo, esclude una situazione di conflitto interno armato, come configurato dalla giurisprudenza sovranazionale. Nè il ricorrente ha sbagliato le altre ragioni che determinerebbero una sua esposizione al reato (Ndr: testo originale non comprensibile), di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 lett. c e comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il Giudice di merito rigettato la domanda avente ad oggetto il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, senza valutare le condizioni del paese di provenienza ed i rischi derivanti in caso di rientro, in considerazione del rischio concreto di essere arrestato e sottoposto a trattamenti degradanti in carcere.

4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

4.2. Il Tribunale, oltre a non ritenere credibili le dichiarazioni del ricorrente, ha ha rigettato la domanda di protezione umanitaria per mancata allegazione delle condizioni di vulnerabilità. Il ricorso si diffonde nell’illustrazione degli approdi giurisprudenziali di questa Corte in materia di protezione umanitaria, senza specificare le ragioni per le quali il giudice di merito sarebbe incorso nella violazione di legge, affermando in modo apodittico la credibilità delle dichiarazioni del ricorrente.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

5.1. Non deve provvedersi sulle spese non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

5.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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