Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6183 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. III, 05/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20300/2018 proposto da:

FUNTANEDDAS DI B. & C SAS, in persona del legale

rappresentante p.t. B.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE

ANGELIS, rappresentata e difesa dall’avvocato BENEDETTO BALLERO;

– ricorrente –

contro

BANCO DI SARDEGNA SPA, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e Legale Rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE FILIBERTO, 66, presso lo studio

dell’avvocato LAURA MAZZAROPPI, rappresentata e difesa dall’avvocato

LOREDANA BOI;

REGIONE AUTONOMA SARDEGNA in persona del Presidente, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUCULLO, 24, presso lo studio dell’avvocato

REGIONE SARDEGNA UFFICIO RAPPRESENTANZA, rappresentata e difesa

dagli avvocati SONIA SAU, ALESSANDRA CAMBA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 370/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 05/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2019 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Funtaneddas di B. & C. sas convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari la Regione Autonoma della Sardegna e il Banco di Sardegna SpA chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della revoca della determinazione n. 1363 del 9-9-2002, con la quale la Regione aveva disposto la concessione, in favore della società attrice, di una agevolazione finanziaria – ex L.R. n. 1984 del 1928 – finalizzata alla realizzazione di un Villaggio-Albergo a tre stelle in località “cenoni”; detta agevolazione consisteva: 1) in un contributo in conto capitale pari ad Euro 1.084.559,49; 2) in un contributo per lo studio da fattibilità pari ad Euro 33.898,31;3) in un contributo per spese di gestione dei primi due anni di attività, pari ad Euro 292.747,83; 4) in un mutuo agevolato di Euro 723.039,66 da parte del Banco di Sardegna, con concorso della Regione nel pagamento dei relativi interessi.

A sostegno della domanda espose che la Regione, in esecuzione di tale determinazione, aveva erogato il 50% del contributo in conto capitale e, per l’intero, il contributo per lo studio di fattibilità (denaro con il quale aveva acquistato il terreno dell’erigenda costruzione), mentre l’Istituto di credito, nonostante gli accordi con la Regione, non aveva dato seguito alla stipula del detto contratto di mutuo; tanto aveva comportato la revoca, con determinazione 556/2010, della concessione dell’agevolazione, atteso che, ai sensi dell’art. 5 del provvedimento di concessione 1363/2002, la stipula dei contratti condizionati di mutuo doveva avvenire entro sei mesi dalla data del detto provvedimento e gli investimenti dovevano essere completati entro due anni dalla data dell’erogazione del mutuo.

Con sentenza 1399/2015 l’adito Tribunale rigettò la domanda; in particolare il Tribunale, in ordine alla posizione della Regione, ritenne legittimo, ai sensi del menzionato art. 5, il provvedimento 1363/2002 di revoca delle agevolazioni, evidenziando che, nella specie, nei termini su richiamati, non si era pervenuto nè alla stipula del mutuo nè al completamento degli investimenti; tanto era dovuto a fatto e colpa della società attrice, in quanto, in primo luogo, aveva presentato la documentazione necessaria per ottenere dal Comune il rilascio della concessione edilizia solo in data 13-7-2004, quando era ormai scaduto (anche dopo la sua reiterata proroga) il termine per la conclusione del contratto, e, in secondo luogo, in quanto l’investimento non era stato completato neppure nel rispetto del maggior termine previsto dall’art. 15, comma 6, direttive di attuazione L.R. n. 1 del 2002, richiamato dalla determinazione 556/2010; il Tribunale, inoltre, in ordine alla posizione del Banco di Sardegna, sostenne non esserci prova di nessuno degli addebiti mossi a quest’ultimo, specificando che il detto Istituto di credito aveva compiuto quei comuni controlli che normalmente precedono l’erogazione di qualsiasi mutuo e l’acquisizione delle garanzie opportune, ed era pervenuto in modo nè arbitrario nè contrario a buona fede alla decisione di non concedere il prestito.

Con sentenza 370/2018 del 26-4-2018 la Corte d’Appello di Cagliari ha rigettato il gravame proposto dalla Funtaneddas di B. & C. sas; in particolare la Corte territoriale, con riguardo al Banco di Sardegna:

ha ribadito che il ritardo nella stipulazione del mutuo non poteva essere imputabile all’Istituto di credito; era stata, invero, la stessa società attrice ad assumere unilateralmente (e non quindi in seguito a “informali interlocuzioni” tra il Comune e la Banca, come sostenuto in appello dalla società) l’iniziativa per una modifica al progetto; modifica che aveva comportato la necessità di una nuova adozione ed approvazione del Piano di lottizzazione da parte del Comune di Genoni, ed aveva quindi procrastinato per anni il rilascio della concessione edilizia (il nuovo Piano di lottizzazione era stato presentato solo in data 15-5-2003); le ragioni del ritardo della pratica edilizia, peraltro, erano state, in primo grado, ricondotte ad un errore procedurale del Comune, sicchè sul punto la censura era inammissibile nella parte in cui introduceva in appello per la prima volta nuove circostanze di fatto;

ha precisato la natura (privatistica) del mutuo in questione, evidenziando che l’Istituto bancario non era affatto obbligato a concretizzare l’operazione, dovendo compiere tutte le operazioni di sua competenza, relative all’affidabilità ed alla solvibilità del mutuatario, alle fonti di rimborso ed all’efficienza delle garanzie; operazioni necessarie per perseguire le finalità della legge e scongiurare lo spreco di denari pubblici, con attribuzione in capo al mutuante di poteri di controllo di varia portata ed ampiezza e con facoltà di valutare la sussistenza (o permanenza) dei presupposti per la concessione del mutuo; nella specie, in esito ad esame della documentazione agli atti, ha ritenuto non arbitraria nè illegittima la determinazione della Banca di non procedere all’erogazione del prestito; in particolare, tra l’altro, in quanto: il c/c intestato alla Funtaneddas sas, sul quale era stata erogata la prima tranche di finanziamento, era alla data del 16-12-2004 incapiente per via di numerose operazioni sospette poste in essere dal suo l.r ed amministratore B.A. (nei cui confronti nel 2005 erano stati elevati ben sette protesti), sicchè doveva ritenersi che la società fosse in una situazione di grave difficoltà economica, tale da far dubitare sia in ordine al corretto utilizzo delle somme proveniente dal mutuo agevolato sia dell’intenzione di restituirle; legittimamente il Banco di Sardegna aveva chiesto alla società la documentazione attestante la sussistenza delle condizioni per realizzare il progetto (ovvero la concessione edilizia), anche al fine di identificare precisamente gli immobili su cui iscrivere ipoteca.

La Corte, poi, con riguardo alla Regione, ha valutato che legittimamente la stessa, una volta appurato che la Banca aveva ritenuto di non concedere il mutuo, aveva revocato il contributo in questione, per il cui utilizzo erano ampiamente spirati (per fatto della società attrice) i termini per il completamento dei lavori.

Avverso detta sentenza Funtaneddas di B. & C. sas propone ricorso per cassazione affidato a due motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

Resistono con separati controricorsi la Regione Autonoma della Sardegna ed il Banco di Sardegna; quest’ultimo ha presentato anche ulteriore memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunzia – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione: a) della determinazione della Regione Sardegna n. 1363 del 2002, di concessione delle agevolazioni di cui alle L.R. Sardegna n. 28 del 1984, e L.R. Sardegna n. 8 del 1964; b) degli artt. 1218, 1453, 1228 e 1381 cc; c) del L. n. 241 del 1990, art. 21 quinques, d) del L.R. n. 28 del 1984, artt. 9 e 26; delle direttive istruttorie della L.R. n. 28 del 1984, adottate con delibera di Giunta n. 25/40 dell’8-7-1993 ss.mm. e delle direttive L.R. 1/2002; dei principi espressi in Cass. 19689/2009; 8303/2001; 3673/2006; 2490/2017; 19689/2009; 25627/2007; 24434/2009; 9101/2003; in particolare si duole che la Corte territoriale, nel respingere le domande di accertamento dell’illegittimità della revoca in questione (e, nello specifico, ritenendo che il Banco di Sardegna potesse non stipulare il mutuo agevolato, quando invece lo stesso era obbligato a detta stipula), abbia consentito al Banco di Sardegna di introdurre un’integrazione postuma ed esterna della motivazione del detto atto di revoca; integrazione non consentita per gli atti amministrativi e comunque inconferente.

Il motivo è inammissibile, con conseguente assorbimento del secondo, con il quale la ricorrente ripropone le domande sui danni per lucro cessante.

La doglianza, in violazione dell’art. 366 c.p.c., riproduce in sostanza le ragioni di merito già dedotte nei precedenti gradi (il cui esame non è consentito in sede di legittimità), e si limita ad una mera denuncia di una serie di violazioni o false applicazione di norme di diritto (se non di direttive o precedenti statuizioni di questa S.C.), senza tuttavia indicare le affermazioni in diritto contenute nell’impugnata sentenza ritenute in contrasto con le indicate norme e senza specificamente rappresentare le ragioni per le quali la sentenza gravata sarebbe in contrasto con quest’ultime e con l’interpretazione delle stesse fornita da questa S.C..

In conclusione, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuno dei controresistenti, in Euro 15.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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