Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6184 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 05/03/2021), n.6184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22660/2019 proposto da:

K.M.N., rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO

RIGHINI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 411/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– la Corte d’appello di Bologna confermò la decisione del Tribunale della medesima città, con la quale era stata disattesa l’opposizione proposta dall’odierno ricorrente, in contraddittorio con il Ministero dell’Interno e la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, avverso il provvedimento di diniego in sede amministrativa della domanda di protezione internazionale dal predetto avanzata;

ritenuto che il richiedente ricorre sulla base di tre motivi avverso la statuizione e che il Ministero è rimasto intimato;

ritenuto che con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, assumendo, in sintesi, che “L’iter argomentativo seguito dalla Corte di merito (…), si connota per la mancanza di cooperazione con il richiedente asilo nell’accertare le ragioni per le quali lo stesso chiede rifugio”; che avrebbe dovuto disporre una nuova audizione “per porgli quelle specifiche domande che invece non sono mai state a lui rivolte”; che il Giudice “avrebbe dovuto attivare i propri poteri istruttori d’ufficio”; che si erano trascurate allegazioni e produzioni del ricorrente; che le COI (Country of Origin Information) più aggiornate sul Pakistan risalivano al gennaio 2019, nel mentre la Corte di merito si era rifatta a report vecchi di tre anni;

ritenuto che con il secondo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per essere stata negata oltre al diritto al rifugio, quello alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria, nonostante il Pakistan presenti attualmente una situazione connotata da una crescente violenza diffusa, in uno alla carenza di strutture statuali di garanzia democratica, a fronte di un costrutto motivazionale di mero stile;

ritenuto che con il terzo motivo il ricorrerne denunzia “motivazione apparente circa un fatto controverso decisivo ai fini del giudizio” in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte d’appello aveva omesso di dare seguito al dovere di cooperazione istruttoria e mancato di applicare il principio del beneficio del dubbio;

considerato che il complesso censuratorio, sopra riportato, è inammissibile per il convergere di plurime ragioni:

a) il richiedente aveva narrato di essere emigrato per motivi economici e temere il rientro, essendo rimasto debitore di coloro che gli avevano prestato il denaro necessario per la fuga e che ora lo minacciavano e la Corte di Bologna, con valutazione di merito in questa sede incensurabile, evidenzia che: 1. il richiedente era emigrato per ragioni non ricollegabili ai motivi che danno diritto alla protezione internazionale, nel mentre i manifestati timori si mostravano inattendibili e contraddittori (a pag. 3 la sentenza si sofferma sulle discrasie del racconto davanti alla Commissione e poi davanti al Tribunale, nonchè sulla sua complessiva insondabile genericità; 2. nella regione di provenienza (Punjab), i report più aggiornati escludevano una situazione di violenza generalizza e incontrollata; 3. infine, non sussistevano peculiari ragioni di vulnerabilità per la protezione umanitaria;

b) l’accertata inattendibilità fa escludere la ricorrenza di un dovere d’ulteriore approfondimento istruttorio sulla vicenda (senza contare che la narrazione, proprio a cagione della sua flagrante vacuità non avrebbe comunque permesso attingimento di conferme di sorta) e il ricorrente piuttosto che contrappore evidenze processuali tali da smentire le conclusioni della Corte d’appello si limita a riportare i principi della materia e a insistere nella propria versione, senza spiegare in che consistano le allegazioni e i documenti non tenuti in conto;

c) piuttosto palesemente le critiche sono rivolte al controllo motivazionale, in spregio al contenuto dell’art. 360 c.p.c., vigente n. 5, difatti, invece che porre in rilievo l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo o l’assenza di giustificazione argomentativa della decisione, con le stesse il ricorrente, contrappone al ragionato esame della Corte il proprio avverso convincimento;

d) sul piano della narrazione soggettiva, l’inattendibilità della stessa risulta sorretta da argomenti che non possono in alcun modo considerarsi mero simulacro; nè, si ripete, sulla base della scarna e approssimativa narrazione era ipotizzabile un qualunque approfondimento istruttorio;

e) quanto alla situazione della Regione di provenienza, la decisione ha preso in esame COI aggiornate, dalle quali è dato escludere la sussistenza di quella situazione di violenza diffusa e incontrollata evocata dal ricorrente; in definitiva risulta evidenziata una situazione di sottosviluppo e d’instabilità del Paese, diffusa, peraltro, purtroppo in molte regioni del mondo, ma non la situazione di particolare criticità dalla quale può conseguire il diritto alla protezione sussidiaria; quanto alla prospettata risalenza delle COI consultate dalla Corte di merito occorre precisare che il successivo report evidenziato, ma non meglio precisato, dal ricorrente, risalirebbe al gennaio 2019, in epoca, quindi, da reputarsi ragionevolmente successiva alla deliberazione della sentenza (8 gennaio 2019);

f) il Giudice del merito, quindi, ha deciso applicando il principio enunciato da questa Corte, la quale ha avuto modo di chiarire che ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria; il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6, n. 18306, 08/07/2019, Rv. 654719);

g) anche a riguardo della protezione umanitaria, nella sostanza, peraltro, nitidamente percepibile, il ricorrente invoca un inammissibile riesame delle valutazioni di merito, avverso il negativo giudizio espresso dalla Corte locale, all’esito di puntuale comparazione;

h) quanto, infine, al prospettato dovere di una nuova audizione, al fine di contestare al richiedente contraddizioni e incongruenze, va osservato che costui fu personalmente sentito, oltre che dalla Commissione, anche dal Tribunale, come si trae dalla sentenza d’appello;

peraltro, siccome di recente precisato da questa Corte (Sez. 1, n. 21584, 7/10/2020), da un approfondito esame del diritto Eurounitario non deriva la ineludibile conseguenza che il richiedente debba essere personalmente ascoltato di necessità in due sedi (davanti alla commissione, prima e poi davanti al giudice) – cfr., Corte di Giustizia UE sent. 26/7/2017, C-348/16, Moussa Sacko -; audizione che il giudice dovrà disporre solo ove l’interessato adduca elementi o fatti specifici nuovi, non scrutinabili sulla base del fascicolo pervenuto dalla commissione, nello stesso senso si è espressa la Corte EDU sentenza 19/3/2020 C-406/18; sentenza 6/7/2020 C-517/17 -; pertanto, restando salva la prerogativa per il giudice di procedere all’audizione in tutti i casi in cui lo reputi utile, solo in presenza di specifiche e nuove allegazioni in sede giudiziaria, come si è anticipato, il giudice è tenuto a procedere all’audizione – Corte EDU, sentenza 25/7/2018, C- 652/16; Cass. n. 27073, 23/10/2019 -; pur nel caso in cui non sia disponibile l’audio-video registrazione del colloquio davanti alla commissione, sostituito dal verbale scritto, il D.Lgs. n. 35 del 2008, art. 35 bis, alla luce di quanto svolto, anche al fine di assicurare celerità al procedimento, nell’interesse stesso del richiedente, l’audizione risulta doverosa nei soli casi in cui occorra esaminare nuove specifiche allegazioni o, comunque, il giudice lo reputi necessario, imponendo la norma in discorso, in caso di omessa audio-video registrazione, solo la fissazione dell’udienza di comparizione, mentre nelle ipotesi di cui s’è detto (nuove puntuali allegazioni e necessità reputata dal giudice di sciogliere incongruenze e contraddizioni), il diritto a una tutela effettiva a mente dell’art. 46, p. 1, direttiva 2013/32, impone disporsi l’audizione;

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, a svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che non vi è luogo a regolamento delle spese non avendo l’intimato Ministero svolto difese;

considerato che sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

che di recente questa Corte a sezioni unite, dopo avere affermato la natura tributaria del debito gravante sulla parte in ordine al pagamento del cd. doppio contributo, ha, altresì chiarito che la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio (come in questo caso) – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, per la revoca dell’ammissione (S.U. n. 4315, 20/2/2020).

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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