Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6193 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. I, 05/03/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29251/2017 proposto da:

Banca Agricola Popolare di Ragusa, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via

Portuense, 104 presso lo studio dell’avvocato Antonia De Angelis e

rappresentata e difesa dagli avvocati Aurelio Mirone e Ugo Antonino

Salanitro, in forza di procura speciale su foglio separato allegato

al ricorso;

– ricorrente –

contro

N.A.M., N.E. e V.G. quali

eredi di N.R. (deceduto), nonchè V.G. in

proprio, elettivamente domiciliati in Roma V.le Giuseppe Mazzini

142, presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Alberto Pennisi che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Salvatore Cuffari, in

forza di procura speciale su foglio separato allegato al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1619/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 14/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

uditi gli Avvocati ANTONINO MIRONE COSTARELLI, per delega

dell’Avvocato AURELIO MIRONE, e VINCENZO ALBERTO PENNISI

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del febbraio 2008 i coniugi N.R. e V.G. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Ragusa la Banca Agricola Popolare di Ragusa soc.c.oop. a r.l., assumendo di essere entrambi pensionati, di risiedere da oltre 45 anni in Svizzera, a Zurigo e di aver sempre depositato i propri risparmi presso l’Agenzia di Comiso della Banca convenuta.

Gli attori hanno aggiunto che la predetta Agenzia aveva acquistato per loro conto il 18/8/2000 obbligazioni “(OMISSIS)” per Euro 66.000,00, senza fornir loro alcuna informazione circa i rischi dell’acquisto, nonostante la loro bassissima propensione al rischio, mentre era stata prospettata solo l’elevata redditività del titolo (6,25% lordo); di non aver più ricevuto alcuna notizia sino al marzo 2004, quando la Banca li aveva avvisati dallo stato di insolvenza di (OMISSIS); di aver dato mandato alla Banca di insinuarsi nel passivo della società e di non aver più avuto notizie; di aver chiesto senza successo la restituzione di quanto investito.

Gli attori hanno perciò richiesto la risoluzione del contratto di acquisto, la dichiarazione di invalidità del contratto di investimento e la condanna della Banca al risarcimento dei danni.

Si è costituita in giudizio la Banca convenuta, chiedendo il rigetto delle domande degli attori, negando il proprio inadempimento, e facendo presente, in subordine, che gli attori avevano aderito al concordato, ricevendo di conseguenza 8316 azioni (OMISSIS) e 650 warrants.

Il Tribunale di Ragusa con sentenza del 23/2/2010 ha respinto le domande degli attori.

2. Avverso la predetta sentenza di primo grado del 23/2/2010 hanno proposto appello N.R. e V.G., a cui ha resistito la Banca appellata.

La Corte di appello di Catania con sentenza del 14/9/2017 ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Banca Agricola Popolare di Ragusa al pagamento in favore dei coniugi N.- V. della somma di Euro 56.667,38, oltre interessi e spese del doppio grado di giudizio.

3. Avverso la predetta sentenza del 14/9/2017, non notificata, con atto mandato in notifica il 27/11/2017 e diretto contro V.G. e gli eredi di N.R., nel frattempo deceduto, ossia la stessa V.G. e le figlie N.A.M. ed E., ha proposto ricorso per cassazione la Banca Agricola Popolare di Ragusa, svolgendo due motivi.

Con atto notificato il 23/12/2017 hanno proposto controricorso V.G. e N.A.M. ed E. chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e la condanna della ricorrente ex art. 96 c.p.c..

Le parti controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, la Banca ricorrente denuncia nullità della sentenza e del procedimento o in subordine violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 101 e 112 c.p.c. per mancato rispetto dei principi del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

1.1. L’eccezione di estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione dopo la morte dell’avv. Salanitro Nicolò, difensore della Banca, era stata respinta dalla Corte territoriale in quanto gli appellanti avrebbero riassunto il giudizio tempestivamente notificando alla Banca entro il termine semestrale l’istanza di anticipazione di udienza e il pedissequo decreto di anticipazione di udienza.

L’argomento così utilizzato dalla Corte non era mai stato sollevato da alcuna delle parti, con la conseguente violazione dei principi del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Secondo la Banca, gli appellanti avevano avuto conoscenza del decesso del difensore della Banca con la relata di notifica del 28/10/2011 e quel che era oggetto di discussione era se la conoscenza maturata attraverso la relata di notifica redatta dall’Ufficiale giudiziario comportasse o meno “conoscenza legale” del decesso del procuratore costituito, come sosteneva la Banca e come gli appellanti negavano, assumendo che la relata negativa non possedeva valore legale e non comportava interruzione del giudizio.

Gli originari attori, negando la conoscenza legale da parte loro e l’interruzione del processo, non avevano mai sostenuto, neppure in subordine, di aver ritualmente riassunto il giudizio con l’atto di notificazione dell’anticipazione di udienza.

1.2. Il motivo non può essere condiviso.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, in quanto inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13), se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali (Sez.6-5, 04/03/2019, n. 6218; Sez.2, 16/10/2017, n. 24312; Sez.3, 21/07/2016, n. 15019; Sez.6-5, 29/09/2015, n. 19372).

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, la ricorrente denuncia nullità della sentenza e del procedimento o in subordine violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 301 c.p.c..

2.1. Non è condivisibile, secondo la ricorrente, l’equivalenza funzionale ravvisata nella sentenza tra l’atto di riassunzione e notifica dell’istanza di anticipazione di udienza e il pedissequo decreto, pur se vi era allegata la relata di notifica negativa per il decesso del procuratore costituito.

Non poteva essere ritenuto equipollente un atto da cui non risultava l’interruzione del giudizio nè il decesso del difensore, a cui del resto non era possibile che l’istanza si riferisse, visto che l’avv.Salanitro era morto dopo il deposito dell’istanza e poco prima della notifica tentata.

2.2. E’ opportuno procedere a una breve ricapitolazione dei fatti processualmente rilevanti, concordemente riferiti nella loro oggettività dalle parti e comunque verificabili ex officio da questa Corte quale giudice del fatto processuale.

In data 22/5/2011 gli appellanti N. e V. rivolsero al Presidente della Corte di appello di Catania istanza di anticipazione di udienza rispetto alla data fissata per il 3/7/2015; in data 13/6/2011 il Presidente della Corte accolse l’istanza anticipando l’udienza al 5/4/2013; in data 22/10/2011 venne a mancare il difensore della Banca, avv.prof. Salanitro Nicolò.

In data 29/10/2011 gli appellanti tentarono di eseguire la notifica dell’istanza di anticipazione di udienza e pedissequo decreto allo studio del difensore e procuratore della Banca, ricevendo l’atto in restituzione con l’annotazione “deceduto da giorni”.

In data 15/11/2011 gli appellanti notificarono alla Banca presso la sua sede l’istanza di anticipazione di udienza e pedissequo decreto presidenziale e copia della relata di notifica negativa a causa del decesso dell’avv. Salanitro Nicolò: atto questo della cui reale valenza ed efficacia si discute in questa sede.

Si svolse quindi l’udienza anticipata del 5/4/2013 a cui intervenne il difensore degli appellanti chiedendo la prosecuzione della causa poichè la data di anticipazione di udienza era stata notificata alla Banca unitamente alla relata da cui risultava il decesso dell’avv. Salanitro Nicolò, di modo che la Banca aveva avuto tutto il tempo per nominare un nuovo difensore; comparve pure l’avvocato Biagio Tinghino dello studio Salanitro, dichiarando a verbale l’avvenuto decesso del difensore della Banca in data 22/10/2011.

La Corte dichiarò interrotto il processo.

Il 17/4/2013 gli appellanti depositarono ricorso per riassunzione; veniva fissata udienza al 7/2/2014 e a tale udienza venne chiesto e concesso nuovo termine per la notifica.

Nel frattempo in data 19/3/2014 si costituirono per la Banca i nuovi difensori avvocati Aurelio Mirone e Ugo Antonino Salanitro eccependo l’intervenuta estinzione del processo per tradiva riassunzione, essendo decorsi oltre sei mesi dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo che risaliva al 29/10/2011, rispetto alla quale l’istanza proposta il 17/4/2013 appariva tardiva.

2.2. Ai sensi dell’art. 301 c.p.c. in caso di decesso del procuratore, a mezzo del quale la parte è costituita, il processo è interrotto automaticamente per effetto della morte del difensore.

Non rileva, cioè la dichiarazione dell’evento in udienza o la notificazione all’altra parte, previste dall’art. 300 c.p.c. per il caso diverso della morte o della perdita della parte costituita.

La ratio evidente dell’istituto mira a proteggere la parte colpita dall’evento interruttivo dal pregiudizio processuale che le può arrecare l’assenza del difensore, mentre nel diverso caso della morte o perdita di capacità della parte costituita la legge attribuisce al difensore la facoltà di valutare tempi e modi di segnalazione processuale dell’evento.

La morte, nel corso del giudizio, dell’unico difensore della parte costituita, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata (Sez.3, 13/02/2019, n. 4159; Sez.6-3, 12/11/2018, n. 28846; Sez.6-3, 08/09/2017 n. 21002; Sez. 1 24/05/2016, n. 10722; Sez. 3, 08/04/2016, n. 6838).

Il processo si è quindi interrotto il 22/10/2011 al momento del decesso del difensore e non già il 5/4/2013, quando, a fronte della informale comparizione dell’avv.Biagio Tinghino, privo di ogni potere di rappresentanza, la Corte di appello, ricevuta l’informazione, dichiarò l’interruzione.

2.3. Proprio perchè dal 22/11/2011 il processo era interrotto, ben poteva la parte non colpita dall’evento interruttivo curarne la riassunzione senza attendere una pronuncia, meramente dichiarativa, del Giudice (in concreto resa il 5/4/2013).

L’art. 305 c.p.c., come inciso dalle pronunce della Corte Costituzionale n. 139 del 15/12/1967 e n. 159 del 6/7/1971 onerava le parti di provvedere al proseguimento o alla riassunzione del processo interrotto nel termine di sei mesi (ora tre mesi per i processi instaurati successivamente al 4/7/2009) dalla data della legale conoscenza dell’interruzione.

Con la prima sentenza è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c. per la parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione e la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente art. 301; con la seconda ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c. nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi dell’art. 299 dello stesso codice decorre dall’interruzione anzichè dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza e ha dichiarato inoltre l’illegittimità costituzionale del detto art. 305 nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi del precedente art. 300, comma 3, decorre dall’interruzione anzichè dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.

Di qui è scaturito il dibattito tra le parti sul momento della legale conoscenza in capo agli appellanti N.- V. della morte del difensore avversario, collocata da parte della Banca al momento del ricevimento della relata di mancata notifica per il decesso dell’avv. Salanitro Nicolò (29/10/2011) e dagli appellanti al momento della dichiarazione dell’avv.Tinghino e del provvedimento della Corte (5/4/2013): dibattito superato dalla Corte territoriale scorgendo già nella notifica dell’istanza e del provvedimento di anticipazione di udienza, accompagnate dalla relata di notifica mancata per morte del difensore domiciliatario alla parte personalmente, un valido atto di riassunzione del processo, già in quel momento (15/11/2011) e quindi del tutto tempestivo.

2.4. Ai sensi dell’art. 303 c.p.c., se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’art. 302 (ad opera della parte colpita dall’evento interruttivo), l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo; solo in caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto; se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza fissata, si procede in sua contumacia.

Il ricorso per riassunzione del processo interrotto per la morte di una delle parti deve contenere, ai sensi dell’art. 303 c.p.c., comma 2, gli “estremi della domanda”, per esigenze di conoscenza da parte degli eredi, e ciò a differenza dell’ipotesi in cui l’evento interruttivo riguardi il procuratore (Sez. 2, 24/03/2004, n. 5895).

2.5. Nel processo civile vige il principio fondamentale della libertà delle forme, per cui gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo.

Ai sensi dell’art. 156 c.p.c., che detta le regole di rilevanza delle nullità processuali non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge salvo il caso in cui l’atto manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.

La nullità comunque non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.

In virtù del generale principio del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156 c.p.c., comma 3, l’atto di riassunzione, volto alla prosecuzione di un procedimento già invalidamente instaurato, può dar vita ad un nuovo e rituale rapporto processuale, ove presenti i necessari requisiti che lo rendano oggettivamente idoneo al perseguimento di tale scopo (Sez.2, 17/03/2016, n. 5319).

L’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento ma espleta esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente. Pertanto, ai fini della sua validità, direttamente controllabile in sede di legittimità, il giudice di merito deve apprezzare l’intero contenuto dell’atto stesso, come notificato alla controparte, onde verificarne la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo.

La nullità dell’atto di riassunzione, infatti, non deriva dalla mera mancanza di uno o più dei requisiti di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., bensì dall’impossibilità del raggiungimento dello scopo per effetto della mancanza di elementi essenziali quali: il riferimento esplicito alla precedente fase processuale; l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta; le ragioni della cessazione della pendenza della causa stessa; il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione; la manifesta volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo (Sez. 1, 09/05/2018, n. 11193; Sez. 1, 31/01/2017, n. 2491; Sez.2, 25/03/2013, n. 7464; Sez. 2, 21/07/2004, n. 13597).

2.6. La Corte territoriale ha ravvisato l’equivalenza funzionale dell’atto notificato il 15/11/2011 a soddisfare i requisiti di un valido atto di riassunzione, idoneo a riattivare il corso del processo e a porre in condizione la parte colpita dall’evento interruttivo di essere informata della morte del proprio procuratore ed esercitare i propri diritti di difesa.

L’atto notificato dava notizia del decesso del difensore attraverso l’allegazione della relata di mancata notifica, comunque mettendo in condizione la Banca, se già non ne aveva avuto conoscenza aliunde, di verificare la circostanza: cosa che peraltro ha fatto, perchè, altrimenti, non si spiega in forza di quali informazioni possa essere comparso all’udienza del 5/4/2013 (la cui fissazione era stata notificata alla Banca appellata personalmente) l’avv. Biagio Tinghino a comunicare alla Corte la morte dell’avv. Salanitro Nicolò.

L’atto inoltre conteneva il riferimento alla precedente fase processuale, l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta, il provvedimento del giudice che legittimava l’ulteriore corso del processo e l’obiettiva manifestazione di volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo.

E’ pur vero che il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza era stato emanato prima del decesso dell’avv. Salanitro Nicolò e non aveva quindi lo scopo di consentire la riassunzione, ma nel mutato contesto poteva adeguatamente assolvere la stessa funzione di individuare l’udienza per la ripresa del processo, tanto più che il termine dilatorio era, ancora più che congruo, pletorico (oltre 16 mesi).

La Banca ha così ricevuto un atto che soddisfaceva i requisiti dell’art. 303 c.p.c. ed era idoneo a conseguire lo scopo della riattivazione del processo.

3. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

Non sussistono i presupposti per la richiesta condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., o piuttosto, ratione temporis, art. 385 c.p.c., poichè tale istituto presuppone che la parte abbia agito in giudizio con dolo o colpa grave e non la mera infondatezza, come in questo caso, della sua azione processuale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate nella somma di Euro 5.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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