Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 617 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 12/01/2011), n.617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11767-2009 proposto da:

F.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

VECCIA ALBERTO, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di ROMA del 19.3.08, depositata il 15/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, nella quale la parte erariale ha svolto attività difensiva, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Il ricorso del contribuente, cui l’Agenzia resiste con controricorso, è manifestamente privo di pregio.

Il primo ed il terzo motivo – che lamentano l’omesso rilievo dell’inammissibilità dell’appello erariale e l’asserita ultrapetizione per rinuncia, nello stesso, ad alcune richieste da parte dell’Ufficio – sono manifestamente inammissibili, perchè formulati in violazione del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione. Invero, in materia tributaria, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, fa dipendere l’inammissibilità dell’appello – per la parte che qui interessa – da una duplice alternativa, costituita dalla mancanza oppure dall’assoluta incertezza circa i motivi specifici dell’impugnazione (Cass. 6473/02; v. anche Cass. n. 1574/05 e 1224/07). Tuttavia, nel caso di specie, il motivo si rivela privo di pregio, in quanto formulato in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso, per il principio di autosufficienza di esso (Cass. 21621/07, 20405/06, 2140/2006, 6225/2005, 9734/04, 1170/2004, 5148/2003, 10410/2002).

Pertanto, ove – come nella specie – censuri la sentenza di appello per non aver ritenuto inammissibile lo stesso, per difetto di specificità dei motivi e per non aver tenuto conto della rinuncia in appello ad alcune richieste, il ricorrente per cassazione ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene sussistente il vizio; sicchè non può limitarsi a rinviare ali atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa mancanza di specificità.

Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata è conforme all’orientamento di questa S.C. secondo cui il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, nel prevedere che l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con decreto del Ministero delle Finanze, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta, non richiede che, necessariamente, tali periodi siano consecutivi od anteriori a quello per il quale si effettua l’accertamento (Cass. n. 237/09; v. anche Cass. n. 26541/08, secondo cui, ai fini dell’accertamento in questione, l’Ufficio non è tenuto a procedere all’accertamento contestualmente per due o più periodi d’imposta per i quali ritenga che la dichiarazione non sia congrua, tuttavia il relativo atto deve contenere, per un determinato anno d’imposta, la pur sommaria indicazione delle ragioni in base alle quali la dichiarazione si ritiene incongrua anche per altri periodi d’imposta, così da legittimare l’accertamento sintetico; con la conseguenza che il giudice tributario, a fronte della specifica eccezione del contribuente, non deve limitarsi ad accertare se l’Ufficio abbia preso in considerazione due o più anni consecutivi, ma deve verificare se dall’atto di accertamento possano desumersi le ragioni per le quali l’Ufficio stesso abbia ritenuto non congrua la dichiarazioni per tali annualità”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.

Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato; che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000, di cui Euro 2.800 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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