Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6186 del 10/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.10/03/2017),  n. 6186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29647-2010 proposto da:

ANTICO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA SESTO RUFO 23, presso lo

studio dell’avvocato LUCIO VALERIO MOSCARINI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI DI SANTO giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI LANCIANO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 164/2010 della COMM.TRIB.REG. DELL’Abruzzo,

SEZ.DIST. di PESCARA, depositata il 07/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DI SANTO che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle entrate ha notificato alla Antico s.r.l., sulla base di una verifica conclusasi con processo verbale di constatazione, avviso di accertamento con cui è stato rettificato il reddito per l’anno di imposta 2003, con maggiori IRPEG, IRAP e IVA oltre sanzioni, per elementi negativi di reddito ritenuti indebitamente dedotti e per maggiori ricavi scaturenti da ricarico sulla merce venduta.

La parte contribuente ha impugnato l’atto e la commissione tributaria provinciale di Chieti ha accolto parzialmente il ricorso.

L’agenzia ha impugnato la sentenza innanzi alla commissione tributaria regionale dell’Abruzzo – sez. staccata di Pescara, avverso la cui decisione di parziale accoglimento dell’appello la contribuente ricorre per cassazione su sette motivi illustrati da memoria, cui l’agenzia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I mezzi di ricorso sono -formulati all’interno di due gruppi, distinti dai nn. 1 e 2, all’interno dei quali – individuate da lettere – sono formulate separate censure costituenti in effetti autonomi profili di impugnazione; questi ultimi – come si segnalerà – talora sono a loro volta composti di più separati motivi.

2. – Con i primi tre motivi, sotto il n. 1, la parte ricorrente deduce violazioni di legge sostanziale. Taluni profili dovranno essere trattati congiuntamente a censure raggruppate sotto il n. 2 (v. infra), per ragioni di connessione.

2.1. – In particolare, con il’ motivo rubricato come 1-A denuncia là violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 42 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., richiamando le contestazioni mosse dalla Antico s.r.l. con il ricorso introduttivo in ordine agli elementi utilizzati nell’accertamento (qualificato dalla ricorrente come analitico induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d D.P.R. cit., pur essendo richiamato genericamente l’art. 39, stante la mancata contestazione dei dati contabili), indicando in particolare l’insussistenza degli elementi indiziari indicati con le lettere da a) ad e) in ricorso, mentre per quello di cui alla lettera e) – relativo alla applicazione del ricarico su una stima tratta dalle rimanenze di magazzino e dalle dichiarazioni di prezzo del legale rappresentante – deduce che, pur a fronte della dichiarazione dell’ufficio di aver effettuato una media ponderata, la media era stata invece aritmetica, non essendo le merci in magazzino rappresentative – per società operante nel settore della frutta e verdura – di tutta la merce trattata nell’anno. Su tali basi, nel motivo apparentemente unico designato come 1-A, si contesta: – l’errore nell’aver considerato legittimo l’accertamento fondato sulla generica invocazione dell’art. 39 cit., contravvenendosi all’art. 42; – l’errore nel ritenere integrati i presupposti delle presunzioni gravi e precise dell’art. 39, comma 1, lett. d) cit.; l’errore nell’aver ritenuto legittimo l’impiego della media aritmetica, in spregio della medesima norma. In riferimento alle presunzioni di cui innanzi, con il successivo motivo 2-C, che giova esaminare in un unico contesto con quello di cui innanzi, la ricorrente propone la medesima doglianza circa l’insussistenza di presunzioni di legge come vizio di motivazione su fatto decisivo. Le censure sono inammissibili per difetto di autosufficienza; infatti, il principio di autosufficienza, che si ricollega alla sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, impone che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate. Nel caso di specie, pur svolgendosi doglianze in ordine alla motivazione dell’avviso di accertamento e al rispetto da parte di esso dei requisiti dell’art. 42 D.P.R. n. 600 cit., l’avviso non è trascritto nelle parti rilevanti (salvo qualche brevissimo richiamo di esso e del p.v.c.), nè sono comunque specificate. altrimenti le esatte espressioni utilizzate, così impedendosi alla corte di verificare il fondamento e di procedere alla qualificazione dello stesso (in un contesto in cui, dalle deduzioni della controricorrente, si evincerebbe un quadro di presenza di incassi per contanti non contabilizzati); altresì, dalla breve indicazione contenuta alla p. 2 del ricorso non si evince che le doglianze sopra riportate – tranne quella relativa al ricarico – fossero state avanzate con il ricorso introduttivo (ciò che autonomamente concorre nel senso dell’inammissibilità delle censure per cassazione), nè dal fugace riferimento contenuto alla p. 3 si evince che esse, ove sussistenti (sempre ad eccezione della questione in tema di ricarico), avessero formato oggetto di appello incidentale o comunque riproposizione in appello. Ferma restando l’inammissibilità per mancata trascrizione dell’avviso sul punto, in ordine alla doglianza in tema di applicazione di ricarico su presunta media aritmetica semplice, anzichè ponderata (questione di cui, invece, come detto, vi è evidenza di coltivazione in corso di lite), la sentenza impugnata dà atto che la media applicata è quella ponderata, onde resta – in assenza di diverse doglianze – una mera asserzione della contribuente la circostanza di una erronea sua formazione in via aritmetica semplice. Se da tale ultima notazione discende, dunque, un difetto di pertinenza della doglianza, non può non menzionarsi – comunque – che la censura stessa, quand’anche si prescindesse da tale profilo, sarebbe inammissibile in quanto volta a sollecitare il riesame di un profilo in fatto, precluso in sede di giudizio di legittimità.

2.2. – Con il motivo rubricato come 1-B, si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 53, per avere il giudice di secondo grado parafrasato le considerazioni fatte proprie nell’avviso di accertamento, senza nulla osservare sulle eccezioni della ricorrente circa l’applicazione della percentuale di ricarico e la media operata. Con il motivo rubricato, poi, come 2-D, che può essere trattato unitariamente con quello che precede, la ricorrente censura la sentenza per omessa o carente motivazione sulle eccezioni stesse, in quanto riferite al fatto “decisivo” relativamente alla media aritmetica semplice o ponderata utilizzata, per non avere i giudici “esplicitato le ragioni in basi alle quali sarebbe corretta la ricostruzione operata dall’agenzia”. I motivi sono inammissibili. Sotto la veste di censure per violazione di legge e vizio di motivazione, la parte ricorrente in effetti sollecita – ciò che non è esigibile in sede di legittimità – un riesame di una valutazione tecnico-giuridica (quale quella relativa alla ricostruzione del reddito mediante media applicata a categorie rappresentative della merce) che, se fondata su motivazione logica e coerente nonchè conforme ai criteri giuridici (quale incontestatamente è quella in sentenza, risultante fondata su media ponderata, seppur eventualmente ripresa per economia di scrittura dall’accertamento), costituisce apprezzamento incensurabile in cassazione.

2.3. – Con il motivo rubricato come 1-C, la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nella parte in cui la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto di documenti, allegati al ricorso introduttivo di prime cure, da cui risulterebbero gli incarichi di agenti e intermediari, i costi per provvigioni dei quali non sono stati riconosciuti per assenza di lettere-contratto. La medesima doglianza viene altresì proposta sub specie di vizio motivazionale, con il motivo rubricato come 2-B, che conviene esaminare congiuntamente al precedente. Entrambi sorto inammissibili per difetto di autosufficienza. Manca, come detto innanzi per altri profili, nel ricorso ogni trascrizione, o descrizione, dei documenti della specie, non meglio qualificati, per consentire alla corte le verifiche di spettanza, anche in ordine all’inerenza. Se da tale ultima notazione discende, dunque, l’inammissibilità, non, può non menzionarsi anche in tal caso che le censure, quand’anche si prescindesse da tale rilievo, sarebbero inammissibili in quanto sostanzialmente volte a sollecitare il riesame di un profilo in fatto, precluso in sede di giudizio di legittimità.

3. – Con i motivi dal quarto al settimo, raggruppati sotto il n. 2 e come precedentemente ricordato distinti da lettere, la parte ricorrente deduce vizi di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In tale ambito, sono già stati esaminati precedentemente, per connessione, quelli rubricati come 2-B, 2-C e 2-D.

3.1. – Resta dunque da esaminare il solo motivo rubricato come 2-A, con cui la ricorrente denuncia – quale vizio di motivazione – un contrasto tra motivazione e dispositivo. Il motivo è fondato. Com’è noto, il vizio di contrasto tra impugnazione e dispositivo è denunciabile non già ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma quale nullità della sentenza nella sua complessiva efficacia decisoria alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 cit. (cfr. ad es. sez. 3, n. 4741 del 04/03/2005). Va dunque riqualificata la doglianza in relazione al suo contenuto effettivo, a prescindere dal riferimento al n. 5 della disposizione operato dalla parte, sussistendo ogni altro requisito di ammissibilità del mezzo. Ciò posto, va notato che l’articolazione in esame (la prima) del motivo n. 2 (2-A) sottolinea come nel dispositivo la sentenza impugnata “in accoglimento dell’appello principale dell’Ufficio dichiara legittimo l’accertamento”, mentre nella motivazione contiene un’espressione che potrebbe essere interpretata nel senso della rideterminazione della percentuale di ricarico (del 17,60% nell’avviso di accertamento, ridotta al 14% nella sentenza di primo grado), portandola al 15% (“pervenendo così a determinare una percentuale di ricarico che si appalesa congrua in relazione anche alla sua successiva riduzione al 15%”, espressione cui segue un brano motivazionale concernente in particolare lo sfrido). Va rilevato che le due statuizioni potrebbero essere compatibili, nel senso che la rideterminazione al 15% formava oggetto di conclusioni subordinate dell’appellante Ufficio; ma nella sentenza non vi è alcun cenno che consenta di ritenere che, rigettata l’istanza principale dell’appellante di conferma della maggiore percentuale, sia stata accolta detta istanza subordinata. Non essendo dunque il contrasto componibile interpretativamente, sussiste il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e la sentenza va cassata sul punto, con rinvio alla commissione regionale in diversa composizione affinchè, riesaminati gli atti in ordine a tale esclusivo profilo, elimini il contrasto di statuizioni fornendo una congrua motivazione a sostegno di un coerente dispositivo.

4. – Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo nella sua prima articolazione, dichiara inammissibili gli altri motivi, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla commissione tributaria regionale dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara – in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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