Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6167 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 24/02/2022, (ud. 23/12/2021, dep. 24/02/2022), n.6167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14931-2016 proposto da:

C.I., in proprio e quale legale rappresentante pro tempore

della società C. S.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LUIGI RIZZO 72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI REHO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI DIREZIONE TERRITORIALE

DEL LAVORO DI LECCO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI

12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1330/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/04/2016 R.G.N. 2315/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/12/2021 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 1330 del 6 aprile 2016, la Corte di Milano, in accoglimento dell’appello proposto dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Lecco, ha riformato la decisione del Tribunale confermando l’ordinanza – ingiunzione emessa dalla Direzione in data 13/12/2010 nei confronti di C.I. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della C. s.r.l.;

in particolare, la Corte, sulla base delle risultanze testimoniali raccolte, ha ritenuto il carattere fraudolento del contratto di subfornitura di attività produttive intercorso fra la C. s.r.l. e la cooperativa COOPOLIS relativamente al periodo 2005 – 2009 atteso che la cooperativa in oggetto non disponeva di una propria struttura d’impresa idonea alle lavorazioni ad essa affidate;

per la cassazione della sentenza propongono ricorso, assistito da memoria, C.I. e la società C. s.r.l., affidandolo a cinque motivi;

resiste, con controricorso, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Direzione Territoriale del Lavoro di Lecco.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., e nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione; con il secondo motivo si allega la violazione della L. n. 192 del 1998, art. 1, circa i caratteri distintivi della sub fornitura;

con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c., e dell’art. 2700 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

con il quarto motivo si allega, ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa indicazione delle ragioni per cui la Corte territoriale ha posto a fondamento del proprio ragionamento determinate prove e non altre;

con il quinto motivo si allega l’omesso esame di un fatto storico (documento) avente carattere decisivo per ritenere la genuinità della interposizione;

tutti i motivi, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico – sistematiche non possono trovare accoglimento;

giova premettere che questa Corte ha affermato che in caso di censura per motivazione mancante, apparente o perplessa, spetta al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. n. 13578 del 02/02/2020) e, d’altra parte, per aversi motivazione apparente occorre che la stessa, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consenta alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (sul punto, fra le altre, Cass. n. 13248 del 30/06/2020),

quanto alla dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c., occorre evidenziare che, secondo quanto statuito recentemente dalle Sezioni Unite, per la violazione delle disposizioni che presiedono alla ammissione e valutazione delle prove, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione delle relative norme, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr., SU n. 20867 del 20/09/2020), ed inoltre che una violazione dell’art. 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960); relativamente alla denunziata violazione dell’omesso esame di un fatto storico, premesso che l’esame di un fatto non può mai consistere nell’esame di un documento, va, invero rilevato che si verte nell’ambito di una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta cd irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; si veda altresì, quanto statuito da SU n. 8053 del 2014);

nella specie, pur veicolando parte ricorrente le proprie censure per il tramite di dedotte violazioni di legge, mira, in realtà, ad una rivisitazione in fatto della vicenda, in particolar modo mediante un diverso apprezzamento fattuale delle risultanze probatorie, rivisitazione inammissibile in sede di legittimità;

in particolare, va rilevato che la Corte territoriale, con congrua motivazione, ha accertato dall’esame delle dichiarazioni raccolte e della documentazione acquisita che la Coopolis non disponeva di una propria struttura d’impresa, idonea per le lavorazioni ad essa affidate ed ha aggiunto che la cooperativa si limitava a fornire al committente solo mandopera che veniva utilizzata per l’intero ciclo produttivo, sottostando alle direttive del C., unico referente che, per scelta organizzativa, aveva affermato di non volersi dotare di propri dipendenti per non essere vincolato nei loro confronti se non al pagamento delle effettive prestazioni lavorative;

appare evidente che, propugnando una diversa lettura delle risultanze probatorie, la parte mira ad una nuova valutazione della vicenda, talché deve concludersi che parte ricorrente non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, e cioè che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 14476 del 2021);

alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 23 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA