Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6183 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30978-2020 proposto da:

SOCIETA’ FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI SRL, in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA GOFFREDO;

– ricorrente –

contro

COMUNE di LECCE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II, 18, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE PECORILLA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIA SUPPA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 524/22/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA PUGLIA, depositata il 26/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 26/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

Il Comune di Lecce notificava alle Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici S.r.l. un avviso di accertamento per ICI, anno 2008, relativo ad immobili destinati a officina ferroviaria, rimessa autolinee ed uffici.

L’atto veniva impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, che respingeva il ricorso. La società contribuente presentava appello, che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia. La società Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici S.r.l. propone ricorso per cassazione, svolgendo due motivi. La parte intimata si è costituita con controricorso.

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, limitatamente alla statuizione sulla qualificazione di FSE quale concessionaria di aree demaniali o sulla configurazione del rapporto fra la Regione Puglia e la FSE come rapporto concessorio.

Si rileva infatti che nella decisione impugnata non sarebbero evincibili gli elementi in base ai quali la CTR ha tratto il proprio convincimento sottolineando anche la mancanza di una approfondita disamina logica e giuridica alla base del percorso motivazionale.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, per aver il giudice di appello riconosciuto in capo alla contribuente la legittimazione passiva non considerando che le FSE esercitano il servizio di trasporto pubblico locale, dapprima in regime di concessione, e poi in virtù della L. 22 dicembre 1985, n. 887, in Gestione Commissariale Governativa, e da ultimo in affidamento da parte della Regione Puglia. Nel contratto di affidamento stipulato con la Regione Puglia viene specificato testualmente che i beni, gli impianti e le infrastrutture sono concesse in uso, con la conseguenza che FSE rispetto a tali beni è una semplice comodataria.

Il primo motivo è infondato.

Deve escludersi il difetto assoluto di motivazione, dedotto con il primo mezzo di ricorso, non essendo ravvisabile, in relazione alle statuizioni contenute nella decisione impugnata, alcuna anomalia motivazionale destinata ad acquistare significato e rilevanza alla stregua delle pronunce a Sezioni Unite di questa Corte n. 8053 del 2014 e n. 22232 del 2016.

Considerato, infatti, che ricorre il vizio di motivazione meramente apparente allorquando il giudice omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione e di specificare ed illustrare le ragioni che sorreggono il decisum e l’iter logico seguito per pervenire alla pronuncia assunta, onde consentire di verificare se abbia giudicato iuxta alligata et probata, non può non rilevarsi che il giudice di appello ha compiutamente esplicitato il proprio iter argomentativo, esaminando in modo esaustivo i fatti oggetto di discussione e chiarendo le ragioni del suo convincimento.

Nella specie, anche in base alla stessa prospettazione del mezzo, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente.

La CTR ha infatti ricostruito sulla base della documentazione prodotta il rapporto intercorrente fra la società ferrovia e la Regione ritenendo che la detenzione dei beni da parte della contribuente fosse funzionale all’esercizio dell’attività supportando tale ragionamento con alcune argomentazioni tratte dal dato negoziale (clausola 4 del contratto) e che il legame intercorrente fra la pubblica amministrazione ed il terzo avente ad oggetto un bene demaniale rientra nella concessione di servizio su aree demaniali nel cui ambito va compresa anche la gestione del servizio ferroviario con conseguente assoggettamento all’Ici.

In tema di ICI, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, individua il presupposto dell’imposta, cioè il fatto al cui verificarsi sorge l’obbligo del pagamento del tributo. La norma stabilisce che: “presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”. La definizione giuridica del soggetto passivo di imposta è contenuta, invece, nel successivo art. 3, secondo cui è tale: “il proprietario di immobile… ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie”. La lettura combinata di queste disposizioni porta a ritenere che, avendo dato la legge esclusiva rilevanza, nell’indicare chi sia soggetto al tributo, alla titolarità di un diritto di natura reale, il significato da attribuire al termine “possesso”, utilizzato ai fini della definizione del presupposto di imposta, non possa essere fatto coincidere con la situazione di mera disponibilità del bene, rinvenibile anche nei confronti di chi sia titolare di un diritto personale di godimento, ma si sostanzi soltanto nei confronti di situazioni giuridiche soggettive aventi carattere reale.

Possessore, in tale contesto normativo, è pertanto il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile.

Il D.Lgs. citato, art. 7, prevede alcune esenzioni con riferimento ai fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9, e tra questi sono espressamente contemplate le Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei.

Lamenta la ricorrente di non essere proprietaria dei fabbricati, ma di avere la disponibilità degli stessi quale semplice “comodataria”.

La qualificazione assunta sembrerebbe entrare in contraddizione con quanto illustrato in ricorso, laddove si riporta un passaggio del contratto “ponte” stipulato con la Regione Puglia, con cui viene affidato il servizio di trasporto pubblico, che all’art. 2, punto 2, specifica: “per l’esercizio dei servizi….la Società assume in uso i beni, impianti ed infrastrutture….trasferiti a titolo gratuito dallo Stato alla Regione” ed all’art. 4, punti 3 e 4 del contratto specifica che “in caso di subentro, alla scadenza contrattuale o per altra motivazione, di altro soggetto nella gestione di tutte o parti dei servizi di trasporto… la Società (FSE) si impegna a trasferire a uso gratuito al soggetto subentrante i beni, gli impianti e infrastrutture di cui all’art. 2 di proprietà della Regione..”.

Ne consegue che appare determinante, ai fini della imponibilità e della soggettività passiva, qualificare correttamente il rapporto che lega le FSE con gli immobili in esame, e quindi, individuare la natura giuridica della disponibilità degli stessi, se detenuti a titolo di comodato, da cui consegue l’estraneità di parte ricorrente al prelievo fiscale, o, al contrario, a titolo di diritto reale di godimento, con conseguente assoggettabilità all’imposta.

Tutto ciò premesso, va evidenziato che il percorso argomentativo della Corte territoriale non chiarisce la natura della titolarità dei beni, non essendo rinvenibile alcun passaggio motivazionale specifico sul punto.

Si è già detto, come l’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili non possa prescindere, salve l’ipotesi previste in via eccezionale dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, dalla qualificazione della natura reale e non obbligatoria del diritto sul bene immobile, con la conseguenza non appaiono, a tal fine, sufficienti le affermazioni illustrate dal giudice di appello nella sentenza censurata che fanno scaturire, sostanzialmente, l’applicabilità del tributo dalla lettura dell’art. 4 del contratto “ponte” del 28.2.2001 stipulato con la Regione Puglia, il quale prevede a carico delle FSE tutti gli oneri finanziari di qualsiasi natura, comunque connessi all’impiego produttivo dei beni (Cass. 2017 nr. 21229; 21230; 21231 e 21232).

Per quanto diffuse, le motivazioni della sentenza censurata non sono idonee a consentire a questa Corte di assolvere al dovere di controllo della coerenza logica del provvedimento giudiziale. E ciò, anche in considerazione della manifesta insufficienza della motivazione nella parte in cui si omette di illustrare proprio la sussistenza del “presupposto impositivo”.

La centrale rilevanza che la questione assume nel percorso argomentativo del giudice del merito, abbisogna senz’altro di qualche chiarimento che solo può derivare dal diretto esame da parte del giudicante delle prove documentali in atti.

Ne consegue da quanto sopra, il necessario rinvio al giudice del merito, che, nell’applicare il principio secondo cui in materia di imposta comunale sugli immobili, non si può prescindere dalla qualificazione della natura reale non obbligatoria del diritto sul bene immobile, procederà ad una attenta verifica della sussistenza o meno, sulla base della valutazione degli atti intervenuti tra la Regione Puglia e le F.S.E., da effettuarsi sulla scorta della normativa statale e regionale di riferimento, di un diritto reale di godimento sui beni medesimi, ai fini della legittimità del prelievo fiscale.

Il ricorso va, pertanto, accolto quanto al secondo motivo e rigettato per il primo e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il II motivo ricorso, rigetta il I motivo; cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla CTR della Puglia, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese dei giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA