Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6163 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. III, 05/03/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 05/03/2020), n.6163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5245-2018 proposto da:

M.C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO

MAGNO 3, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO GIANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato SIMONA SACRIPANTI;

– ricorrente –

contro

MA.RI.MA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

RIPETTA, 142, presso lo studio dell’avvocato MANLIO MORCELLA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

ALLIANZ SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 915/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 07/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/10/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7/12/2017 la Corte d’Appello di Perugia ha respinto il gravame interposto dal sig. M.C.M. in relazione alla pronunzia Trib. Terni 24/8/2015, di accoglimento della domanda nei confronti del medesimo proposta dalla sig. Ma.Ri.Ma. di condanna al risarcimento dei danni subite da “più porzioni del proprio giardino” facente parte del fabbricato sito in (OMISSIS), “interessate da un fenomeno di franamento dovuto alla presenza sul costone di proprietà dell’allora convenuta sig.ra Ranchino, di tre grotte, due delle quali si sarebbero sviluppate, almeno parzialmente, al di sotto della proprietà dell’attrice, anch’essa sottoposta allo stesso fenomeno di franamento”, asseritamente cagionato dalla “mancata manutenzione della scarpata” e dalla “presenza impropria della raccolta delle acque meteoriche”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la Ma..

L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1172 e 2051 c.c., art. 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia violazione degli artt. 116 e 950 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione notificato in data 24/03/2011 (si veda il doc. n. 1 allegato al fascicolo di 1 grado)”, al “procedimento di ATP”, alle “plurime domande riconvenzionali”, alla relazione del “tecnico di parte geom. V.”, alle “conclusioni… cui era giunto il geom. C. nella propria relazione”, alla “prova per testi”, alla “CTU Geol. B.”, alla “CTU Geom. S.”, alla “pag. 5 relazione B. e pagg. 5-7 relazione S.)”, alla “pag. 6 relazione B.”, alle “pagg. 4-5 relazione S.)”, alla sentenza del giudice di prime cure, all'”atto di citazione in appello”, alle “due CTU espletate”, alle “prove testimoniali”, alle “CTU C., B. e S.”, alla “domanda riconvenzionale di regolamento di confini “) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono invero dall’odierno ricorrente non idoneamente censurati.

Va per altro verso posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, il ricorrente deduca in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie la “irriducibile contraddittorietà” della motivazione, ovvero l’omesso e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie, quali in particolare “la CTU resa in sede di ATP” e la CTU “disposta nel giudizio di prime cure” (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., il ricorrente in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente Ma., seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente Ma..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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