Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 619 del 15/01/2021

Cassazione civile sez. un., 15/01/2021, (ud. 01/12/2020, dep. 15/01/2021), n.619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5039/2020 proposto da:

D.C.C., D.F.M.D., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA MINCIO 2, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MARSICO,

rappresentati e difesi dagli avvocati ALESSANDRA STASI, e FEDERICA

CAROPRESE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in

persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrenti –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

6238/2019 del TRIBUNALE di FOGGIA.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/12/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STEFANO VISONA’, il quale conclude per il dichiararsi la

giurisdizione del giudice tributario.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.C.C. e D.F.M.D. hanno impugnato innanzi al Tribunale di Foggia l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), loro notificato in qualità di ex soci della Ser. Service s.r.l. società cancellata dal registro delle imprese in data 15.2.2015, relativo alla ripresa a tassazione di IRAP e IVA per l’anno 2013, al quale era seguita la notifica da parte dell’agente della riscossione degli avvisi di presa in carico degli importi corrispondenti ad un terzo del maggior reddito accertato. Gli attori chiedevano che fosse accertata l’inesistenza o illegittimità della pretesa creditoria relativa all’accertamento, deducendo che ai fini della validità dell’avviso era necessario che lo stesso fosse notificato alla società, alla stregua di quanto previsto dal D.Lgs. n. 174 del 2014, art. 28, comma 4. Evidenziavano, inoltre, di non avere percepito alcuna somma in sede di bilancio finale di liquidazione, con la conseguenza che nessun credito verso la società poteva essere azionato nei loro confronti.

L’Agenzia delle entrate ed Ader, Agenzia delle entrate Riscossione, hanno prospettato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice tributario.

D.C.C. e D.F.M.D. hanno proposto innanzi a queste Sezioni Unite ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione affinchè venga individuato il plesso giurisdizionale al quale appartiene la controversia, sostenendo che la giurisdizione andrebbe individuata nel giudice ordinario.

L’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate Riscossione, costituitesi, hanno chiesto che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice tributario.

Le ricorrenti hanno depositato memoria.

Il Procuratore Generale ha concluso nel senso che la giurisdizione appartiene al giudice tributario.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Premesso che il regolamento preventivo di giurisdizione è ammissibile non essendo intervenuta una decisione di merito (art. 41 c.p.c.), è noto che la giurisdizione tributaria si colloca all’interno delle giurisdizioni speciali diverse da quella ordinaria e riguarda, in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, prima parte – per quel che qui rileva: Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonchè gli interessi e ogni altro accessorio – le liti relative ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati – e dunque il debito di imposta, sovrimposta o addizionali, unitamente alle questioni relative ai rimborsi, alla riscossione ed alle sanzioni – unitamente agli interessi ed ad ogni altro accessorio relativo all’obbligazione tributaria.

2. Ora, queste Sezioni Unite sono ferme nel ritenere che ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonchè le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio”, Cass., S.U., 20 novembre 2012, n. 20323. Ed anche di recente queste Sezioni Unite hanno ribadito che la giurisdizione si ripartisce tra giudice ordinario e tributario a seconda della natura del credito azionato e che quella tributaria ha carattere pieno ed esclusivo e si radica indipendentemente dal contenuto della domanda – Cass. S.U., 16 dicembre 2020, n. 28709 e precedenti ivi ricordati.

2.1. Orbene, nel caso di specie oggetto dell’azione promossa, pur come formulata in sede di precisazioni delle conclusioni – per come osservato dalle ricorrenti a pag. 2 della memoria, è la postulata illegittimità o inesistenza della pretesa azionata nei confronti degli ex soci della società cancellata SER Service s.r.l., correlata vuoi alla carenza di legittimazione passiva del rapporto – in ragione dell’operatività del meccanismo introdotto dal D.Lgs. n. 174 del 2014, art. 28, comma 4 – vuoi dalla mancata distribuzione di utili ai soci in fase di liquidazione alla stregua dell’art. 2495 c.c..

2.2. Si tratta, evidentemente, di controversia che rimane attratta alla giurisdizione del giudice tributario, attenendo a pretese relative alla non debenza dei tributi oggetto dell’avviso di accertamento impugnato dai soggetti ai quali lo stesso è stato notificato. E ciò vale tanto sotto il profilo della rilevanza del D.Lgs. n. 174 del 2014, art. 28, comma 4 – sul quale, v., di recente, Corte Cost. n. 142/2020 – circa il differimento dell’effetto estintivo della società cancellata (di persone o di capitali), per cinque anni limitato al settore tributario e contributivo, evocata dagli ex soci della società destinatari dell’avviso di accertamento, involgendo il tema della responsabilità del socio per i debiti della società cancellata dal registro delle imprese, più volte esaminato dalla sezione tributaria di questa Corte in esito alle pronunzie rese da queste Sezioni unite sentenze 12 marzo 2013, n. 6070, n. 6071 e n. 6072- e degli effetti della normativa sopravvenuta.

2.3. Ma vale anche con riguardo alla questione della mancata distribuzione di utili ai soci in sede di liquidazione, dalla quale le ricorrenti vorrebbero fare derivare l’illegittimità dell’accertamento emesso nei loro confronti, sostenendo di non avere alcuna diretta responsabilità rispetto alla pretesa nei medesimi azionata.

2.4. Tema, quest’ultimo, che ancora una volta ruota attorno alla legittimità della pretesa azionata dall’ufficio fiscale nei confronti degli ex soci della società cancellata e che deve essere oggetto di disamina da parte del giudice naturale di quel rapporto, per l’appunto costituito dal giudice tributario.

2.5. In questa direzione milita, per l’un verso, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, u.c., che, in termini generali, radica innanzi alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alle pretese fiscali azionate dall’ufficio nei confronti dei soci della società estinta.

2.6. Per altro verso e con specifico riferimento al tema della mancata distribuzione degli utili ai soci in sede di liquidazione giova osservare che, rimasta isolata l’affermazione espressa da Cass. n. 9672/2018, con la quale si era messa in discussione la possibilità di prospettare all’interno del giudizio tributario relativo alla legittimità dell’avviso di accertamento la questione relativa all’esistenza di utili al momento della liquidazione della società cancellata, questa Corte si è andata ormai consolidando nell’affermare che “i soci abbiano goduto, o no, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è dirimente (…) ai fini dell’esclusione dell’interesse ad agire del Fisco creditore” – Cass. n. 9094/2017. Sicchè l’assenza nel bilancio di liquidazione della società estinta di ripartizioni agli ex soci non esclude “l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti” – conf. Cass. n. 12953/2017, Cass. n. 9672/2018, Cass. n. 17243/2018, Cass. n. 29117/2018.

2.7. Ne consegue che il limite di responsabilità dei soci di cui all’art. 2495 c.c., non incide sulla loro legittimazione processuale rispetto all’atto di accertamento emesso nei loro confronti – come è accaduto nella vicenda qui all’esame delle Sezioni Unite – ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali, interesse che, tuttavia, non è di per sè escluso dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci”. Ciò che radica la giurisdizione in capo al giudice tributario della domanda volta ad escludere la legittimità della pretesa fiscale azionata nei confronti del socio che non ha ricevuto alcunchè in sede di liquidazione della società cancellata – v., ex plurimis, Cass. n. 897/2019, Cass., 8 marzo 2017, n. 5988; Cass., 7 aprile 2017, n. 9094; Cass., 16 giugno 2017, n. 15035; Cass., 24 gennaio 2018, n. 1713; Cass., 19 aprile 2018, n. 9672; Cass., 5 giugno 2018, n. 14446; Cass., 18 dicembre 2019, n. 33582, Cass. n. 12758/2020, Cass. n. 26402/2020. Principi, questi ultimi, dunque univocamente indirizzati ad attrarre all’interno del contenzioso tributario la questione agitata dalle ricorrenti sotto il profilo dell’art. 2945 c.c..

3. Sulla scorta di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalle ricorrenti in memoria anche con riferimento alla natura impo-esattiva dell’atto di accertamento, va dunque dichiarata la giurisdizione del giudice tributario avanti al quale rimette le parti.

4. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara la giurisdizione del giudice tributario, avanti al quale rimette le parti.

Pone a carico delle ricorrenti le spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate e di Ader, Agenzia delle entrate Riscossione, in complessivi Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, all’udienza dalle Sezioni Unite Civili, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021

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