Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6196 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. I, 05/03/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19808/2016 proposto da:

L.G., ed A.C.M., elettivamente domiciliati in

Roma, Via Michele Mercati n. 51, presso lo studio dell’avvocato

Antonio Briguglio, rappresentati e difesi dall’avvocato Girolamo

Monteleone, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Italfondiario S.p.a., nella qualità di procuratrice della Castello

Finance s.r.l. per incorporazione del Sanpaolo Imi S.p.a. in Banca

Intesa S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Crociferi n. 44, presso

lo studio dell’avvocato Vincenzo Messina, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Ignazio Messina, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1130/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 17/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal cons. Dott. MARCO MARULLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L.G. e A.C.M. ricorrono a questa Corte onde sentir cassare l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Palermo, respingendone il gravame, ha confermato il rigetto in primo grado dell’opposizione da loro proposta avverso il decreto ingiuntivo con cui IntesaBci Gestione Crediti s.p.a., quale mandataria di Banca Intesa s.p.a., li aveva escussi nella loro veste di fideiussori della (OMISSIS) s.p.a. a fronte dei saldi passivi accumulati dalla società nei rapporti con la banca.

In particolare la Corte territoriale, registrato che nelle more del giudizio di opposizione la società debitrice era fallita, che il Tribunale aveva confermato l’ingiunzione nei soli confronti dei fideiussori non essendosi il fallimento costituito nel giudizio riassunto dopo l’interruzione e che nel susseguente giudizio di appello si era costituito, in sostituzione dell’originario opposto, Italfondiario s.p.a. quale mandataria di Intesa San Paolo s.p.a. – nuova denominazione di Banca Intesa s.p.a. -, ha motivato il rigetto del gravame ritenendo di dover condividere le conclusioni a cui era approdato il CTU, non scalfite dalle obiezioni sollevate dagli appellanti e, segnatamente, dalle contestazioni in punto di violazione del contraddittorio, che non appaiono fondate “in ragione della riscontrata presenza del CTP al momento dell’inizio delle operazioni e del documentato scambio tra CTP e CTU di osservazioni e chiarimenti”.

Al ricorso resiste la banca con controricorso, cui replicano i ricorrenti con memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2 Il primo motivo di ricorso – mercè il quale i ricorrenti censurano l’impugnata decisione perchè essa, violando gli artt. 101,332 e 331 c.p.c., non avrebbe provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti della società fallita – è infondato, avendo la giurisprudenza di questa Corte più volte chiarito che “nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal debitore ingiunto poi fallito, il creditore opposto deve partecipare al concorso con gli altri creditori previa domanda di ammissione al passivo, attesa la inopponibilità, al fallimento, di un decreto non ancora definitivo e, pertanto, privo della indispensabile natura di “sentenza impugnabile”, esplicitamente richiesta dalla L. Fall., art. 95, comma 3, norma di carattere eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica. Conseguentemente la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria, se proposta prima dell’inizio della procedura concorsuale, diventa improcedibile, e tale improcedibilità è rilevabile d’ufficio, anche nel giudizio di cassazione, derivando da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della “par condicio creditorum”” (Cass., Sez. I, 13/08/2008, n. 21565).

Ne discende che, essendo la domanda nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. divenuta improcedibile a seguito del suo fallimento e della susseguente interruzione del processo, non incombeva alla Corte d’Appello alcun obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti della società in relazione alla quale, stante la vis acttractiva del foro fallimentate, ogni statuizione doveva ritenersi previamente inammissibile ovvero, diversamente, improcedibile.

3. Il secondo motivo di ricorso – inteso parimenti a censurare la decisione qui in esame per aver pronunciato in violazione degli artt. 101 e 111 c.p.c. nei confronti di Italfondiario e non nei confronti dell’originario contraddittore IntesaBci Gestione Crediti s.p.a. “sparito” dal processo quantunque le altre parti non avessero acconsentito alla sua estromissione – è inammissibile per difetto di autosufficienza.

La Corte d’Appello, ancorchè non investita della questione, ha comunque avuto modo di annotare che, “regolarmente instaurato il contraddittorio”, nel giudizio così incardinato di fronte a sè si era costituita Italfondiario s.p.a. “nella qualità di mandataria della Intesa San Paolo s.p.a. e della Castello Finance s.r.l. nelle more subentrata nel rapporto per cui è causa giusta cessione dei crediti indicata in atti”. A ciò il decidente d’Appello è potuto pervenire in guisa della consultazione dei documenti versati in causa dall’appellante, di modo che, risultando da questi, per come li riporta la controricorrente, la sequenza degli eventi negoziali in forza del quale all’originario contraddittore era succeduta, sotto il profilo della legitimatio ad causam, la Castello Finance s.p.a. e sotto il profilo della legittimatio ad processum Italfondiario s.p.a., sarebbe stato “allora preciso onere del ricorrente contestare, riportando adeguatamente in ricorso l’indicazione analitica delle documentazioni prodotte ex adverso (che… la corte di merito ha presupposto come in atti e così esaminato), l’inidoneità di ognuno dei documenti ivi evidentemente indicati a provare ciascuno dei singoli passaggi sopra ricostruiti” (Cass., Sez. III, 4/05/2018, n. 10603). E poichè nella sua illustrazione i ricorrenti sono venuti meno a siffatto onere limitandosi ad una rimostranza del tutto generica, il motivo deve reputarsi non autosufficiente e conseguentemente inammissibile.

4. Il terzo motivo di ricorso – con cui si lamenta che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 120 TUB, della L. 7 marzo 1996, n. 108, dell’art. 1815 c.c., delle norme processuali sull’inammissibilità di nuovi documenti in appello e di quelle sullo svolgimento del contraddittorio sulla CTU – è inammissibile per difetto di specificità.

Ed invero mentre la sentenza si dà cura di dare atto, a confutazione della lamentata violazione delle norme sul contraddittorio, “della riscontrata presenza del CTP al momento dell’inizio delle operazioni e del documentato scambio tra CTP e CTU di osservazioni e chiarimenti” e, quanto alle altre doglianze, di precisare che “in carenza di uno specifico conteggio e di una analitica contestazione dei calcoli eseguiti dal CTU, la conclusione cui giungono gli opponenti con riferimento al saldo di conto corrente, secondo cui si sarebbe verificata la presenza di un tasso usurario nei periodi giusto coincidenti con i trimestri per cui non sono stati depositati estratti conto… sfugge a qualsiasi controllo per l’assenza di dati di supporto e di indicazione del tasso che assume applicato dalla banca, così da rendere assolutamente esplorativa la nomina di un altro ctu”, il motivo, al contrario, si limita a reiterare le ragioni di contestazione già sottoposte al vaglio del giudice di merito e da questo disattese, sicchè, sottraendosi in tal modo al confronto con le ragioni della decisione, esso oblitera manifestamente il principio della specificità del ricorso e si rende perciò inammissibile.

5. Il ricorso va dunque respinto.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da susseguente dispositivo.

Ove dovuto il raddoppio del contributo, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 8200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto il raddoppio del contributo. ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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