Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6197 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. I, 05/03/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20366/2016 proposto da:

Credito Emiliano S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Dardanelli n. 46,

presso lo studio dell’avvocato Giuseppina Venuti, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Roberto Reggiani, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ediltecnica Ruoso Group Holding S.r.l. in Liquidazione e in

Concordato Preventivo, Ediltecnica S.r.l. in Liquidazione e in

Concordato Preventivo;

– intimate –

avverso la sentenza n. 210/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 04/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal cons. Dott. MARCO MARULLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo,

assorbimento del secondo;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Gino Grilli, con delega orale,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Bologna, adita dal Credito Emiliano ai fini della riforma della decisione che in primo grado aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo delle odierne intimate, ha respinto con la sentenza epigrafata il proposto gravame, rigettando le ragioni della banca, che aveva chiesto che fosse dichiarata cessata la materia del contendere sull’assunto che le debitrici erano state ammesse alla procedura di concordato e che il credito nei loro confronti era stato perciò riconosciuto, ed accogliendo, per contro, le ragioni delle opponenti circa la mancata dimostrazione del credito, non essendo in particolare provate le condizioni regolanti il rapporto e l’avvenuta approvazione della clausola di capitalizzazione degli interessi.

Per la cassazione di detta sentenza la banca ricorre ora a questa Corte sulla base di due motivi. Non hanno svolto attività difensiva le società intimate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo di ricorso la banca impugnante si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e L. Fall., artt. 160 e segg. ed, in particolare, degli artt. 176 e 180 della medesima, nonchè del vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in cui il decidente d’appello sarebbe incorso nel rigettare la vista istanza di cessazione della materia del contendere, intendendosi, invero, far valere per suo tramite, “diversamente da quanto inadeguatamente poi tradotto dal giudice estensore della sentenza”, non già la sentenza di omologazione del concordato, quanto il fatto che il concordato “avesse riconosciuto l’esistenza dell’intero credito vantato da essa Credem e le avesse spontaneamente corrisposto la percentuale concordataria, così confessando la fondatezza delle pretese avanzate in sede monitoria”.

2.2. Il motivo, espunta ogni inferenza motivazionale per estraneità dei vizi denunciati al perimetro tracciato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è per il resto privo di pregio.

La Corte d’Appello ha sul punto esattamente uniformato il proprio intendimento al principio più volte enunciato da questa Corte circa il rapporto che in materia di verifica dei crediti corre tra procedura concordataria e cognizione ordinaria nel senso che “la sentenza di omologazione del concordato preventivo, per le particolari caratteristiche della procedura che ad essa conduce, determina un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti, ma non comporta la formazione di un giudicato sull’esistenza, entità e rango (privilegiato o chirografario) di questi ultimi, nè sugli altri diritti implicati nella procedura stessa, presupponendone un accertamento non giurisdizionale ma meramente amministrativo, di carattere delibativo e volto al solo scopo di consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta, sicchè non esclude la possibilità di far accertare in via ordinaria, nei confronti dell’impresa in concordato, il proprio credito ed il privilegio che lo assiste”. (Cass., Sez. I, 25/09/2014, n. 20298).

Si è infatti, anche di recente (Cass., Sez. I, 8/01/2019, n. 208), chiarito che la verifica dei crediti che ha luogo in questa sede non è funzionale alla selezione delle posizioni concorrenti ai fini della partecipazione al riparto dell’attivo, ma risponde solo al fine di individuare quali crediti abbiano diritto al voto e di procedere, come si evince dalla L. Fall., art. 176, comma 2, al calcolo delle maggioranze richieste per l’approvazione della proposta. La norma, laddove prevede che il giudice delegato possa “ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze” rende palese che le determinazioni in tal guisa assunta hanno un’evidente efficacia la limitata e non sono in ogni caso idonee a pregiudicare in alcun modo l’accertamento in merito all’esistenza, all’entità e alla natura del credito, nel senso espressamente previsto dall’ultimo periodo del comma 1 articolo in parola.

Nè peraltro un diverso effetto nel senso di un riconoscimento definitivo del credito è argomentabile assumendo che il decreto di omologa rientri nel novero delle “pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti”, di cui è menzione nella L. Fall., art. 176, comma 1, poichè un simile provvedimento non svolge alcuna funzione di accertamento del credito, se non, come detto, ai fini del calcolo delle maggioranze e della fattibilità del piano.

Ne discende perciò, a prescindere dalla sua ammissione al voto, che il creditore, ove, in presenza di contestazioni voglia veder riconosciuto il proprio credito con l’efficacia propria di un accertamento avente carattere definitivo, dovrà procedere nelle forme ordinarie per mezzo di un normale giudizio di cognizione. Nessun effetto ricognitivo e, tantomeno, confessorio è quindi inferibile dal fatto che il credito sia stato ammesso al voto, che la proposta di concordato sia stata approvata e che ne sia avvenuta, di seguito, l’omologa giacchè il “riconoscimento” del credito che ha luogo in quella sede persegue finalità del tutto diverse da quelle a cui tende la confessione e, sotto il profilo soggettivo, non è altrettanto connotato dalla consapevolezza e volontà di riconoscere un fatto a sè sfavorevole e vantaggioso per l’altra parte.

3.1. Con il secondo motivo di ricorso la banca impugnante censura per violazione e falsa applicazione in relazione agli artt. 117 e 118 TUB, nonchè all’art. 115 c.p.c. ed ancora per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione il capo della decisione in disamina a mezzo del quale si è inteso disconoscere, in tal modo accogliendo l’opposizione delle intimate, la sussistenza dell’esercitata pretesa in monitorio mancandone la prova, quantunque, al contrario, a) il credito di che trattasi risultasse “pacificamente confessato in sede concorsuale”, b) “la Corte territoriale fosse incorsa, nella redazione della motivazione, in plurime carenze di lettura dei documenti versati in atti”, c) “il saldo riportato nell’estratto autentico delle scritture contabili non fosse stato mai contestato” ed d) “il rapporto di conto corrente dedotto in giudizio non fosse sottoposto al regime anatocistico”.

3.2. Il motivo, anche qui sfrondato di ogni inferenza motivazionale per quanto già si è dianzi osservato, non merita, per il resto, adesione esponendosi previamente ad un giudizio di inammissibilità.

3.3. La Corte d’Appello, sconfessando l’assunto della banca appellante, ha invero denegato che questa avesse offerto prova del credito già azionato in monitorio, rilevando, primamente, che il modulo denominato documento di sintesi e riportante le condizioni economiche regolanti il rapporto “non è stato compilato e risulta sbarrato da una linea trasversale, scritta a mano “come condizioni all.te e-mail del 05/07/08 e del 18/07/08” e che “le suddette missive portano condizioni… tra loro diverse”, tanto da rendere “del tutto incerto a quale delle condizioni ivi riportate possa eventualmente essere riferita la firma per accettazione delle parti”. Ciò nondimeno, continua il giudicante, “dall’esame degli estratti conto prodotti dalla banca nel giudizio di opposizione emerge chiaramente l’applicazione di tassi di interessi debitori anche superiori al 7,5%” e ciò malgrado non possa esservi dubbio che ne sia mancata una pattuizione per iscritto. Tanto più che non è da ritenersi dimostrata neppure l’avvenuta approvazione per iscritto della “clausola di capitalizzazione bilaterale e simmetrica” in punto di interessi, dato che l’art. 10 del documento di sintesi rimanda a questo fine ad “una scrittura allegata al presente contratto”, di cui però “non vi è traccia agli atti”, e detta condizione non è “neppure menzionata nelle due e-mail del 5/07/08 e del 18/07/08”. Da qui la conclusione che “le eccezioni delle società appellate di illegittimità della pretesa di pagamento di interessi ultralegali e di spese di conto, con capitalizzazione degli interessi passivi sono dunque fondati”.

3.4. Rispetto a questo compendio motivazionale le doglianze ostese dalla banca con il motivo in disamina non si rivelano provviste della necessaria pertinenza che vale ad assicurarne una declinazione conforme al precetto di specificità. Esse, pur cumulando plurime ragioni di rimostranza, non riconducibili, peraltro, a cagione della loro eterogeneità ad una matrice comune, si astengono infatti dallo sviluppare un confronto critico con gli argomenti che il decidente ha inteso sviluppare a conforto delle proprie convinzione e si risolvono, nella non celata intenzione di dar vita in questa sede ad una rimeditazione in fatto dei presupposti della decisione, nella mera proposizione o di istanze già disattese, esaminando il primo motivo (a) o di indirette sollecitazioni a rivedere il quadro istruttorio (b) o ancora a valorizzare taluni aspetti della fattispecie non altrettanto debitamente considerati dal decidente (c) o da questo espressamente disconosciuti (d); in ogni caso chiamando questa Corte ad interpretare un ruolo che è estraneo ai suoi compiti istituzionali di giudice di legittimità.

4. Il ricorso va perciò conclusivamente respinto.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria.

Ove dovuto il raddoppio del contributo, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Respinge il ricorso.

Ove dovuto il raddoppio del contributo. ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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