Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6190 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 05/03/2021), n.6190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23356/2016 proposto da:

NUOVADATA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PANZARANI, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati FEDERICO PERGAMI, CRISTINA

POTOTSCHNIG;

– ricorrente –

contro

BROTHER ITALIA SPA, S.N.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 983/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Brother Italia spa conveniva in giudizio Nuovadata Srl, chiedendo in via principale, di accertare e dichiarare l’annullamento del contratto sottoscritto tra le parti ex art. 1439 c.c., di accertare e dichiarare la legittimità dell’azione nella ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2033 c.c., con condanna della convenuta a restituire all’attrice l’importo di Euro 730.358,91 e, in via subordinata, l’accertamento della dichiarazione di arricchimento senza causa della convenuta ai danni dell’attrice con condanna della stessa alla restituzione della medesima somma richiesta in via principale.

Si costituiva Nuovadata srl eccependo preliminarmente l’incompetenza territoriale del Tribunale adito, contestando la prospettazione attorea e formulando in via riconvenzionale la richiesta di pagamento dei crediti maturati e scaduti sia in relazione alla fattura regolarmente emessa n. 2695 del 19 giugno 2005 sia in relazione ai premi contrattualmente previsti oltre ad ulteriori bonus determinati sulla percentuale del fatturato previsto e documentalmente raggiunto.

2. Il Tribunale di Milano rigettava l’eccezione di incompetenza territoriale e dichiarava l’annullamento del contratto intercorso tra le parti nel 2005 e rigettava la domanda riconvenzionale, condannando Nuovadata Srl al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 243.334,22 oltre interessi, nonchè al pagamento delle spese di lite e della consulenza tecnica d’ufficio.

3. Nuovadata Srl proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

4. La Corte d’Appello di Milano rigettava integralmente l’appello.

Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d’Appello rigettava il primo motivo di appello relativo all’incompetenza per territorio del Tribunale di Milano a favore di quello di Firenze che secondo l’appellante doveva prevalere ai sensi dell’art. 19 c.p.c., e ai sensi dell’art. 20 c.p.c..

Secondo la Corte d’Appello, nell’ipotesi in cui l’obbligazione dedotta in giudizio avesse per oggetto, come nel caso in esame, una somma di denaro, l’art. 20 c.p.c., doveva essere interpretato in combinato disposto con l’art. 1182 c.c., comma 3, secondo cui l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del creditore. Il criterio indicato trovava applicazione con riferimento a qualsiasi obbligazione di pagamento in denaro e, quindi, anche in relazione alle obbligazioni di restituzione di ciò che era stato indebitamente pagato.

In proposito la Corte d’Appello richiamava anche la sentenza di legittimità che aveva riconosciuto la possibilità di fare applicazione dell’art. 1182 c.c., comma 3, anche nel caso di somma determinata o determinabile mediante un mero calcolo aritmetico. In tal modo era irrilevante se per la determinazione dell’importo fosse o meno necessaria un’indagine anche complessa.

La Corte d’Appello di Milano rigettava i restanti motivi di impugnazione. In sintesi, riteneva non ricorrere la violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 4, dovendosi condividere quanto rilevato dal primo giudice sul contenuto della citazione e sui fatti allegati dall’attrice. Quanto all’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 1439 c.c., il motivo doveva ritenersi infondato in applicazione della giurisprudenza della corte di cassazione secondo cui il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da una parte abbiamo determinato la volontà di contrarre dell’altra, ingenerando una rappresentazione alterata della realtà che abbia provocato un errore nel meccanismo volitivo, ai sensi dell’art. 1429 c.c..

Nella specie dagli atti del processo e dalle testimonianze assunte emergevano univocamente elementi qualificanti l’annullamento ex art. 1439 c.c..

La Corte d’Appello citava le dichiarazioni di alcuni testimoni ed evidenziava che era stata ammessa la contraffazione nel documento di aggiudicazione della cifra di Euro 40.401 sostituita con quella di Euro 2.040.401,00 che quando era ammessa tale circostanza vi era stata una riunione nella quale i rappresentanti di Nuovadata avevano giustificato il proprio operato affermando di aver agito in buona fede e manifestando la disponibilità a risarcire l’eventuale danno, mentre non vi era alcuna prova circa l’esistenza di un accordo tra le parti teso a sovrastimare il contratto. In particolare, non era idonea a provare tale circostanza la testimonianza resa da F.S. direttore commerciale di Brother spa.

La Corte d’Appello rigettava anche il motivo di appello relativo alla violazione dell’art. 2033 c.c.. Secondo la stessa prospettazione dell’appellante, la controparte, attrice in primo grado, aveva dedotto nell’atto di citazione il pagamento, sotto forma di sconto, avvenuto a seguito di vizio del consenso determinato dall’inganno di Nuovadata sulla consistenza dell’appalto ottenuto dal consorzio. Tale prospettazione di fatto poneva a carico di Nuovadata l’onere di provare l’avvenuto adempimento del contratto come previsto dalle parti o di provare che lo sconto praticato era stato riconosciuto per un valido titolo giustificativo. Spettava dunque a Nuovadata fornire la prova e tale prova non era stata fornita. Restava così assorbito il motivo relativo alla violazione dell’art. 2041 c.c..

Con riferimento alla quantificazione dell’importo dovuto all’attrice la Corte richiamava l’analisi del consulente tecnico d’ufficio svolta in modo preciso e puntuale (in particolare le pagine 19 e 20) dove si precisava che, ai fini della determinazione dello sconto, il consulente aveva richiesto e ottenuto tutta la documentazione contabile necessaria all’indagine. E dopo aver verificato la corrispondenza dei quantitativi ordinati aveva determinato lo sconto applicato quantificandolo in Euro 243.334,22. Tale metodologia di indagine non era validamente posta in dubbio dall’appellante. La domanda riconvenzionale proposta da Nuovadata Srl era fondata solo sulla produzione di una fattura che per la sua formazione unilaterale non era sufficiente a provare la pretesa. Infatti la fattura commerciale, a fronte della contestazione della controparte, anche in presenza di un rapporto già formato tra le parti, ha natura di atto partecipativo e non di prova documentale, e costituisce un mero indizio circa l’esistenza del credito in essa riportato di tal che, di fronte alla sua contestazione, incombe sull’emittente l’onere di provare l’esatto ammontare del proprio credito.

Con riferimento alla richiesta di pagamento del bonus relativo all’anno 2007-2008 la Corte condivideva la puntuale disamina del Tribunale che valutati i termini contrattuali intercorsi tra le parti aveva escluso che nell’anno in questione la società Nuovadata avesse raggiunto il fatturato concordato e avesse provato la circostanza che gli ordini inevasi erano stati illegittimamente bloccati dalla controparte. Mentre per quanto riguardava i premi per gli anni 2007 e 2008 non vi era prova dell’accordo tra le parti.

5. Nuovadata Srl ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.

6. Brother d’Italia S.p.A. ha resistito con controricorso

7. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità

dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 20 c.p.c., e dell’art. 1182 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, competenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del Tribunale di Firenze.

A parere della ricorrente doveva innanzitutto trovare applicazione l’art. 19 c.p.c. che individua quale foro generale delle persone giuridiche quello del giudice del luogo in cui la convenuta ha sede e, in secondo luogo, doveva trovare applicazione l’art. 20 c.p.c., secondo cui le cause relative a diritti di obbligazione sono di competenza del giudice del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve eseguirsi. Pertanto, anche qualora si volesse individuare la competenza non già nell’azione del contestato indebito ma nel sottostante contratto di fornitura, essendosi l’accordo tra le parti perfezionato presso la sede della convenuta, luogo dove era avvenuta l’accettazione della proposta di Brother, anche in base al criterio del forum contractus la competenza sarebbe del Tribunale di Firenze. Infine, anche in relazione al foro di pagamento, il criterio di cui all’art. 1182 c.c., comma 3, non potrebbe trovare applicazione rispetto all’obbligazione di restituzione di quanto pagato indebitamente, quando l’obbligazione discenda da un rapporto oggetto di contestazione del credito e, dunque, allo stato debba considerarsi illiquida.

Tale era il caso di specie nel quale non poteva trovare applicazione l’art. 1182 c.c., comma 3, muovendo il credito da una sola prospettazione della parte ed essendoci contestazione sul credito medesimo che, peraltro, non era affatto liquido, come dimostrato dalla necessità di una consulenza e dalla riduzione della somma rispetto a quella richiesta dall’attrice.

Non vi era alcuna possibilità di applicare un mero calcolo matematico per la determinazione della misura del credito dato che si era espletata una consulenza tecnica durata oltre un anno caratterizzatasi per la sua oggettiva complessità, tanto da rendersi necessaria la chiamata del consulente a chiarimenti. Senza considerare la dirimente circostanza che oggetto della consulenza era anche la determinazione dello sconto applicato e, quindi, doveva farsi riferimento ad una fonte convenzionale quale presupposto per l’applicazione dell’art. 1182 c.p.c., comma 3.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione falsa applicazione dell’art. 1182 c.c..

La censura, formulata con riferimento alla violazione dell’art. 1182 c.c., è ripetitiva di quella esposta con il primo motivo relativa al rigetto dell’eccezione di competenza territoriale.

2.1 Il primo e il secondo motivo, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

In tema di competenza per territorio derogabile, quando l’azione di ripetizione di indebito viene esercitata, postulandosi la richiesta di accertamento dell’inesistenza oggettiva o soggettiva del rapporto obbligatorio, in esecuzione del quale venne eseguita la prestazione di cui si chiede la restituzione, poichè l’oggetto della domanda è complesso – inerendo in primo luogo all’accertamento di detta inesistenza e soltanto consequenzialmente all’accertamento della esistenza dell’obbligazione restitutoria e alla condanna alla prestazione di restituzione – l’applicazione dei fori concorrenti di cui all’art. 20 c.p.c., cioè del foro dell’insorgenza dell’obbligazione e del forum destinatae solutionis e, quindi, delle norme sostanziali che a tale fine vengono in rilievo (come l’art. 1182 c.c., per il luogo di adempimento dell’obbligazione), va fatta riferendosi non all’obbligazione di restituzione dell’indebito in quanto tale, bensì all’obbligazione in esecuzione della quale venne eseguita la prestazione indebita e, pertanto, il foro dell’insorgenza è quello in cui sorse il rapporto obbligatorio, la cui inesistenza oggettiva o soggettiva si chiede di accertare, mentre il foro dell’adempimento è quello in cui avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione che si assume indebita in quanto eseguita in esecuzione di quel rapporto. Soltanto allorquando la domanda di ripetizione si basi su un giudicato già formatosi sull’inesistenza oggettiva o soggettiva del rapporto obbligatorio, in esecuzione del quale venne eseguita la prestazione, ovvero su un negozio “inter partes”, che abbia accertato tale inesistenza e la cui validità non venga prospettata come contestata, l’applicazione dell’art. 20 c.p.c., e delle norme sostanziali che esso presuppone va fatta con riferimento all’obbligazione di restituzione, onde il forum contractus (cioè il luogo di insorgenza di tale obbligazione) è, nel primo caso, quello del luogo di esecuzione del pagamento indebito e, nel secondo caso, quello della conclusione del negozio, mentre il forum destinatae solutionis è quello del creditore della prestazione indebita, ai sensi dell’art. 1182 c.c., comma 3, per il caso che la somma indebita sia stata determinata dal giudicato o dal negozio, e quello del debitore, ai sensi del comma 4 dello stesso articolo, ove tale determinazione sia mancata (Sez. 3, Sent. n. 453 del 2007).

Nel caso di specie la Brother aveva chiesto l’annullamento per dolo del contratto posto in essere con la Novadata, sicchè sulla base del criterio del forum contractus ovvero di insorgenza dell’obbligazione la cui inesistenza oggettiva o soggettiva si chiede di accertare, la competenza è del Tribunale di Firenze senza che possa trovare applicazione il forum destinatae solutionis in applicazione dell’art. 1823 c.c., comma 3.

In altri termini deve ribadirsi che: “In tema di competenza per territorio, il criterio di cui all’art. 1182 c.c., comma 3, non trova applicazione rispetto all’obbligazione di restituzione di ciò che sia stato pagato indebitamente, quando la stessa discenda da una contestazione relativamente al rapporto cui è collegata e il relativo credito sia, pertanto, allo stato, illiquido” (Sez. 1, Ord. n. 8203 del 2007).

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: falsa applicazione dell’art. 1439 c.c..

La società ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello in relazione alla ritenuta sussistenza del dolo quale causa di annullamento del contratto. Nella specie dunque doveva trovare applicazione l’art. 1440 c.c., e non l’art. 1439 c.c., con eventuale richiesta di risarcimento del danno. Infatti, discutendosi della possibilità di applicare uno sconto sul prezzo del prodotto si trattava al più di un dolo incidente e non determinante la conclusione del contratto.

3.1 Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento dei primi due.

4. La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo, e cassa la sentenza della Corte d’Appello di Milano con rinvio al Tribunale di Firenze competente ratione loci. Infatti, allorchè sia il giudice di primo che quello di secondo grado abbiano erroneamente ritenuto sussistere la propria competenza per territorio, della quale invece erano privi, alla cassazione della sentenza d’appello deve seguire l’indicazione da parte di questa Corte del giudice competente in primo grado, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., dinanzi al quale sarà onere della parte più diligente riassumere il giudizio, ai sensi dell’art. 50 c.p.c. (come già ritenuto da Sez. 3, Ord. n. 22810 del 2018, che rinvia all’ampia motivazione della sentenza Sez. 1, n. 10566 del 2003, e come ribadito da Sez. 3, Sent. n. 22958 del 2010).

5. Poichè il presente giudizio si è concluso con la cassazione della sentenza impugnata per violazione delle regole sulla competenza, spetta a questa Corte liquidare le spese dei gradi di merito oltre che quelle del giudizio di legittimità, così come stabilito dall’art. 385 c.p.c., comma 2.

Tali spese seguono la soccombenza, e vanno liquidate avuto riguardo al petitum, come segue: per il primo grado di giudizio, nella misura di Euro 3.000; per il grado di appello, nella misura di Euro 5.000 e per il presente giudizio in Euro 5.000 di cui Euro 200 per esborsi.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza della Corte d’Appello di Milano con rinvio a Tribunale di Firenze competente ratione loci e condanna la controricorrente Brother Italia spa al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 3000 di cui 200 per esborsi per il primo grado, in Euro 5000 di cui 200 per esborsi per il grado di appello e in Euro 5000 di cui 200 per esborsi per il giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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