Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6171 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2022, (ud. 13/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14911-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore Generale

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

ALTEA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL PLEBISCITO 112, presso lo

studio dell’avvocato SIMONE BARNABA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3852/24/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 09/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. con la sentenza in epigrafe, la CTR della Lombardia ha accolto l’appello della srl Altea contro la decisione di primo grado reiettiva del ricorso originario avverso l’avviso di liquidazione di maggior imposta di registro, emesso dall’Agenzia delle Entrate, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, qualificando come cessione di ramo d’azienda, da essa ricorrente alla spa Valmet, la sequenza negoziale così strutturata: atto di costituzione, da parte della Altea srl unitamente alla M.A.F. srl e alla M.C. srl, della Valmet Pescia srl con conferimento, da parte di essa ricorrente, di un ramo d’azienda; contratto di cessione della partecipazione detenuta nella s.r.l. Valment Pescia, da essa ricorrente in favore della Valmet spa;

2. la CTR ha annullato l’avviso ritenendo che il D.P.R., art. 20, alla luce del disposto della L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, lett. a), e della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, non consentisse l’operazione di ri-qualificazione operata dall’ufficio;

3. l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe con due motivi con i quali lamenta che la sentenza contrasti con il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, e con il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, e la L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084;

4. srl Altea resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso è infondato.

L’avviso di liquidazione di cui trattasi è stato adottato ai sensi della versione originaria del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, secondo cui: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.

Il testo della norma è stato modificato dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), in modo che esso prevede: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.

La L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. l, comma 1084, ha stabilito che la L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1.

La Corte Costituzionale, con sentenza 158/2020, ha dichiarato “non fondate le questioni di legittimità costituzionale D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), come modificato dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), e dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), sollevate dalla Corte di cassazione, sezione quinta civile, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., con l’ordinanza indicata in epigrafe”.

In ragione di quanto precede, a seguito della legge di interpretazione autentica, l’imposta di registro, “marcatamente un’imposta “d’atto”” (punto 5.2.2. del “Considerato in diritto” della citata sentenza 158/2020), deve essere applicata in riferimento alla manifestazione di ricchezza risultante dal singolo atto.

La Corte Costituzionale ha ribadito la dichiarazione con sentenza 9 febbraio 2021, n. 39 in riferimento a questioni “prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate dal giudice di legittimità”, sollevate, rispetto agli artt. 3 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna con l’ordinanza 13 novembre 2019. Con detta sentenza la Consulta ha inoltre dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), sollevate, in riferimento all’art. 3 Cost., dalla medesima commissione tributaria e inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, sollevate dallo stesso giudice a quo, in riferimento agli artt. 24,81,97,101,102 e 108 Cost..

Ciò posto, l’affermazione cardine della sentenza impugnata (v. punto 2. della superiore premessa) è ineccepibilmente corretta;

2. in ragione di quanto precede il ricorso deve essere rigettato;

3. le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate atteso che la sentenza della Corte Costituzionale a cui è stato fatto riferimento sono intervenute solo nel corso del presente giudizio di legittimità;

4. Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

 

 

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