Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6169 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 24/02/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32210-2019 proposto da:

ENTE DON ORIONE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE E(NDO – FAP),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PASTORE FAUSTOLO 7, presso lo studio

dell’avvocato GIULIA GRASSO, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANGELO CACCIATORE, FRANCESCO IACONO;

– ricorrente –

contro

L.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORTOLINI

BARNABA presso lo studio dell’avvocato MARCO CECILIA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANGELA MARIA FASANO,

STEFANIA FASANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 790/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 30/08/2019 R.G.N. 53/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/01/2022 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata è stata confermata la pronunzia del Tribunale di Palermo con la quale è stata accolta la domanda proposta da L.G.A. nei confronti dell'”Ente Don Orione Formazione Aggiornamento Professionale (ENDO – FAP)” per l’ottenimento della declaratoria di illegittimità del licenziamento al medesimo intimato in data (OMISSIS) per “sovradimensionamento strutturale”, in esito ad una procedura di mobilità ai sensi della L. n. 223 del 2001, artt. 4 e 24;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l'”Ente Don Orione – Formazione Aggiornamento Professionale (ENDO – FAP)”, affidato a sei motivi;

ha resistito con controricorso (contenente richiesta di condanna dell’Ente ricorrente ex art. 96 c.p.c.) L.G.A., che ha altresì depositato memoria;

il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo l’Ente ricorrente – denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116,117 e 420 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice del reclamo abbia ritenuto accertata la pluriennale e specifica esperienza del L.G. nei laboratori di saldatura al pari del collega D.C.V. per farne conseguire la fungibilità di mansioni e, pertanto, l’illegittimità del licenziamento del L.G., avente maggior anzianità del D.C. – sulla sola base dell’affermazione, resa in sede di interrogatorio libero del lavoratore e ritenuta erroneamente non contestata, che “il laboratorio di saldatura termoidraulica esistesse solo da alcuni anni diversamente da quelli di saldatura meccanica che, invece, erano gli unici esistenti e, come tali, erano utilizzati per lo svolgimento della propria attività laboratoriale di saldatura”;

con il secondo motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – lamenta che il predetto giudice sia incorso, avuto riguardo al passo di motivazione sopra riportato, in un errore di percezione in relazione all’esistenza della non contestazione relativa ai fatti esposti dal lavoratore in sede di interrogatorio libero, atteso che nel ricorso di opposizione in primo grado era stato dedotto che il lavoratore aveva insegnato unicamente nei corsi di termoidraulica ed eseguito la saldatura termoidraulica, ed aveva sempre e solo lavorato nel laboratorio dei termoidraulici, mentre non aveva alcuna competenza specifica in materia di saldatura meccanica;

con il terzo motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’Ente ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia omesso di considerare che le difese da esso spiegate in primo grado erano incompatibili con le dichiarazioni rese dal lavoratore in sede di interrogatorio libero, in quanto era stato sempre negato e contestato che il lavoratore avesse svolto attività nei laboratori di saldatura meccanica; era quindi stata espressa una posizione in stridente contrasto con il fatto che in precedenza esistesse un unico laboratorio di saldatura meccanica (e non anche quello di termoidraulica) e, parimenti, con il fatto che lo stesso lavoratore avesse potuto utilizzare i predetti laboratori per lo svolgimento della propria attività;

con il quarto motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., e dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – lamenta che la predetta Corte non abbia reso idonea motivazione circa la affermata irrilevanza di quanto dal medesimo sostenuto in ordine alla differenza tra la saldatura termoidraulica e quella meccanica;

con il quinto motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – si duole che il giudice del gravame abbia dato per scontata la circostanza della fungibilità delle mansioni, che, invece, anche alla luce delle contestazioni sollevate, avrebbe dovuto essere dimostrata in concreto dal lavoratore;

con il sesto motivo – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamenta che il predetto giudice non abbia considerato la mancanza di prova riguardo alla fungibilità tra le mansioni disimpegnate dal L.G. e dal collega D.C. e che, “avuto riguardo alle esigenze tecnico produttive ed organizzative, tale circostanza legittimava la scelta operata dall’ente ricorrente”.

Ritenuto che:

il primo motivo va disatteso, poiché nella impugnata sentenza le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero non sono state utilizzate quale fonte esclusiva del convincimento del giudice, bensì quale elemento di prova (cfr., sulla funzione probatoria a carattere sussidiario dell’interrogatorio libero, Cass. 22/07/2010, n. 17239), di cui si è evidenziata e spiegata la valorizzazione sulla base di ulteriori acquisizioni processuali – i.e.: appartenenza dei corsi di Termoidraulica e di Meccanica nell’ambito della stessa attività corsistica “Meccanica impianti e costruzioni”; qualità di formatore dell’area tecnica sia del L.G. sia del D.C., entrambi appartenenti alla medesima area funzionale di cui al ccnl, priva di alcuna distinzione per specifici profili professionali; ordine di servizio del (OMISSIS) con il quale il L.G., assegnato al corso di Op. Imp. Term. (OMISSIS) e (OMISSIS), venne pure incaricato di prestare la sua opera, laddove particolari esigenze didattiche lo avessero reso necessario, in vari altri corsi, tra cui quello di Op. Meccanico (OMISSIS) e (OMISSIS); disposizioni di servizio – dalle quali emergeva che fino al 2014 l’attività formativa di saldatura si svolgeva nell’aula (OMISSIS), mentre negli anni successivi nell’aula (OMISSIS) – attestanti lo svolgimento del L.G. della predetta attività);

il secondo motivo è del pari da rigettare, in quanto nella sentenza impugnata è evidenziato che già il giudice di primo grado aveva rilevato che, “a fronte dell’affermazione del ricorrente, che appare corroborata dagli ordini di servizio in atti, di avere svolto le mansioni di formatore anche nei laboratori di saldatura meccanica prima dell’assunzione del D.C.”, la parte opponente si era limitata a “chiedere genericamente di provare che il ricorrente aveva svolto mansioni di insegnamento nei laboratori di termoidraulica, insegnando termoidraulica e brasatura, senza precisare in quale arco temporale ciò fosse avvenuto”; con il che è escluso l’errore di percezione denunziato, avendo il giudice del gravame dato atto di quella esplicita contestazione, ribadita – per come si legge ancora nella sentenza impugnata, a p. 4, in fondo – in sede di reclamo;

il terzo motivo è ancora da disattendere, già sol perché, come in precedenza detto, il convincimento del giudice non risulta tratto dalle sole dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero; e, comunque, la affermata contestazione di determinate circostanze non è stata ritenuta – con apprezzamento di fatto che sfugge al sindacato di legittimità – tale da infirmare le conclusioni raggiunte sulla base delle acquisizioni processuali;

anche il quarto motivo è da disattendere, poiché non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, nella quale non assume rilievo la differenza tra la saldatura termoidraulica e quella meccanica, bensì la fungibilità di mansioni tra i due lavoratori;

il quinto ed il sesto motivo, da trattari congiuntamente perché connessi, sono inammissibili, poiché, nella sostanza, introducono una critica al convincimento che il giudice si è formato – e raggiunto, nel caso, anche in via presuntiva, sul rilievo che il lavoratore avesse acquisito una “esperienza di saldatore acquisita nel corso degli anni secondo canoni di abitualità e prevalenza” -, con la conseguenza che “una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (così Cass. 17/01/2019, n. 1229);

le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, non sussistendo i presupposti per l’applicabilità, al caso, dell’art. 96 c.p.c.;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 4.500,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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