Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6182 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30456-2020 proposto da:

VIP TASSI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURENTINA, 563/1, presso lo

studio dell’avvocato CRISTINA LIBERTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE,

in persona dei Direttori pro tempore, elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che le rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1017/1/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 21/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 26/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

Con sentenza nr. 1017/2020 la CTR del Lazio accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate riformando la pronuncia resa dalla CTP che aveva invece accolto il ricorso della società Vi tassi s.r.l. avverso l’intimazione di pagamento relativo a nr. 7 cartelle con cui era stato chiesto il pagamento relativo a diversi tributi riguardanti anni differenti.

Il giudice di appello rilevava, alla luce della documentazione prodotta, la ritualità della notifica delle cartelle per ognuna delle quali era stata notificata più di una intimazione di pagamento.

Osservava poi che le cartelle si riferivano a tributi erariali per cui era prevista una prescrizione decennale il cui decorso era stato ripetutamente interrotto. Avverso tale decisione la società Vi tassi s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Con un unico articolato motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 27 e 57, per non avere la Corte di appello rilevato l’inesistenza della notifica dell’appello in quanto spedito presso il vecchio e non più attuale domicilio del difensore della società contribuente e poi restituito per irreperibilità del destinatario.

Il motivo è infondato.

Al riguardo si rivela che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, come si evince dalla cartolina di ricevimento allegata al ricorso in cassazione, l’atto di appello notificato presso lo studio del dott. Cardile Rosario, via Clitunno 51, ove la società contribuente aveva eletto domicilio, non è stato restituito al mittente per irreperibilità del destinatario ma per rifiuto di quest’ultimo.

Si legge sulla busta del plico raccomandato respinto da Cardile Rosario perché riferisce che Vip Tassi non è domiciliata presso proprio studio legale.

Trova pertanto applicazione il principio giurisprudenziale per cui, a norma dell’art. 138 c.p.c., comma 2, il rifiuto di ricevere la copia dell’atto è legalmente equiparabile alla notificazione effettuata in mani proprie soltanto ove sia certa l’identificazione dell’autore del rifiuto con il destinatario dell’atto, non essendo consentita una analoga equiparazione nel caso in cui il rifiuto sia stato opposto da un soggetto del tutto estraneo, ma anche ove l’accipiens sia un suo congiunto o addetto alla casa (e, a fortiori, un vicino o il portiere), pur abilitati da norme diverse, in ordine prioritario gradato, alla recezione dell’atto (Cass., sez. 6-5, 19 aprile 2018, n. 9779).

In questo quadro la notifica deve ritenersi correttamente eseguita per essere stato il plico contenente l’atto di appello inviato al difensore di primo grado presso il quale la contribuente aveva eletto domicilio.

Inoltre va rilevato che alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 20 luglio 2016, nn. 14916 e 14917), l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi ex lege eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata, ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.

Nella specie l’atto di specie era pervenuta nella mani del difensore di primo grado reperito all’indirizzo indicato nel ricorso introduttivo e rifiutato proprio dal difensore che aveva affermato come la Vip tassi non fosse più domiciliata presso il suo studio.

Con riguardo al riferimento riportato in sentenza della costituzione della società nella fase di gravame si tratta di un errore materiale inidoneo a modificare il decisum.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese vanno poste a carico del ricorrente secondo il principio della soccombenza e liquidate in dispositivo secondo i parametri vigenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese di legittimità; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 11.000,00 oltre spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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