Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6180 del 10/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.10/03/2017),  n. 6180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6208/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VEMATEX SRL, in persona dell’Amministratore Unico, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 135, presso lo studio dell’avvocato

CLAUDIO GUCCIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SUSANNA

SANTINI, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1/2010 della COMM. TRIB. REG. delle MARCHE,

depositata il 15/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato FERRI per delega

dell’Avvocato SANTINI che si riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione fondato su due motivi avverso la sentenza n. 01/06/10, depositata il 15.01.2010 e non notificata, della Commissione Tributaria Regionale delle Marche che ha confermato la decisione di primo grado che aveva parzialmente annullato l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per IVA, IRPEG, IRAP per l’anno di imposta 2003, emesso nei confronti della società VE.MA.TEX. SRL, con il quale erano stati accertati maggiori ricavi non dichiarati e costi non deducibili, con metodo analitico-induttivo.

2. Il secondo giudice, dopo avere dato conto della sufficiente motivazione della pronuncia di primo grado, ha disatteso l’appello osservando che l’incremento del dato della percentuale di ricarico relativo agli accessori per macchine per maglieria non appariva legato con i caratteri della gravità, precisione e concordanza ed ha escluso, con riferimento al rilievo con il quale erano stati accertati maggiori ricavi, che ricorresse nel caso in esame una valida presunzione, sia pure semplice, in ragione della “eterogeneità e non compatibilità dei dati sui quali si fonda la prova presuntiva a conforto dei maggiori ricavi oggetto di accertamento”, segnalando di non poter “ritenere formata la prova presunta del dato di ricarico della commercializzazione dei prodotti di maglieria siccome presuntivamente ricavabile dal dato di ricarico della commercializzazione degli accessori per confezioni” (fol. 4 della sent. imp.). Quanto al rilevo per costi ritenuti indeducibili il giudice di appello ha ritenuto che la società, mediante la produzione anche in secondo grado di copiosa documentazione, avesse offerto prova esaustiva dei costi sostenuti e della loro inerenza.

3. La società replica con controricorso, corroborato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il Collegio ha deliberato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

2.1. Primo motivo – Insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nell’applicabilità della percentuale di ricarico utilizzata dalla parte privata per gli accessori per macchine per confezioni anche agli accessori per macchine per maglieria, con conseguente determinazione di maggiore ripresa a tassazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Orbene la ricorrente censura la statuizione sostenendo che non è spiegato alla luce di quale ragionamento dalla enunciazione di “diversità” dei settori merceologici discenda che gli stessi non possono essere comparati, considerato che la parte privata nel corso dell’accertamento non aveva spiegato le ragioni del divario se non contraddittoriamente, e che i due settori merceologici rientravano, comunque, nel settore del tessile e la sproporzione evidenziava un comportamento antieconomico della società.

2.2. La censura è infondata.

2.3. Il giudice d’appello ha negato valore all’indizio, consistito nella grande sproporzione tra la percentuale di ricarico applicata dalla società nella commercializzazione degli accessori per macchine per confezioni (27,54%) rispetto a quella applicata agli accessori per macchine per maglieria (4,24%), dati entrambi emergenti dal bilancio in base ai quali l’Agenzia aveva presuntivamente dedotto l’applicabilità della percentuale più alta anche agli accessori per maglieria, sostenendo che i dati sui quali si fonda la prova presuntiva sono eterogenei e non compatibili, attenendo gli accertamenti alla commercializzazione di prodotti diversi.

Tanto premesso va ricordato che, secondo la ormai granitica giurisprudenza di questo giudice di legittimità in materia di prova presuntiva, spetta al giudice di merito la valutazione della rispondenza degli elementi indiziari ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio (v. tra numerose altre Cass. n. 8023/2009, 17634/2014).

Orbene la censura, pur riproducendo in maniera quasi completa l’accertamento, tuttavia non offre alcun elemento diverso ed ulteriore in merito alla natura indiziaria della sproporzione, rispetto a quanto valutato dalla CTR (eterogeneità e non compatibilità dei settori merceologici), e ritenuto privo del valore indiziario necessario a determinare l’inversione dell’onere probatorio, e sostanzialmente ne sollecita la rivalutazione.

Invero l’esistenza di “elementi presuntivi” (i.e.: indizi idonei a fondare una presunzione) forniti dall’amministrazione a sostegno dell’accertamento analitico induttivo comporta l’inversione dell’onere della prova sempre che i suddetti elementi siano effettivamente tali (ossia idonei a fondare una presunzione), non potendo ovviamente ammettersi che l’Amministrazione possa fondare un accertamento su qualunque elemento anche privo di tali caratteristiche.

2.4. Tanto premesso, è sufficiente rilevare che l’accertamento in fatto del giudice di appello, con il quale è stato escluso che sussistessero idonei “elementi presuntivi”, appare sorretto da motivazione logica e coerente e non risulta adeguatamente censurato, atteso che la ricorrente si difende sostanzialmente tentando di porre a carico della contribuente l’onere di demolire probatoriamente l’indizio, trascurando il fatto che spetta all’Amministrazione illustrare in maniera convincente il valore indiziario di quanto pone a base dell’accertamento facendone scaturire le presunzioni.

3.1 Secondo motivo – insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo relativamente alla ripresa a tassazione di costi indeducibili (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

3.2. Il secondo motivo è fondato per la assoluta assertività ed indeterminatezza della motivazione, che nulla dice sulle varie voci di costo e sull’incidenza probatoria della documentazione prodotta, alla quale vi è un generico rinvio senza che ne sia illustrato il contenuto specifico.

4.1. In conclusione il ricorso va accolto sul secondo motivo, infondato il primo; la sentenza impugnata va cassata e, non potendo essere decisa nel merito, va rinviata alla CTR delle Marche, in altra composizione, per il riesame nei limiti del motivo accolto e per la statuizione anche sulle spese di giudizio di legittimità.

PQM

La Corte di Cassazione:

– accoglie il ricorso sul secondo motivo, infondato il primo, cassa la sentenza impugnata e, non potendo decidere nel merito la controversia, la rinvia alla CTR delle Marche, in altra composizione, per il riesame e per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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