Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6160 del 24/02/2022
Cassazione civile sez. lav., 24/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6160
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17897-2016 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI
COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, FRANCESCO GIAMMARIA che la
rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO
197, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO MEZZETTI, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANO TACCHINO,
MAURO MEZZETTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 150/2015 del TRIBUNALE di ASTI, depositata il
22/04/2015 R.G.N. 374/2014;
avverso l’ordinanza n. cronologico 1207/2016 della CORTE D’APPELLO DI
TORINO depositata il 12/05/2016 R.G.N. 733/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/01/2022 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE.
Fatto
RILEVATO
che:
A.F., titolare di pensione di vecchiaia erogata dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti (d’ora in avanti Cassa) a decorrere dal 2000, contestava la legittimità della trattenuta operata dalla Cassa nel periodo 2009-2013 a titolo di contributo di solidarietà Regolamento per la Disciplina del regime previdenziale, ex art. 22, e chiedeva la restituzione delle somme trattenute dalla Cassa a tale titolo;
il Tribunale di Asti accoglieva il ricorso, richiamando la giurisprudenza di questa Corte la quale, in plurimi arresti, ha escluso la legittimità del contributo in esame, condannando la Cassa a restituire gli importi prelevati a tale titolo;
la Corte d’appello di Torino, adita dalla Cassa, ha dichiarato inammissibile l’appello ritenendo ragionevolmente improbabile il suo accoglimento, considerata la consolidata posizione di questa Corte in materia;
la cassazione della sentenza è domandata dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti sulla base di due motivi;
A.F. ha depositato tempestivo controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo di censura si contesta “Violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con il Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa, art. 22, e con la Delib. della Cassa 27 giugno 2013; violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, della L. n. 296 del 2006 (Legge Finanziaria 2007), art. 1, comma 763; violazione della L. n. 147 del 2013 (Legge di Stabilità 2014), L. 27 dicembre 2016, art. 1, comma 488; violazione della L. n. 201 del 2011, art. 24, comma 24, conv. in L. n. 214 del 2011 (cd. Decreto salva Italia”); violazione degli artt. 3 e 38 Cost., in relazione, tutti, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″;
con il secondo motivo si denuncia “Violazione della L. n. 147 del 2013 (Legge di Stabilità 2014), art. 1, della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, della L. n. 296 del 2006 (Legge Finanziaria 2007), art. 1, comma 763, violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con il Regolamento della Cassa, art. 22, e con la Delib. 27 giugno 2013, tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;
i motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro intima connessione, in quanto attinenti alla natura del contributo di solidarietà ed alla sua ritenuta legittimità anche in relazione alla realizzazione di equilibri di bilancio;
essi sono infondati alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, confermato anche dalla più recente giurisprudenza (da ultimo Cass. n. 31875 del 2018; Cass. n. 982, n. 603, n. 16814, n. 28055 del 2019);
in definitiva, il Collegio ritiene di dover dare continuità al principio, andato consolidandosi nel tempo, secondo il quale “In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, pur se in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore” (così, per tutte, Cass. n. 31875 del 2018);
questa Suprema Corte, con la decisione n. 603 del 2019, ha ulteriormente rafforzato il proprio convincimento – per cui il contributo di solidarietà è estraneo ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e, conseguentemente, anche al principio del necessario rispetto del pro rata – mediante il richiamo a quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 173 del 2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha qualificato quest’ultimo come una forma di “…prelievo delle prestazioni patrimoniali imposto per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale”;
questa Corte ha, in definitiva, ribadito – in modo inequivoco – l’orientamento secondo cui esula dai poteri riconosciuti dall’ordinamento la possibilità per la Cassa di emanare un contributo di solidarietà in quanto lo stesso, al di là della sua denominazione letterale, non è riconducibile ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce una forma di prelievo di prestazione patrimoniale annoverabile tra quelli che solo il legislatore è titolato ad imporre attraverso un provvedimento ad hoc;
il Collegio, ritiene pertanto che le argomentazioni prospettate dalla difesa di parte ricorrente non introducano elementi di valutazione effettivamente nuovi o che possano ritenersi non presi (già) in esame dai plurimi provvedimenti con cui questa Corte ha già avuto modo di decidere della medesima questione;
il ricorso deve, quindi, essere rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore del difensore dell’odierno controricorrente, dichiaratosi antistatario;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022