Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6165 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. III, 05/03/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 05/03/2020), n.6165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26734/2018 proposto da:

F.A., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MASSIMO IGOR CONSORTINI;

– ricorrente –

contro

T.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1256/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 28/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/10/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28/6/2017 la Corte d’Appello di Catania, in accoglimento del gravame interposto dal sig. T.C. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Catania 30/1/2015, ha accolto la domanda dal medesimo in origine monitoriamente azionata nei confronti della sig. F.A. di pagamento di somma a titolo di corrispettivo per la prestazione dell’attività di progettista e di direttore dei lavori di ristrutturazione di immobile adibito a gioielleria sito in (OMISSIS), con declaratoria d’inammissibilità dell’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo emesso in data 6/12/2007 e la domanda riconvenzionale da quest’ultima proposti.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la F. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 112,140,650 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia dichiarato inammissibile l’opposizione tardiva spiegata avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da controparte ritenendo da quest’ultima fornita per presunzioni la prova della non tempestiva conoscenza di quest’ultimo, prova invero basata sull’erroneo criterio del “più probabile che non” anzichè della relativa certezza.

Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c., non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, occorrendo altresì la prova da parte dell’opponente che a causa di quella irregolarità non abbia avuto conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione, dovendo al riguardo tempestivamente allegare e provare circostanze specifiche che in relazione alla concrete circostanze del caso gli abbiano reso impossibile prendere cognizione dell’atto per reagirvi tempestivamente (cfr. Cass., 4/4/2016, n. 6518; Cass., 14/5/2013, n. 11550).

Si è al riguardo precisato che la suindicata prova deve considerarsi raggiunta qualora, alla stregua delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato provvedimento, sia da ritenere che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario; e laddove la parte opposta intenda contestare la tempestività dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c., in relazione alla irregolarità della notificazione così come ricostruita dall’opponente, sulla medesima ricade l’onere di provare il fatto relativo all’eventuale conoscenza anteriore del decreto da parte dell’ingiunto che sia in grado di rendere l’opposizione tardiva intempestiva e, quindi, inammissibile (v. Cass., Sez. Un., 22/6/2007, n. 14752, e, conformemente, Cass., 21/6/2012, n. 10386. Cfr. altresì, da ultimo, Cass., 21/8/2018, n. 20850).

Orbene, i suindicati principi sono stati dalla corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza.

Dato atto che il giudice di prime cure ha ritenuto l’ammissibilità dell’opposizione tardivamente proposta dall’odierna ricorrente, per avere la medesimo fornito “prova idonea a dimostrare il non avere avuto tempestiva notizia del decreto opposto in quanto, all’epoca della notifica del decreto ingiuntivo, effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., in data 9.1.2008 in (OMISSIS), ella non risiedeva più al suindicato indirizzo ma si era da tempo trasferita a (OMISSIS)”, come “dimostrato non solo dal certificato storico di residenza in atti, attestante che l’opponente risulta iscritta tra la popolazione residente nel Comune di Carbonia sin dal 13.7.2007, ma anche dalle dichiarazioni dei testi F.S. e C.S. che hanno confermato che l’opponente dal luglio 2007 sino al marzo 2008 non aveva più abitato a (OMISSIS)”, diversamente da tale giudice la corte di merito è pervenuta a ritenere per converso l’inammissibilità dell’opposizione de qua ritenendo “provato, in quanto più probabile che non, che essa abbia avuto conoscenza del decreto ingiuntivo già mesi prima della proposizione dell’opposizione, risalente al novembre 2008”.

Il giudice del gravame di merito ha invero fondato il suo assunto non già su prove dedotte dall’originaria parte opposta ed odierno controricorrente bensì limitandosi a valutare diversamente dal giudice di primo grado l’acquisito compendio probatorio.

Ha in particolare argomentato dal rilievo: “- che dopo il suo trasferimento a (OMISSIS)” la odierna ricorrente “era tornata più volte a Catania per sottoporsi a cure mediche; – che, nell’aprile 2008 e dunque sei mesi prima della proposizione dell’opposizione, essa aveva riacquistato la gioielleria e si era trasferita a (OMISSIS) presso una sorella”.

Ne ha quindi tratto, quale corollario, che “con ogni evidenza” la medesima “era stata in condizione di avere notizia del decreto ingiuntivo”, e ciò “anche tenuto conto” che “essa era usufruttuaria dell’immobile di (OMISSIS), ove la notifica era stata eseguita”, che “la nuda proprietaria dello stesso era la figlia” e che “essa, nel 2009, aveva trasferito nuovamente la sua residenza proprio in tale immobile”, senza trascurare di sottolineare, “per completezza”, che ben “avrebbe potuto conferire una procura speciale ad un difensore” ove “non… in grado di tutelare i suoi interessi per via della patologia”.

Orbene, emerge evidente come le riportate conclusioni si appalesino dalla corte di merito invero del tutto apoditticamente ed illogicamente raggiunte nell’impugnata sentenza, non risultando da tale giudice spiegato su quali basi abbia ritenuto “provato”, alla stregua del “più probabile che non”, la “conoscenza” da parte dell’odierna ricorrente “del decreto ingiuntivo già mesi prima dalla proposizione dell’opposizione”.

A fronte della circostanza che la notifica del decreto ingiuntivo è stata nella specie effettuata a mezzo posta ex art. 140 c.p.c., all’originaria ingiunta-opposta ed odierna ricorrente in un luogo ((OMISSIS)) e ad un indirizzo ((OMISSIS)) che la medesima ha dato prova essere all’epoca (9/1/2008) diversi da quelli di (OMISSIS) ove era residente, non risulta invero dalla corte di merito indicato quali prove abbia posto a base dell’assunta decisione, e quali ragioni abbia ravvisato con “ogni evidenza” deporre nel senso che la medesima sia stata “in condizioni di avere notizia del decreto ingiuntivo, nonchè “provato” quantomeno alla stregua del “più probabile che non “, che “abbia avuto conoscenza del decreto ingiuntivo già mesi prima proposizione dell’opposizione”.

A parte il rilievo che il “più probabile che non” è criterio di accertamento della sussistenza del nesso di causalità, laddove la conoscenza o anche la mera conoscibilità dell’atto oggetto dell’opposizione vanno provate con certezza e non sul mero (diverso) piano della prevalenza probabilistica, l’assoluto difetto di supporto probatorio e la relativa inconsistenza anche sul piano dell’inferenza logica emergono invero con tutta evidenza, non potendo ad essi assegnarsi rilievo diverso da quello proprio delle mere supposizioni, nella specie dalla corte di merito utilizzate per una valutazione connotata da assoluta apoditticità e un giudizio conseguentemente caratterizzato da inammissibile arbitrio.

Dell’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi (con i quali la ricorrente denunzia (2 motivo) violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 112,115,650 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi che la corte di merito non abbia dichiarato “ammissibile” l'”opposizione per la sussistenza di una causa di forza maggiore”; denunzia (3 motivo) violazione degli artt. 36,156,650 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi che la corte di merito abbia dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale, laddove la stessa “ha ampliato il petitum del giudizio e costituisce inequivocabilmente domanda diversa ed ulteriore rispetto a quella di revoca del decreto ingiuntivo opposto”; denunzia (4 motivo) violazione dell’art. 24 Cost., art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi che la corte di merito non abbia pronunziato sui motivi), s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Catania che, in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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