Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6201 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. I, 15/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 15/03/2010), n.6201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.B., domiciliato in Roma, via Giulia di Colloredo 46,

presso l’avv. De Paola G., che lo rappresenta e difende come da

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri, domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che per

legge la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 4085/2006 della Corte d’appello di Palermo,

depositato il 2 novembre 2006;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

Udite le conclusioni del P.M., dr. GOLIA Aurelio che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Palermo ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di Euro 2.000 in favore di B.B., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio promosso il 7 agosto 1998 e definito in primo grado con sentenza pronunciata dalla Corte dei conti il 22 aprile 2005. Ricorre per cassazione B.B. e deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando l’inadeguatezza sia dell’indennità riconosciutagli sia delle spese liquidategli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato il termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durata ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logicamente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1, 9 settembre 2005, n. 17999, m. 584619).

Nel caso in esame i giudici del merito hanno determinato in circa due anni l’eccedenza irragionevole della sua durata, in considerazione della particolare natura della controversia, che aveva richiesto l’esame di una questione di legittimità costituzionale. Ma non hanno ulteriormente chiarito quali particolari difficoltà giustifichino il superamento del limite di tre anni previsto dalla giurisprudenza come termine di durata ragionevole di un giudizio di primo grado.

Errata di conseguenza è anche la determinazione dell’indennizzo in soli Euro 2.000, benchè in sè compatibile con la giurisprudenza che ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna controversia” (Cass., sez. 1, 26 gennaio 2006, n. 1630, m. 585927).

Il decreto impugnato va pertanto cassato. Tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la cassazione può essere disposta senza rinvio.

Determinata infatti in tre anni e otto mesi l’eccedenza di durata del processo rispetto al limite ragionevole di tre anni, l’indennizzo può essere liquidato in Euro 3.000.

E in realtà, avuto riguardo appunto per la natura e per le caratteristiche della controversia, la Corte ritiene che l’indennizzo possa essere ridotto anche a Euro 750 per anno, ma solo per i primi tre anni di ritardo, mentre il limite minimo di mille euro per anno vada di regola rispettato per i ritardi ulteriori.

Il ricorrente ha richiesto anche l’integrazione per la natura previdenziale del giudizio. Ma secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una va-lutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita” (Cass., sez. 1, 14 marzo 2008, n. 6898, m. 602256). E nel caso in esame una tale particolare incidenza non è stata neppure allegata. La decisione nel merito assorbe il motivo di impugnazione relativo alle spese.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento in favore di B.B. della somma di Euro 3.000,00 oltre interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidando in complessivi Euro 875 (Euro 445 per onorari, Euro 380 per diritti, Euro 50 per esborsi) le spese della fase di merito, in complessivi Euro 425, di cui Euro 325 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge, le spese della fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

 

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