Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6190 del 10/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.10/03/2017),  n. 6190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28513-2011 proposto da:

CORPORATION MOTOR SUD SRL, in persona dell’Amm.re Unico e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.

MARTINI 14, presso lo studio dell’avvocato MARZIA PAOLELLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO LOCONTE giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI NAPOLI in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 323/2010 della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA,

depositata il 18/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato LOCONTE che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate ha notificato alla Corporation Motor Sud s.r.l., esercente commercio di autoveicoli, sulla base di una verifica conclusasi con processo verbale di constatazione, avviso di accertamento con cui è stato rettificato il reddito per l’anno di imposta 2003, con maggiori IRPEG, IRAP e IVA oltre sanzioni.

La parte contribuente ha impugnato l’atto e la commissione tributaria provinciale di Napoli ha accolto il ricorso.

L’Agenzia ha impugnato la sentenza innanzi alla commissione tributaria regionale della Campania in Napoli, avverso la cui decisione di parziale accoglimento dell’appello la contribuente ricorre per cassazione su quattro motivi, illustrati da memoria, cui l’agenzia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente si dà atto che è stata autorizzata la redazione della sentenza in forma semplificata ai sensi del decreto del primo presidente del 14 settembre 2016.

2. – Il primo motivo di ricorso si articola, in effetti, in due censure costituenti separati motivi. Coh la prima articolazione di detto motivo di ricorso, la ricorrente ha dedotto insufficiente e illogica motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche in relazione alle norme del D.Lgs. n. 546 del 1992 in tema di motivazione della sentenza. In particolare, come precisato in memoria, si censura la motivazione come non intelligibile nella parte in cui riduce dal 15,50% al 8% la percentuale di ricarico sui ricambi auto, mentre assume come congrua la percentuale del 12% sulla rivendita di autoveicoli usati.

3. Detta articolazione del primo motivo è strettamente connessa con il quarto motivo, per cui tali motivi possono essere esaminati congiuntamente. Infatti, con detto quarto motivo la ricorrente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 nonchè dell’art. 2697 c.c. per assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti negli elementi utilizzati dall’ufficio per ricostruire i margini di ricarico; nel contempo, deduce il sostanziale utilizzo del metodo induttivo di cui al comma 2, nonostante la formale citazione del richiamato art. 39, comma 1 con erronea formazione della campionatura di soli 7 pezzi su oltre 6000 presenti in magazzino e senza considerare le strategie di marketing con sopravvalutazione nell’acquisto dell’usato onde sostenere la vendita dei veicoli nuovi.

4. – Le due censure, volte ad attingere – dal punto di vista rispettivamente motivazionale e probatorio – un unitario convincimento espresso dai primi giudici, sono inammissibili. Da un primo punto di vista, omettendo di trascrivere idoneamente nel ricorso le parti rilevanti dell’avviso di accertamento, la parte ricorrente non consente l’esame da parte della corte circa i profili probatori sollevati, onde il quarto motivo difetta di autosufficienza. A ciò si ricollega il connesso rilievo di difetto di autosufficienza – per cui, in ordine al primo motivo, non sono con chiarezza indicati gli elementi di presunta inintelligibilità della motivazione: secondo un fermo orientamento di questa corte, la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione, posto che il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non conferisce alla corte di cassazione il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo quello di controllare, sul piano della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza nonchè scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee. Inoltre la riforma del giudizio di cassazione operata con la L. n. 40 del 2006 ha sostituito, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il concetto di “punto decisivo della controversia” con quello di “fatto controverso e decisivo”, per cui il motivo di ricorso con il quale si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale fa motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche, secondo parte della dottrina e giurisprudenza, un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo. Invece parte ricorrente, lungi dal denunciare una totale obliterazione di fatti decisivi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero una manifesta illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune od ancora un difetto di coerenza tra le ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, si limita a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dalla parte, proponendò un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti (in ordine, in particolare, alte percentuali di ricarico, a fronte peraltro di differenziazioni merceologiche). I motivi in esame, congiuntamente considerati, si traducono dunque nell’invocata revisione delle valutazioni e dei convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto, non concessa perchè estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità.

5. – Con una seconda articolazione del primo motivo, graficamente non separata dalla prima, ma giuridicamente e logicamente autonoma, alla p. 18 del ricorso la parte ricorrente fa valere come sintomatica di un (diverso) vizio motivazionale l’inserzione, nello svolgimento del processo che è parte della sentenza impugnata, di una espressione (“L’Ufficio,”) lasciata incompleta, ciò che avrebbe “reso la sentenza inidonea a individuare gli elementi di fatto considerati” e a “far comprendere le ragioni del convincimento del giudice”.

6. – Il motivo è infondato. Invero – tralasciando di considerare se la doglianza debbasi intendere articolata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 o n. 5 – deve affermarsi che lo spazio lasciato in bianco nella sentenza impugnata, come in attesa di un completamento testuale poi non effettuato, concerne lo svolgimento del processo, circostanza questa che – alla luce delle concrete modalità redazionali della motivazione in senso stretto – risulta del tutto ininfluente per la leggibilità di quest’ultima parte del testo e l’apprezzamento della logica che la permea. Nè, del resto, la parte ricorrente va oltre la mera asserzione di incomprensibilità del testo, nè ancora tale soggettiva valutazione a elementi concreti in ordine ai passaggi motivazionali logicamente ritenuti necessari e; invece, non percepibili per derivazione da detto difetto testuale.

7. – Con il secondo motivo, si deduce violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto soddisfatto l’onere probatorio a carico dell’ufficio nonostante che l’avviso di accertamento facesse riferimento a processo verbale di constatazione non allegato all’atto impositivo. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Invero, omettendo di trascrivere idoneamente in ricorso le rilevanti parti dell’avviso di accertamento (riportato solo in alcune frasi passim, peraltro nel contesto di una sintesi alle pp. 4 e 5 del ricorso introdotta dall’espressione “in forza dei rilievi contenuti nel p.v.c.”), la ricorrente non ha reso possibile – a fronte delle deduzioni dell’agenzia secondo cui le risultanze, del processo verbale erano riprodotte nell’atto impositivo – verificare tale dato, essenziale ai fini dell’esame da parte della corte; resta assorbito l’esame della questione relativa al se la questione fosse stata idoneamente sottoposta ed esaminata dai giudici di primo grado e di appello.

8. – Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1, lett. d) per avere la sentenza impugnata affermato la legittimità dell’avviso pur se fondato su detta norma che, avendo carattere transitorio, non sarebbe applicabile dopo l’emanazione degli studi di settore in data 31.12.1996.

9. – Tale motivo è fondato. La sentenza di secondo grado impugnata (v. p. 30 del ricorso) richiama espressamente la disposizione di cui al D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1, lett. d) come regolatrice della fattispecie, a fronte dell’affermazione da parte della sentenza di primo grado, per come trascritta in ricorso (p. 30), secondo ali la norma in questione sarebbe stata efficace solo fino all’emanazione degli studi di settore, e della difesa della, stessa amministrazione, in controricorso (p. 9), secondo cui la fattispecie sarebbe autonomamente retta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1.

10. – In tale situazione, si palesa evidente la erronea applicazione della disposizione indicata, siccome fatta al di fuori dell’ambito temporale di riferimento. Ne deriva che la sentenza impugnata va cassata in ordine al terzo motivo – provvedendosi sugli altri come innanzi – dovendosi rinviare la causa per nuovo esame alla commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, che applicherà – verificato il substrato fattuale della controversia quale risultante dagli atti – il principio di diritto in tema di prova ratione temporis valevole, regolando altresì le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La corte accoglie il terzo motivo, rigetta il primo motivo nella seconda articolazione, dichiara inammissibili gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla commissione tributaria regionale della Campania in Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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