Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6175 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3651-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

F.A., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIOVANNI PASANISI;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1954/4/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA PUGLIA, depositata il 19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 26/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

Con sentenza nr. 1954/2019 la CTR della Puglia rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione resa dalla CTP di Bari che aveva accolto il ricorso di F.A., nella sua qualità di legale rappresentante della Associazione Sportiva Volley Noci, avente ad oggetto la cartella di pagamento notificatagli da Equitalia Sud s.p.a. recante l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio di Euro 417.591, disposta dall’Agenzia delle Entrate ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68.

La CTR, per gli aspetti che qui rilevano, osservava che la decisione della CTR di Bari nr. 884/2016 aveva sancito l’improponibilità del ricorso presentato dal legale rappresentante della Associazione Sportiva Volley Noci nei riguardi dell’avviso di accertamento emesso unicamente a carico di quest’ultima in quanto adottato e notificato dopo la sua estinzione e quindi promosso da un soggetto ormai privo di legittimazione.

Sottolineava che detta decisione, ancorché non condivisibile nella parte in cui disconosce il costituzionale diritto di difesa tuttavia implicitamente aveva ritenuto l’illegittimità della pretesa poiché formulata nei confronti di una associazione non più esistente al momento della sua notificazione successivamente rivolta ad un soggetto sfornito di legale rappresentante.

Il Giudice di appello considerava che non era configurabile la responsabilità del legale rappresentante della Associazione non essendo state dimostrate a carico di quest’ultimo alcune delle condizioni richieste dall’art. 2495 c.c., evidenziando che le stesse non erano state neppure contestate e che l’Agenzia si era limitata ad addebitare al contribuente fatti e responsabilità proprie della società estinta, peraltro non accertati in via definitiva, ed insuscettibili di essere annoverati nel bilancio finale in liquidane.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste il contribuente con controricorso illustrato da memoria.

Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la CTR escluso il coinvolgimento diretto e la responsabilità personale del F. già individuata nell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società estinta e non contestato dal legale rappresentate la cui posizione avrebbe dovuto ritenersi definitiva nel merito delle debenze a lui mosse.

Con un secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 2495 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ritenuto nullo o inefficace nei confronti del F. l’avviso di accertamento e i successivi atti esecutivi, malgrado la mancata impugnativa entro 60 giorni della sentenza della CTR di Bari nr. 884/2016 e quindi la conseguente definitività a carico del F., quale coobbligato della pretesa impositiva non più contestabile in sede di opposizione alle cartelle.

Il secondo motivo è fondato nei termini di seguito esposti con l’assorbimento del primo.

Va preliminarmente ricordato che l’estinzione o la cessazione dell’ente di diritto comune ossia, nella specie, dell’associazione (non riconosciuta) non preclude, di per sé, all’Amministrazione finanziaria la possibilità di far valere le pretese fiscali emerse con riguardo al periodo di sua esistenza.

Milita in tal senso la circostanza che per l’erario i termini per l’accertamento, previsti quanto all’Iva dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, e per le imposte dirette dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, decorrono dall’anno (successivo) a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, sicché, ove si ritenesse che l’estinzione del soggetto intervenuta nelle more fosse idonea ad impedire la ripresa, ne deriverebbe una ingiustificata riduzione dei termini e deroga delle norme in questione.

Giova poi ricordare che l’azione accertativa, cessato il soggetto, non può più essere esperita direttamente nei confronti dell’ente, né ad esso, in quanto non più esistente, può essere notificato l’avviso.

In questa evenienza, difatti, la pretesa può essere rivolta solo nei confronti di coloro che sono succeduti nella posizione che era propria già dell’ente.

Con riguardo alle società, invero, le Sezioni Unite, dapprima con le decisioni 22 febbraio 2010, n. 4060, n. 4061 e n. 4062 (chiarendo che la norma sulla cancellazione riguardava le società sia di capitali che di persone), poi, con intervento specifico rilevante anche sulle questioni qui in rilievo, con le sentenze 12 marzo 2013, n. 6070, n. 6071 e n. 6072, hanno precisato che l’estinzione della società si produce anche qualora rimangano debiti insoddisfatti, poiché, in tale evenienza, i creditori potranno far valere le loro ragioni nei confronti dei soci, considerati successori universali seppur sui generis, e, se in colpa, nei confronti dei liquidatori. Si è inoltre affermato, con le medesime pronunce, che, dopo l’estinzione, la società non può agire in giudizio o essere legittimamente convenuta.

La vicenda in giudizio invero riguarda un soggetto diverso dalle società poiché viene in considerazione una associazione non riconosciuta, rispetto alla quale diversamente si atteggiano i presupposti per la sua estinzione e per la responsabilità residua per le obbligazioni pregresse.

Sotto il primo profilo, infatti, l’associazione non riconosciuta (diversamente da quella riconosciuta) si estingue immediatamente, ipso facto, con il verificarsi di una delle cause di estinzione (identiche a quelle previste per l’associazione riconosciuta) e la liquidazione si attua secondo le modalità stabilite dallo statuto o dall’assemblea, senza che si applichi ex lege il particolare procedimento di liquidazione previsto per le associazioni riconosciute dagli artt. 29,30,31 e 32 c.c., e dal relativo art. 11 disp. att. c.c..

Sotto il secondo profilo, l’art. 38 c.c., prevede “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune.

Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”: ne deriva che, in caso di estinzione dell’associazione non riconosciuta, la pretesa può legittimamente essere fatta valere nei confronti di coloro che “hanno agito in nome e per conto dell’associazione” e, dunque, nei confronti, in particolare, dell'”ultimo” legale rappresentante della associazione stessa, destinatario di una obbligazione personale e solidale.

Da tale premessa emerge chiaramente che la pretesa può essere legittimamente fatta valere, una volta estinta l’associazione non riconosciuta, direttamente rei confronti del legale rappresentante, al quale l’atto, pur intestato all’associazione, deve essere notificato.

L’irrilevanza della intestazione dell’atto al soggetto cessato e la necessità, invece, che l’atto sia notificato agli “eredi” trova, del resto, un preciso riscontro normativo nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4, secondo il quale “La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso…” (v. anche Cass. n. 31037 del 28/12/2017; Cass. n. 25487 del 12/10/2018, che precisa che la notifica al socio dell’atto impositivo intestato alla società “trova fondamento nel fenomeno successorio che si realizza con riferimento alle situazioni debitorie gravanti sul dante causa, con ciò realizzandosi comunque lo scopo della citata disciplina, che è quello di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società”; da ultimo Cass. n. 7545 del 31/03/2021 in motivazione).

Occorre infine precisare, sul punto, che, in questa evenienza, tale soggetto può essere destinatario della pretesa e dell’avviso sotto la duplice veste di responsabile diretto e solidale e, in via “successoria”, di ex legale rappresentante dell’associazione stessa (Cass. 2021 nr 25452).

Orbene, nella vicenda in giudizio è incontroverso che l’associazione era già cessata al momento dell’emissione dell’avviso e, anzi, prima ancora dell’avvio della verifica.

E’ poi altrettanto pacifico, perché accertato dalla stessa CTR, che gli atti impositivi erano stati “notificati in persona del sig. F.A.”.

La CTR, peraltro, afferma che il pregresso contezioso avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti dell’Associazione non più esistente al momento della sua notifica rendeva illegittima la pretesa tributaria rivolta ad un soggetto ormai privo della rappresentanza legale.

Tale statuizione è errata sotto un duplice profilo.

Da un lato la CTR trascura che l’avviso – riprodotto in parte qua per autosufficienza dall’Ufficio – testualmente, dopo aver indicato la persona del rappresentante legale dell’associazione, precisava che ai sensi dell’art. 38 c.c., delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione e che per le violazioni sopra indicate il responsabile delle stesse è da individuarsi nel signor F.A., nella sua qualità di legale rappresentante dell’associazione verificata nel periodo di imposta oggetto della verifica fiscale, sicché l’atto era rivolto anche, ed espressamente, nei confronti del responsabile solidale e non solo nei confronti della associazione.

Dall’altro, inoltre, la stessa circostanza che l’atto fosse stato notificato al medesimo F.A. con la spendita della qualità in concreto rilevante, rende ben chiaro che l’intestazione dell’avviso all’associazione non riconosciuta e la determinazione dei rilievi in riferimento all’attività svolta da parte della stessa individuava non già il destinatario, non più esistente, ma il titolo della ripresa e della responsabilità dell’ex rappresentante legale, cui l’atto era rivolto anche nella sua qualità di “successore”.

In accoglimento del secondo motivo ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.

PQM

La Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso ed assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Puglia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

 

 

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