Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6199 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. I, 05/03/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 05/03/2020), n.6199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12893/2015 proposto da:

C.D., rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Sofia,

giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione, entrambi

elettivamente domiciliati in Roma presso lo studio dell’Avv.

Alessandro Pellegrino;

– ricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., nella persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv Prof.

Francesco Carbonetti e dall’Avv. Fabrizio Carbonetti, giusta procura

in calce al controricorso, e presso lo studio dei medesimi

elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 260/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata in data 08/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2020 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.D. ha convenuto in giudizio la Banca 121 Promozione Finanziaria S.p.a. per la declaratoria di invalidità, anche solo parziale, del contratto avente ad oggetto il “Piano finanziario “(OMISSIS)”, n. (OMISSIS), sottoscritto in data 11 luglio 2001, e il risarcimento dei danni subiti a seguito della condotta illegittima della Banca nella fase antecedente, contemporanea e successiva alla conclusione del contratto medesimo.

2. La causa, trattata con le forme del rito societario, è stata decisa dal Tribunale di Messina, con sentenza n. 1742 del 23-24 ottobre 2006 (e successivo provvedimento di correzione del 12 gennaio 2007), che ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della MPS Banca Personale S.p.a., ha annullato i contratti collegati denominati “Piano finanziario (OMISSIS)”, sottoscritti con unico atto in data 17 luglio 2001, e condannato la Banca 121 S.p.a., poi Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., al pagamento delle somme man mano versate da C.D., oltre gli interessi legali dal giorno dei singoli esborsi fino al soddisfo, e delle spese processuali.

3. La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. ha proposto gravame e C.D., costituitasi in sede di gravame, ha formulato appello incidentale richiedendo il risarcimento dei danni da liquidarsi anche in via equitativa.

4. La Corte di appello di Messina ha accolto l’appello principale, rigettato quello incidentale e condannato C.D. a restituire alla Banca appellante le somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado, compensando le spese di entrambi i gradi del giudizio.

5. C.D. ricorre in cassazione con undici motivi.

6. La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. ha presentato controricorso, con ricorso incidentale sulla compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio e memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo C.D. lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21 dell’art. 28 del regolamento Consob adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998, in combinato disposto con l’art. 1337 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente, in particolare, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto adempiuti gli obblighi informativi da parte della Banca intermediaria di cui all’art. 21 TUF e art. 28 del Regolamento Consob.

1.1 Il motivo è inammissibile.

La Corte di appello ha ritenuto assolto l’onere informativo attraverso la produzione dei documenti sottoscritti dalla cliente e specificamente del documento sui rischi generali degli investimenti finanziari e della scheda di individuazione del profilo dell’investitrice (la ricorrente si è, peraltro, dichiarata persona “con approfondita esperienza finanziaria” e “con alta propensione al rischio”), dai quali ha tratto la conferma, oltre che dell’adempimento agli oneri informativi, anche della ricezione da parte della C. di tutte le informazioni necessarie per esprimere un consenso consapevole.

I giudici di secondo grado, inoltre, hanno precisato che il testo contrattuale era redatto in forma sufficientemente chiara e tale da essere compreso compiutamente con riferimento all’operazione finanziaria, alla finalità perseguita, all’oggetto e alle relative prestazioni.

A fronte dei disposti accertamenti in fatto operati dalla Corte territoriale, sarebbe stato onere della ricorrente indicare specificamente quali erano stati gli obblighi informativi non assolti.

La C., di contro, non ha svolto alcun specifico rilievo e non ha indicato il contenuto delle ulteriori informazioni che l’intermediario ha omesso di comunicare.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 111 Cost., con riferimento al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21 all’art. 28 del regolamento Consob, adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998, all’art. 1337 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione.

La ricorrente, in particolare, lamenta che la Corte di appello non ha considerato che le informazioni dovevano precedere la sottoscrizione del contratto, piuttosto che essere contenute nella stessa scrittura contrattuale.

2.1 Il motivo è infondato.

La Corte di appello di Messina ha valutato le dichiarazioni contenute nella scheda informativa sottoscritta dalla cliente e il documento inerente ai rischi generali degli strumenti finanziari (che la C. non ha mai contestato di non avere ricevuto) ed ha escluso che nel processo cognitivo della C. vi sia stato un vizio tale da precludere il raggiungimento di un consenso consapevole.

E anche laddove è stato ritenuto che la Banca aveva fornito le informazioni necessarie alla cliente, che riguardavano la fase della contrattazione vera e propria e non la fase delle trattative, i giudici di secondo grado non hanno inteso affermare, come invece sostiene erroneamente la ricorrente, che gli oneri informativi non erano stati assolti nella fase delle trattative.

Soccorre, in tal senso, la lettura della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte ha precisato che prima della stipulazione la Banca aveva dimostrato di avere consegnato la documentazione necessaria a far rendere alla C. un consenso consapevole.

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21 e 23 degli artt. 26, 28, 29 e 36 del Regolamento Consob adottato con Delib n. 11522 in data 1 luglio 1998 (e del relativo Allegato 7), degli artt. 1337,1175 e 1375 c.c., in combinato disposto con l’art. 345 c.p.c., comma 3, con gli artt. 214,215 e 216 c.p.c., anche con riferimento all’art. 1439 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente, oltre ad insistere nuovamente sulla violazione degli obblighi informativi, deduce anche che il documento sui rischi generali degli strumenti finanziari era stato prodotto soltanto in grado di appello in violazione dell’art. 345 c.p.c. e che la scheda per l’individuazione del profilo del cliente portava contrassegnate, nel modulo prestampato, le caselle attinenti alla propria esperienza finanziaria e alla propensione al rischio, da lei mai contrassegnate.

3.1 Il motivo è inammissibile quanto alla generica riproposizione della censura relativa alla violazione degli obblighi informativi e infondato per il resto.

Con riguardo al documento generale sui rischi, a proposito dell’art. 345 c.p.c., nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, che qui rileva, questa Corte ha affermato che “nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado” (Cass., S. Un. 4 maggio 2017, n. 10790; Cass.-, 3 ottobre 208, n. 24129).

Nell’ottica dei principi come declinati dalle Sezioni Unite, la produzione del documento sui rischi generali degli strumenti finanziari costituisce prova nuova indispensabile in quanto decisiva dell’inadempimento dei corrispondenti obblighi informativi.

Quanto, poi, alla scheda per l’individuazione del profilo del cliente, la contestazione della ricorrente, che deduce di non avere mai contrassegnato, nel modulo prestampato, le caselle relative alla propria esperienza finanziaria e propensione al consumo, configura, al più, la denuncia di un riempimento abusivo di foglio firmato in bianco absque pactis.

La ricorrente, infatti, pur riconoscendo la propria sottoscrizione, assume che il riempimento è avvenuto senza la sua autorizzazione.

Si tratta di una contestazione che poichè coinvolge la stessa provenienza delle dichiarazioni da chi le ha sottoscritte, nella quale l’interpolazione del testo investe il modo di essere oggettivo dell’atto tanto da realizzare una vera e propria falsità materiale, richiede la proposizione di una querela di falso ai sensi dell’art. 2702 c.c. (Cass., 17 gennaio 2018, n. 899; Cass., 27 maggio 2016, n. 11028), querela nella specie non proposta.

4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 111 Cost., con riferimento all’art. 2719 c.c., avuto riguardo al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21 e 23 all’art. 28 del regolamento Consob adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè la manifesta illogicità della motivazione.

La ricorrente si lamenta che la Corte di appello ha affermato, quanto alla scheda per l’individuazione del profilo del cliente, che pur in presenza di contestazioni della conformità della fotocopia prodotta all’originale, l’accertamento di tale conformità poteva comunque essere eseguito mediante altri mezzi di prova; mezzi di prova tuttavia non acquisiti nella specie.

4.1 Il motivo è inammissibile.

Si tratta, infatti, di una censura non idonea a contrastare la ratio decidendi principale che è costituita dalla negazione di una valida contestazione della conformità della fotocopia all’originale.

5. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1438 c.c. in combinato disposto con il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21 e 23 con gli artt. 26, 28, 29 e 36 del regolamento Consob adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998 (e del relativo Allegato 7), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5.1 Il motivo è inammissibile perchè si tratta di una censura di merito, in quanto finalizzata ad un nuovo e diverso accertamento in fatto del dolo omissivo della Banca, quale causa di annullamento del contratto perchè dolo incidente sulla natura e le caratteristiche del piano finanziario proposto alla C..

La censura della ricorrente si risolve, invero, in una critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi non integrante neppure un vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

6. Con il sesto motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla omessa consegna dei “Prospetti informativi” relativi agli strumenti finanziari “Republic of Italy” e “Spazio Euro. NM.”, come invece prescritta dall’art. 36, comma 1, lett. c) Regolamento Consob adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, trattandosi di offerta di acquisto fuori sede.

6.1 Il motivo è inammissibile perchè presuppone l’accertamento dell’offerta fuori sede, integrante un accertamento di fatto, che non risulta dalla sentenza impugnata.

E difatti, ai sensi dell’art. 36, comma 1, lett. c) regolamento Consob 11522/1998, nell’attività di offerta fuori sede gli intermediari, per il tramite dei promotori finanziari, devono consegnare all’investitore, prima della sottoscrizione del contratto, copia dei Prospetti informativi.

In proposito, questa Corte ha evidenziato che “Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto- non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa” (Cass., 13 dicembre 2019, n. 32804).

7. Con il settimo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c. in combinato disposto con il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 30 con l’art. 36, comma 1, lett. c) Regolamento Consob adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La ricorrente lamenta che la Corte di appello non e, dichiarato la nullità del contratto per violazione dell’art. 30, comma 6 TUF per difetto di indicazione, nel contratto, della facoltà di recesso del cliente, nonostante tale indicazione, quanto all’investimento in obbligazioni “Republic of Italy”, non risultasse dal contratto, il quale faceva rinvio al prospetto informativo, che però non era stato prodotto.

7.1 Il motivo è inammissibile.

La stessa ricorrente, infatti, riferisce che il giudice di primo grado (pagina 7 e ss.) aveva ritenuto essere stato ottemperato dalla banca l’obbligo di indicare nel contratto la facoltà di recesso riconosciuta al cliente ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 30, comma 6, e che dagli atti risultava che il promotore finanziario, con dichiarazione scritta in data 27 novembre 2000, firmata per accettazione dalla C., aveva indicato il domicilio al quale, in caso di recesso, avrebbe dovuto essere inviata la dichiarazione di cui al citato art. 30 e, infine, che la richiamata norma era espressamente richiamata anche nel prospetto informativo allegato al contratto.

La statuizione del Tribunale di Messina, che riteneva osservata da parte della banca la prescrizione normativa di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 30 doveva essere sottoposta ai giudici di secondo grado mediante la proposizione di appello incidentale, non essendo sufficiente la mera riproposizione della questione ai sensi dell’art. 346 c.p.c. per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2. (cfr. Cass. Sez. U. 12 maggio 2017, n. 11799; Cass., 28 agosto 2018, n. 21264).

8. Con l’ottavo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2735 c.c. in combinato disposto con il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21 e 23 con gli artt. 28 e 29 regolamento Consob adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998, con gli artt. 1175,1337 e 1375 c.c., con riferimento agli artt. 1173,1223 e 1226 e 2059 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La ricorrente, in particolare, censura la sentenza impugnata che ha ritenuto l’adeguatezza delle informazioni ricevute sulla base dell’attestazione rilasciata dalla cliente nel contratto.

8.1 Il motivo è infondato.

I giudici di secondo grado, diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, hanno evidenziato che l’intermediario aveva assolto agli obblighi informativi prescritti dagli artt. 28 e 29 e agli obblighi di conoscenza del prodotto di cui all’art. 21 TUF e ciò risultava dalla produzione dei documenti sottoscritti dalla cliente) dal testo contrattuale redatto in forma sufficientemente chiara e tale da essere compreso compiutamente e dall’espressa indicazione che l’operazione richiesta era quella di concessione di finanziamento con obbligo di rimborso.

La Corte di appello non ha, quindi, valorizzato la dichiarazione della C. in merito all’adeguatezza delle informazioni ricevute.

Non sussiste, quindi, il vizio di violazione di legge dedotto, non avendo operato la Corte di appello alcuna erronea ricognizione della fattispecie astratta, nè tantomeno della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, fermo restando che quest’ultima censura, inerendo alla tipica valutazione del giudice di merito, è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

9. Con il nono motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. in combinato disposto con il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21 e 23 con gli artt. 1173 e 1226 c.c., con riferimento all’art. 333 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

9.1 Il motivo è infondato.

La ricorrente lamenta il mancato riconoscimento dei danni derivanti dalla violazione degli obblighi informativi, la cui richiesta era stata riproposta con appello incidentale dopo che il tribunale l’aveva respinta per mancata precisazione dei danni subiti.

E tuttavia, il rigetto della domanda risarcitoria è esatto corollario giuridico del non riconoscimento del suo presupposto, ovvero della ritenuta inesistenza dell’inadempimento degli obblighi informativi dell’intermediaria.

10. Con il decimo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. sulla domanda giudiziale di nullità di una clausola contrattuale dedotta D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ex art. 24, commi 1 e 2, anche con riferimento all’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

10.1 Il motivo è infondato.

La ricorrente deduce che la Corte di appello di Messina non si era pronunciata sul reale contenuto della domanda, con la quale si era fatta valere la violazione del diritto di recesso del cliente, previsto dall’art. 24, commi 1 e 2 TUF, sotto lo specifico profilo che il concomitante scioglimento del rapporto di finanziamento, associato al recesso dall’investimento, comportasse per il cliente stesso l’obbligo di restituire immediatamente l’intero importo del finanziamento ricevuto; il che costituiva un limite alla libertà del recesso stesso, esercitabile pertanto solo da soggetti dotati di adeguata capacità patrimoniale.

I giudici di secondo grado, in merito all’eccepita nullità della clausola di cui alla sez. II, lett. B, punto 5, della proposta di adesione al piano finanziario, hanno specificamente affermato che la clausola, diversamente da quanto prospettato, era stata scritta in forma chiara ed intellegibile ed era stata sottoscritta dalla cliente, che rimaneva liberamente facultata ad adempiere in via anticipata al finanziamento. Non ricorre, pertanto, il vizio di omessa pronuncia, in presenza di una espressa statuizione della Corte di appello di Messina; nè, peraltro, la ricorrente ha contestato nel merito le specifiche affermazioni contenute nella sentenza impugnata.

11. Con l’undicesimo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 111 Cost. in combinato disposto con l’art. 115 c.p.c., con il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21 e 23 con gli artt. 26 e 36 Regolamento Consob adottato con Delib. n. 11522 in data 1 luglio 1998, con gli artt. 1175 e 1375 c.c., con riferimento all’art. 1418 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La ricorrente contesta il rigetto della domanda di nullità della clausola di cui alla sez. III, parte 1, art. 5, della scrittura contrattuale riguardante la determinazione del compenso dell’intermediaria, sostenendo che, a dispetto della contraria statuizione della Corte di appello, alla ricorrente non era stato in realtà consegnato l’allegato contenente i criteri di calcolo.

11.1 Il motivo è inammissibile perchè si tratta di una censura di merito, in quanto finalizzata ad un nuovo e diverso accertamento avente ad oggetto la consegna del prospetto con indicazione dei criteri di calcolo dei compensi e dei tempi e delle modalità di pagamento della banca.

12. La Monte dei Paschi di Siena S.p.a. ha presentato ricorso incidentale con il quale censura l’ingiusta compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio e la violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, in combinato disposto con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

12.1 L’appello è infondato.

E’ orientamento di questa Corte che “Il giudizio sulla sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, nella vigenza dell’art. 92 c.p.c. nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, è rimesso al giudice di merito ed è di norma incensurabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione che lo sorregge non sia illogica, tautologica, inesistente o meramente apparente” (Cass., 3 luglio 2019, n. 17816).

Il presente giudizio è stato introdotto con atto di citazione notificato in data 10 – 19 novembre 2004, con conseguente applicabilità, ratione temporis, dell’art. 92 c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1.

La norma richiamata stabiliva che “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

Questa Corte, nell’interpretare detta norma, aveva stabilito i seguenti principi generali: i “giusti motivi” che giustificavano la compensazione delle spese devono essere valutati dal giudice di merito caso per caso; il giudizio sulla compensazione delle spese è rimesso al giudice di merito ed è di norma incensurabile in sede di legittimità; è censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità della motivazione con la quale il giudice di merito abbia disposto la compensazione.

Nel caso in esame, la Corte di appello ha motivato, in modo coerente e razionale, la disposta compensazione delle spese processuali, tenuto conto delle incertezze interpretative registratesi con riferimento alle norme che impongono i doveri di trasparenza e informazione a carico degli intermediari finanziari e le conseguenti oscillazioni della giurisprudenza.

Non sussiste, quindi, alcuna violazione del precetto di cui all’art. 92 c.p.c., nel testo applicabile.

13. Dalle considerazioni sopra svolte discende che devono essere rigettati il ricorso principale e il ricorso incidentale.

14. La prevalenza della soccombenza della ricorrente principale consente di compensare tra le parti un terzo delle spese processuali del presente giudizio e di porre la residua quota a carico di C.D. ed in favore del controricorrente, spese che sono liquidate per l’intero come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Compensa tra le parti nella misura di un terzo le spese del giudizio di legittimità, che liquida per l’intero in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, e pone i residui due terzi a carico della parte ricorrente principale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto rispettivamente per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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