Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6176 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11636-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

SE.PI. SNC DI S.A. E C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, S.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA SFORZA PALLAVICINI 18, presso lo studio

dell’avvocato ROSARIO CARMINE RAO, rappresentati e difesi

dall’avvocato FRANCESCO CUCINOTTA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1872/10/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA SICILIA, depositata il 25/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 26/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

La CTR della Sicilia, sezione distaccata di Messina respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione resa dalla CTP di Messina con cui era stato annullato l’avviso di accertamento emesso nei riguardi di S.M. quale socia della SE.PI. s.n.c. relativo ai maggiori redditi societari che erano stati imputati alla socia per trasparenza.

Il Giudice di appello rilevava che il primo giudice aveva errato annullando l’avviso di accertamento sulla base dell’avvenuto condono da parte della società.

Osserva infatti che tale fatto non precludeva la possibilità di verificare la congruità e la correttezza del reddito imputato alla socia una volta che quello relativo alla società era rimasto indeterminato.

Sottolineava che spettava al giudice del merito provvedere alla determinazione sulla base di valori reali di quello imputabile alla società.

Evidenziava che nel caso in esame mancava il benché minimo supporto probatorio per giungere a tale determinazione tenuto conto che non era stato neppure allegato l’avviso di accertamento emesso a carico della società.

Avverso tale decisione l’Ufficio propone ricorso per cassazione fondato su di un unico motivo cui resiste la contribuente con controricorso illustrato da memoria. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ritenuto generica la contestazione dell’Amministrazione finanziaria senza tenere conto che sin dal primo atto del giudizio era stato depositato il processo verbale di constatazione emesso nei confronti della Se.pi s.n.c. ove era stato evidenziato il maggior reddito.

Il motivo è inammissibile.

Giova ricordare che “in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Cass., n. 26110 del 2015).

“Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. n. 9097 del 07/04/2017).

Ciò posto la CTR ha ritenuto che, sulla scorta degli elementi acquisiti in causa non fosse possibile procedere ad una ricostruzione del valore del reddito societario cui rapportare il pagamento delle imposte non essendo stato neppure allegato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società.

Va peraltro osservato che l’opposta considerazione dell’Amministrazione secondo cui sarebbe stato possibile utilizzare il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza anche a voler prescindere dalla sua valenza nei confronti di un soggetto che era rimasto estraneo alla verifica, non è poi rispettosa neppure del principio di autosufficienza, risultando la sua prospettazione, proprio in ragione del profilo appena accennato, priva del necessario apporto espositivo.

In essa infatti non sono indicati, riproducendone o trascrivendone il contenuto, gli elementi di prova che il giudice avrebbe omesso di considerare per pervenire alla reiezione del gravame sul punto ed in ragione dei quali si possa sostenere che l’impugnata decisione non sia assistita da congrua ed adeguata motivazione. La sentenza impugnata non fa inoltre alcun riferimento alla produzione in causa del verbale di constatazione sicché il ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione di quelle questioni innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare- riproducendone il contenuto nelle parti rilevanti – in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 17831 del 2016, n. 23766 e n. 1435 del 2013, n. 17253 del 2009).

Questa Corte infatti ha ripetutamente affermato a tale proposito che qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione. (Cass. 13625/19).

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 1.000,00 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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