Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6191 del 10/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.10/03/2017),  n. 6191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1039-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RATTI SRL;

– intimato –

RATTI SRL, in persona del legale rappresntante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA 57, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE RUSSO CORVACE, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GIANCARLO ZOPPINI, GIUSEPPE

PIZZONIA giusta delega a margine;

– controricorso e ricorso incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 309/2010 della COMM.TRIB.REG. DELLE MARCHE,

depositata l’11/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato RUSSO CORVACE che ha chiesto

il rigetto del ricorso principale, accoglimento incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo del

ricorso incidentale, inammissibile o assorbito il ricorso

principale, rigetto altri motivi del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate ha notificato alla Ratti s.r.l., esercente commercio di articoli di abbigliamento su cinque punti vendita in (OMISSIS), sulla base di una verifica conclusasi con processo verbale di constatazione, avviso di accertamento con cui è stato rettificato il reddito per l’anno di imposta 2004, con maggiori IRPEG, IRAP e IVA oltre sanzioni.

La parte contribuente ha impugnato l’atto e la commissione tributaria provinciale di Pesaro, confermata una ripresa a tassazione e solo parzialmente altra ripresa, ha accolto il ricorso per le ulteriori riprese, annullandole.

L’Agenzia ha impugnato la sentenza innanzi alla commissione tributaria regionale delle Marche in Ancona, proponendo la contribuente appello incidentale. Avverso la” decisione di rigetto degli appelli principale e incidentale l’Agenzia ricorre per cassazione su quattro motivi, cui la Ratti s.r.l. resiste con controricorso contenente ricorso incidentale su quattro motivi, illustrato da memoria con cui invoca, tra l’altro, l’applicazione del regime sanzionatorio più favorevole disposto dal D.Lgs. n. 158 del 2015.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente si dà atto che è stata autorizzata la redazione della sentenza in forma semplificata ai sensi del decreto del primo presidente del 14 settembre. 2016.

2. – Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) per avere erroneamente la commissione regionale ritenuto “violato il meccanismo delle presunzioni” gravi, precise e concordanti negli elementi utilizzati dall’ufficio per ricostruire i margini di ricarico, “contraddetto dalla documentazione cartacea… di provenienza della Ratti s.r.l.”. Con il secondo motivo di ricorso, poi, la ricorrente deduce insufficiente o contraddittoria motivazione circa i fatti relativi al ricalcolo del ricarico per il 2004 nell’avviso di accertamento, che la CTR ha ritenuto effettuato con riferimento alle percentuali rilevate per il 2007, al lordo dell’IVA e senza tener conto degli sconti, ed invece utilizzate – secondo l’Agenzia – solo per far emergere l’inattendibilità di quanto dichiarato per il 2004, nonchè al netto dell’IVA ed altresì tenendo conto degli sconti; nell’ambito del motivo, l’Agenzia denuncia altresì l’erroneità dell’iter logico seguito nella, motivazione predetta, laddove le operazioni di estrapolazione dal campione non avrebbero prodotto risultati attendibili, mentre vi sarebbe stata corretta tenuta delle scritture di magazzino; a fronte delle risultanze di causa per cui le operazioni di campionatura avevano seguito le regole tecniche, essendo assenti scritture di magazzino non figuranti tra gli atti esaminati.

3. Il secondo motivo, afferente la motivazione della sentenza impugnata, è fondato, essendo invece inammissibile il primo concernente la disciplina di legge applicata nell’ambito dell’iter valutativo stesso. Invero, nel ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerge la totale obliterazione degli elementi sopra accennati in ordine al rilievo dell’accertamento del ricarico del 2007, al ruolo dell’IVA e degli sconti, fondandosi la decisione su dati che potrebbero condurre anche a una diversa decisione. D’altro canto in sentenza è affermata la massima secondo cui “il dato che emerge in un dato (sic) anno non è enucleabile (sic) e quindi trasferibile ad altre annualità”, la quale non è sorretta da argomentazioni specifiche che la possano rendere accettabile rispetto alla massima di segno inverso ordinariamente utilizzata. Inoltre, dalla lettura del provvedimento si apprezza l’obiettiva carenza del procedimento probatorio che ha indotto la commissione regionale, sulla base degli elementi acquisiti, al convincimento in ordine all’esistenza di scritture di magazzino e all’inidoneità della campionatura per i soli fatti che gli accertamenti erano stati condotti presso alcuni punti vendita (affermazione rafforzata con rilievi, le cui fonti non sono esplicitate, relativi all’esistenza non meglio specificata di “errori di calcolo” e al fatto che la numerosità dei dipendenti escluderebbe una “attività evasiva”). Ne deriva che l’iter decisionale si palesa insufficiente, oltre che non indicante le fonti del convincimento, di tal che i fatti controversi relativi al ricalcolo del ricarico appaiono apprezzati in maniera insoddisfacente, potendo gli elementi di causa anche condurre ad una diversa decisione ciò che è segno dell’insufficienza motivazionale rilevata. Viceversa, l’iter decisionale della commissione di merito non si fonda su una regula iuris contrastante con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), di modo che il primo motivo appare non cogliere la ratio decisionale, pur connotata dall’insufficienza motivazionale anzidetta.

4. – Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce insufficiente o contraddittoria motivazione circa i fatti relativi alle prestazioni di catering, oggetto del rilievo in avviso di accertamento quali spese di rappresentanza. Con un quarto; subordinato motivo, la ricorrente deduce violazione di legge sostanziale in riferimento all’art. 108, comma 2 TUIR, quale risultante all’esito della L. n. 244 del 2007, nonchè del D.M. 19 novembre 2008 (disciplina qualificata dalla parte come ricognitiva) in ordine alle caratteristiche per qualificare spese come di rappresentanza (gratuità, finalità promozionali o di pubbliche relazioni, ragionevolezza e coerenza).

5. – Il terzo motivo è fondato, onde non deve esaminarsi il quarto in quanto dedotto in via subordinata. Al riguardo, va tenuto conto che la sentenza impugnata fornisce la seguente motivazione in ordine alle questioni sollevate in merito alla predetta ripresa: “deve essere confermato quanto statuito dai primi giudici in ordine al recupero operato nei confronti delle fatture emesse dal signor S.M., poichè il medesimo ha correttamente emesso le fatture di cui trattasi come consulente/lavoratore autonomo con applicazione di IVA al 20% e con applicazione della ritenuta d’acconto al 20%. Le fatture emesse da detto signore non possono rientrare tra le spese di rappresentanza”.

6. – Anche in tale ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla lettura della sentenza impugnata, emerge l’essere esso ancorato a dati, quali l’aliquota fiscale applicata e al sussistere di ritenuta d’acconto, nonchè alla qualità di lavoratore autonomo del prestatore, del tutto ininfluenti, secondo logica e i principi giuridici rilevanti, ai fini della qualificazione di un costo d’impresa. Tali dati – tenuto conto dell’elemento sostanziale dell’essere la prestazione, come indicato in atti, consistita in catering in occasione di eventi promozionali – ben potrebbero invero essere compatibili con una diversa decisione, ciò che porta a rilevare l’obiettiva carenza del procedimento motivazionale che ha indotto la commissione regionale, sulla base degli elementi acquisiti, al convincimento espresso, fondato su un “non sequitur”:

7. – Con il primo motivo dell’appello incidentale, la Ratti s.r.l. ha dedotto l’erroneità della decisione della commissione regionale, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 60 e dell’art. 358 c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto non essere stato consumato il diritto all’impugnazione per il fatto, che l’Agenzia aveva in primo tempo notificato un atto di appello non seguito da costituzione dell’appellante, avendo poi notificato nuovo atto seguito da costituzione. La decisione della commissione regionale, che ha rilevato come fosse rituale l’impugnazione per essere ancora pendente il relativo termine, va confermata con rigetto del motivo. Sul punto, diversamente da quanto dedotto dalla Ratti s.r.l. che patrocina una diversa interpretazione, va data continuità all’indirizzo di questa Corte (sez. 5, n. 11994 del 22/05/2006, e n. 16052 del 07/07/2010 e sez. 6 – 5, n. 11762 del 11/07/2012) secondo cui in tema di contenzioso tributario il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 60, riproducendo la formulazione letterale dell’art. 358 c.p.c., rende applicabile il principio in virtù del quale la consumazione dell’impugnazione, che ne preclude la riproposizione anche nell’ipotesi in cui non sia ancora scaduto il termine stabilito dalla legge, opera soltanto ove sia intervenuta una declaratoria d’inammissibilità, con la conseguenza che, fino a quando siffatta declaratoria non sia intervenuta, può essere proposto un nuovo atto di appello, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, purchè la seconda impugnazione risulti tempestiva, in rapporto al termine breve decorrente, in caso di mancata notificazione della sentenza, dalla data di proposizione del primo appello, che equivale alla conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante. Nel caso di specie, l’inammissibilità del primo appello – anche da quanto indica la Ratti s.r.l. – è stata dichiarata solo successivamente, essendo dunque ammissibile l’altro.

8. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la Ratti s.r.l. deduce errore nel procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. per non avere la commissione regionale pronunciato sull’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, nella parte riguardante i ricavi non contabilizzati, per non avere esso dato riscontro a memoria L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7 e deduzioni presentate dalla s.r.l. in fase di accertamento con adesione. La censura di omessa pronuncia sarebbe fondata, ma il motivo di ricorso – stante l’infondatezza del motivo di appello su cui è mancata la decisione – deve essere comunque ritenuto inammissibile, previa integrazione della motivazione della sentenza d’appello. Va al riguardo richiamato che, secondo la giurisprudenza di questa corte (v. sez. 1, n. 28663 del 27/12/2013), la mancanza di motivazione su questione di diritto (e non di fatto) deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta. Nel caso di specie, l’assunto giuridico sotteso all’eccezione della s.r.l. è smentito dalla giurisprudenza di questa corte (v. ad es. sez. 5, n. 3583 del 24/02/2016) secondo cui è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni presentate dal contribuente (nel caso di specie, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7) atteso che la nullità consegue solo alle irregolarità per cui essa sia espressamente prevista dalla legge, oppure, in difetto di previsione, allorchè ricorra una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di effetti da partè dell’atto cui ineriscono.

9. – Con il terzo motivo del ricorso incidentale la Ratti s.r.l. censura la sentenza impugnata per insufficienza della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella parte in cui la commissione regionale, condividendo la sentenza di quella provinciale, ha ritenuto “fornita la prova documentale dell’esistenza e della precisa quantificazione degli sconti limitatamente ai clienti T., P., B. e Br., con la conseguenza circa la conferma del recupero di Euro 14760,20 ai soli fini IRES”. Il presupposto fattuale oggetto del vizio viene individuato nella verifica della sussistenza di documentazione idonea ad attestare gli sconti ulteriori rispetto a quelli praticati a favore dei predetti clienti. Il motivo è inammissibile. In argomento rileva la corte che – a prescindere da ogni considerazione circa l’ammissibilità del motivo, in quanto essenzialmente riferito, più che a singoli fatti decisivi investiti dal dedotto vizio motivazionale, a una generale valutazione probatoria – sussiste inammissibilità anche e soprattutto in quanto la motivazione insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando siano evincibili carenze del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al convincimento, ma non già quando, invece, come nel caso di specie, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione, posto che il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non conferisce alla corte di cassazione il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo quello di controllare, sul piano della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza nonchè scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee. Nel caso in questione, attraverso il mezzo la parte propone un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, con invocata revisione delle valutazioni e dei convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto, non concessa perchè estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità.

10. – Con il quarto motivo del ricorso incidentale la contribuente deduce vizio di contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 10, n. 5 nella parte in cui la sentenza impugnata ha confermato il recupero a tassazione degli sconti passivi nei confronti dei clienti F. e O., ha invece condiviso la illegittimità del recupero nei confronti dei predetti clienti T. e altri; ciò in relazione al fatto che le posizioni dei clienti destinatari di sconti erano sorrette da analoga documentazione. Anche tale motivo è inammissibile, in quanto la dedotta contraddizione non sussiste nella motivazione della sentenza (invero il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata), bensì – nella tesi della contribuente – all’interno della valutazione probatoria di merito, insindacabile in cassazione ove sorretta – come nel caso di specie – da sufficiente motivazione.

11. – Con la memoria depositata ex art. 378 c.p.c., la parte contribuente ha invocato l’applicazione del regime sanzionatorio più favorevole, in ragione dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015. Alla richiesta non deve darsi seguito in questa sede di legittimità, essendo il merito della controversia da esaminarsi da parte del giudice del rinvio, cui la parte potrà sottoporre la questione.

12. – In definitiva, va accolto il ricorso principale nel secondo e terzo motivo, assorbito il quarto, mentre va rigettato il primo motivo del ricorso incidentale, essendo inammissibili il primo motivo del ricorso principale e il secondo, terzo e quarto di quello incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al giudice del merito anche per le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quarto; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale; dichiara inammissibili i residui motivi dei ricorsi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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