Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6184 del 14/03/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 14/03/2018, (ud. 08/11/2017, dep.14/03/2018),  n. 6184

Fatto

La Corte d’Appello di Messina, con sentenza depositata il 17/5/2013, confermava la pronuncia del Tribunale della stessa sede con cui era stata respinta la domanda proposta da R.C. nei confronti della Pfizer Italia s.r.l. e del Fallimento (OMISSIS) intesa a conseguire pronuncia dichiarativa della nullità o inefficacia della cessione del ramo d’azienda riguardante la linea di informazione scientifica in cui era inserito, e di reintegra nel posto di lavoro.

La Corte distrettuale a fondamento del decisum, ed in estrema sintesi, argomentava in ordine alla legittimità della cessione di ramo d’azienda, che aveva avuto ad oggetto un’entità economica organizzata e di gran lunga preesistente rispetto al momento traslativo, sul rilievo, altresì, che la cessione non potesse ritenersi condizionata alla prognosi favorevole in ordine alla continuazione della attività produttiva, non gravando a carico del cedente l’onere di verificare la capacità e le potenzialità imprenditoriali del cessionario.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il R. sulla base di unico motivo illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso la Pfizer Italia s.r.l. che ha depositato a propria volta memoria illustrativa.

La curatela del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa pronuncia; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; violazione e falsa applicazione degli artt. 2112 e 1344 c.c., L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Si duole, in estrema sintesi, della omessa pronuncia da parte della Corte distrettuale, in ordine alla censura di nullità della cessione per frode alla legge, riproposta in grado di appello con la quale si rimarcava da un canto, il susseguirsi di risultati sempre negativi della cessionaria (OMISSIS) dal 2004 al 2007, dall’altro la volontà della Pfifer di disfarsi dei propri dipendenti senza rispettare le procedure di legge per la dismissione del personale.

2. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Al di là di ogni questione attinente alla ammissibilità della censura, proposta con unico motivo in cui vengono promiscuamente evocati i vizi di violazione di legge e di motivazione, nonchè di omessa pronuncia, vulnerando il principio di specificità del ricorso ex art. 366 c.p.c., n. 6, anche laddove non viene riportato il tenore degli atti introduttivi del giudizio di merito, coessenziale allo scrutinio del denunciato error in procedendo, deve ritenersi che la pronuncia impugnata sia conforme a diritto e si sottragga alle critiche all’esame.

3. Occorre premettere che la frode alla legge è stata definita quale clausola generale di tipizzazione delle condotte tenute in violazione di norme imperative. Per mezzo di essa, e dunque a seguito del combinato disposto della norma imperativa speciale che pone il divieto e della norma imperativa generale che sanziona la frode (art. 1344 c.c.), sono tipizzate non solo le violazioni dirette del precetto imperativo, ma anche le elusioni, le violazioni mediate e indirette, non apparenti e occulte del medesimo. Dal sistema di garanzie apprestato dalla L. n. 223 del 1991 non è apparso, tuttavia, possibile enucleare un precetto che vieti, ove siano già in atto situazioni che po:sano portare agli esiti regolati dalla legge, di l’azienda, ovvero di cederla solo a condizione che non sussistano elementi tali da rendere inevitabili quegli esiti (cfr. Cass. 2/5/2006 n. 10108 in motivazione).

Nell’ottica descritta, ha rimarcato, con risalente indirizzo di dissonanze, come neanche sia possibile enucleare un precetto che imponga un divieto di cessione – nel caso in cui sia prospettata la mancanza di solidità economica della azienda cessionaria – dalle disposizioni che regolano il trasferimento d’azienda (art. 2112 c.c.) e che non sia in frode alla legge, nè concluso per motivo illecito – non potendo ritenersi tale il motivo perseguito con un negozio traslativo, di addossare ad altri la titolarità di obblighi ed oneri conseguenti – il contratto di cessione dell’azienda a soggetto che, per le sue caratteristiche imprenditoriali e in base alle circostanze del caso concreto, renda probabile la cessazione dell’attività produttiva e dei rapporti di lavoro (cfr. Cass. cit. n.10108/2006 Cass. 26/1/2012n.1085, Cass. 20/3/2013 n.6969).

Non può sottacersi che l’evento della cessione di azienda sia certamente in grado di incidere fortemente sui diritti dei lavoratori, in particolare sull’occupazione, sicchè il legislatore, con l’art. 2112 c.c., e con la L. n. 428 del 1990, art. 47, ha predisposto una serie di cautele, che vanno dalla previsione della responsabilità solidale del cedente con il cessionario, in relazione ai crediti maturati dai dipendenti, all’intervento delle organizzazioni sindacali. Nondimeno, nessun limite, neppure implicito, è stato posto alla libertà dell’imprenditore di dismettere l’azienda che sia sanzionato con l’invalidità o inefficacia dell’atto, nel rispetto dell’art. 41 Cost..

Da ciò consegue che la validità della cessione non è condizionata alla prognosi della continuazione dell’attività produttiva, e, di conseguenza, del cedente di verificare le capacità e potenzialità imprenditoriali del cessionario (vedi altresì in motivazione, in fattispecie sovrapponibile a quella qui scrutinata, Case. 27/10/2015 n.21915).

4. Gli approdi ai quali e pervenuta la Corte di merito, come sintetizzati nello storico di lite, si collocano, quindi, nel solco dell’orientamento espresso da questa Corte e si palesano, pertanto, conformi a diritto, oltre che sorretti da motivazione che non risponde ai requisiti dell’assoluta omissione, della mera apparenza ovvero della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta, che avrebbero potuto giustificare l’esercizio del sindacato di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella versione di testo applicabile alla fattispecie ratione temporis.

Dalle suesposte considerazioni discende, coerente, il rigetto del ricorso.

Per il principio della soccombenza, il ricorrente va condannato al pagamento delle spese giudizio di legittimità in favore della Pfizer Italia s.r.l. nella misura dispositivo liquidata.

Nessuna statuizione va emessa in relazione alla curatela del Fallimento (OMISSIS) ha svolto attività difensiva.

Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 223, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2018

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