Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6196 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. I, 15/03/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 15/03/2010), n.6196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30922-2007 proposto da:

D.V.A. (c.f. (OMISSIS)), L.L.E.

(c.f. (OMISSIS)), C.V. (c.f. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. DORIA 48, presso l’avvocato

ABBATE FERDINANDO EMILIO, che li rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

17/10/2006; n. 53687/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato RODA RANIERI, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 2005, D.V.A., L.L.E. e C.V. adivano la Corte di appello di Roma chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto dell’8.05-17.10.2006, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno degli istanti, quale indennizzo del danno non patrimoniale, della somma di Euro 7.000,00 oltre agli interessi legali decorrenti dalla data del provvedimento, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.750,00, di cui Euro 800,00 per diritti ed Euro 900,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese distratte in favore degli avv.ti G. Ferriolo e F.L. Abbate antistatari.

La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che i ricorrenti avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di adeguamento triennale dell’indennità giudiziaria percepita ai sensi della L. n. 221 del 1988, da loro introdotto, dinanzi al TAR Lazio, quale dipendenti del Ministero della Giustizia, con domanda dell’aprile 1993, e deciso con sentenza sfavorevole del 10.12.2003 – che detto processo amministrativo, inerente a caso alquanto semplice, avrebbe dovuto essere definito in anni 3;

– che, dunque, per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in anni 7, l’indennizzo da limitare al danno morale, poteva essere equitativamente liquidato in misura pari ad Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo, attesa la modestia della pretesa fatta valere, non inerente a beni fondamentali della persona e della vita.

Avverso questo decreto il D.V., la L. e la C. hanno proposto ricorso per Cassazione, notificato il 29.11.2007 ed affidato a tre motivi, nonchè depositato memoria. La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Riassuntivamente ed in sintesi, con i tre motivi di gravame i ricorrenti denunciano violazioni di legge e vizi motivazionali e chiedono la cassazione del decreto impugnato, con riferimento sia all’ingiustificato defalco di mesi otto dal periodo di ritardo indennizzabile, sia alla statuita decorrenza degli interessi legali dalla data del decreto in luogo di quella della domanda e sia all’insufficienza della somma liquidata per diritti, che assumono inferiore ai minimi tariffari.

Il primo motivo di ricorso merita favorevole apprezzamento; al relativo accoglimento segue anche l’assorbimento delle altre due censure.

Fondata, infatti, si rivela la doglianza inerente alla determinazione del periodo di ritardo irragionevole, che in effetti, una volta espunto l’incontestato triennio di congrua durata, avrebbe dovuto essere calcolata in anni 7 e mesi otto, dal momento anche che non possono essere in linea di principio ed immotivatamente esclusi dal computo e conseguentemente dall’equa l’equa riparazione del danno non patrimoniale i periodi di ritardo nella definizione del processo inferiori all’anno (in tema cfr Cass. 200519788).

Accolta, dunque, la censura in questione ed assorbite restando le altre questioni, sulle esposte premesse ben può alla cassazione in parte qua dell’impugnato decreto ed alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatti essendo residuato alla cognizione di questa Corte.

Quindi, considerato il periodo di irragionevole durata del giudizio, pari a sette anni ed otto mesi, e recepito il non contestato parametro indennitario utilizzato dai giudici di merito per la riparazione del danno non patrimoniale subito dalle parti, devesi riconoscere a ciascuna di esse l’indennizzo complessivo di Euro 7.667,00, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla domanda (Cass. 200608712).

Quanto alla regolamentazione delle spese, a carico dell’Amministrazione soccombente va posto il pagamento delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo, adottando la tariffa per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello, nonchè delle spese del giudizio di legittimità, anch’esse liquidate come in dispositivo. Spese distratte.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 7.667,00 oltre agli interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento sia delle spese del giudizio di merito distratte in favore degli avv.ti G. Ferriolo e F.E. Abbate antistatari e liquidate in complessivi Euro 1.984,00, di cui Euro 1.034,00 per diritti ed Euro 900,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, e sia delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 1.100,00 (di cui Euro 1.000,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, da distarsi in favore dell’Avv.to F.E. Abbate antistatario.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

 

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