Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6179 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19671-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

B.E.A., domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MICHELE CESARI;

B.M.G., B.S.M.C.,

elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato FABIO PENNISI, che le rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MATTEO PONTI;

– controricorrenti –

contro

D.P.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 371/1/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 07/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 26/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un verifica fiscale svolta nei confronti della ” B. Trust” per gli anni 2010-2015 emetteva a carico di B.E.A. e B.M.C., nonché D.P.M. e di B.M.G.M.,quali beneficiari del trust diversi avvisi di accertamento relativi agli anni 2010, 2011 e 2012 concernente un maggior reddito ai fini Irpef da assoggettare a tassazione in base al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 73, comma 2. I contribuenti proponevano distinti ricorsi avanti la CTP di Miliano che con sentenza nr. 668/2019, respingeva il ricorsi previa loro riunione.

Avverso tale pronuncia tutti i contribuenti proponevano appello avanti alla CTR della Lombardia, la quale, con sentenza nr. 371/2020 ed anche in questo caso previa riunione, annullava tutti i 10 avvisi ritenendo fondata l’eccezione preliminare relativa all’emissione ante tempus degli atti impositivi L. n. 212 del 2000 ex art. 12, comma 7.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resistono con controricorso B.E.A. e B.M.G. e B.M.C. con controricorso.

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., e degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., per essersi la CTR richiamata alla ragione più liquida annullato tutti gli avvisi di accertamento malgrado l’eccezione fosse stata sollevata solo con riferimento a tre dei 10 avvisi impugnati riguardanti l’anno 2010 emessi nei confronti di B.E.A., B.M.C. e B.M.G.M. ed omettendo in tal modo di pronunciarsi sulle altre questioni preliminari e sul merito della vertenza.

Con un secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il primo motivo è fondato.

In primo luogo va rigettata l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dalle controricorrenti B.M.C. e B.M.G. in relazione alla mancata trascrizione degli atti menzionati nel corpo della critica.

L’indicazione degli atti processuali è sufficientemente specifica, così come sono state esplicitate in modo adeguato le argomentazioni a sostegno del profilo di censura.

Il vizio di extrapetizione o di ultrapetizione ricorre solo quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti e pronunciando oltre i limiti del petitum e delle eccezioni hinc ed inde dedotte, ovvero su questioni che non siano state sollevate e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuisca alla parte un bene non richiesto, e cioè non compreso nemmeno implicitamente o virtualmente nella domanda proposta.

Ciò posto, nel caso in esame, la CTR pur dando atto a pag. 3 che la censura relativa alla violazione dello Statuto del contribuente, art. 12, comma 7, era stata sollevata in relazione all’avviso per l’anno 2010, ha, poi, annullato anche agli altri avvisi di accertamento per i quali non era stata svolta analoga eccezione in tal modo superando le deduzioni dei contribuenti ed incorrendo nel vizio di ultra petizione.

Il secondo motivo è infondato.

Premesso che l’inosservanza del termine dilatorio ha riguardato unicamente i tre avvisi relativi all’anno 2010 per i quali solo è stata sollevata l’eccezione da parte dei contribuente ed in relazione agli stessi la sentenza si sottrae alla critica che le viene mossa.

Ciò posto va ricordato che la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12 (c.d. Statuto del contribuente), stabilisce, infatti, al comma 1, che “Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo (…)” e, al comma 7, che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza (…)”.

Questa Corte è ormai ferma nel ritenere che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” (in tal senso, tra le tante, Cass. sez. 5, 23/07/2020, n. 15843; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27623; Cass., sez. u., 29/07/2013, n. 18184).

In ragione della finalità di garanzia del contraddittorio procedimentale perseguita dal ridetto art. 12, comma 7, cui è sottesa l’esigenza di consentire al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, l’atto è già illegittimo quando sia anche soltanto sottoscritto prima della scadenza del previsto termine dilatorio, ancorché notificato successivamente ad esso, in quanto la notificazione, costituendo una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo, opera quando questo è ormai perfetto e, quindi, già emanato (vedi Cass., sez. 5, 31/07/2018, n. 20267; Cass., sez. 5, 12/07/2017, n. 17202).

Con riguardo alla clausola di salvezza contenuta nella norma, che consente di giustificare l’inosservanza del termine dilatorio in presenza di “casi di particolare e motivata urgenza”, questa Corte si è in più occasioni pronunciata, sostenendo che tali ragioni, da dimostrarsi a cura dell’Amministrazione finanziaria, devono essere riferite al contribuente e al rapporto controverso ma non possono consistere nella sola imminente scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa, spettando piuttosto all’Amministrazione offrire, a giustificazione dell’urgenza, la prova, sulla base di fatti concreti e precisi, che l’emissione dell’avviso in prossimità del maturare dei termini decadenziali sia dipesa da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, pena la dissoluzione della finalità di recupero delle imposte non versate (vedi Cass., sez. 5, 23/07/2020, n. 15755; Cass., sez. 6-5, 10/04/2018, n. 8749).

Nella specie, la circostanza, addotta dall’Ufficio nell’avviso di accertamento riportato nella sentenza impugnata – a giustificazione dell’inosservanza del termine dilatorio, ossia la sussistenza di motivi di urgenza legati all’approssimarsi dei termini di decadenza dell’azione accertatrice, in luogo di sostanziare una ragione di urgenza, contribuisce ad escludere l’urgenza, mancando la prova che la circostanza in questione non sia stata determinata da fatto imputabile alla stessa P.A., e non essendo, quindi, logicamente ipotizzabile una diversa interpretazione della norma tale da legittimare, in astratto, condotte elusive del termine dilatorio, volte a precostituire la ragione di urgenza mediante l’ingiustificato differimento dell’inizio o della chiusura delle operazioni di verifica fiscale.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte va accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il ricorso.

La sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo; cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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