Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6160 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. III, 05/03/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 05/03/2020), n.6160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14604-2018 proposto da:

CODACONS, in persona del legale rappresentante pro tempore

U.G., V.R.M., MARINA PIERA GISELLA,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo

studio dell’avvocato GIANLUCA DI ASCENZO, rappresentati e difesi

dall’avvocato MARCO MARIA DONZELLI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore S.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POLIBIO 15, presse lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE LEPORE, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati IRMA MARINELLI, SALVATORE PEZZULO,

ANTONELLO MANDARANO, RUGGERO MERONI, ANNA TAVANO, DONATELLA SILVIA;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il

07/11/20170 nel proc- NGR 2874/17;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/09/2019 dal consigliere Dott. POSITANO GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 7 settembre 2016, il Codacons, in proprio e quale ente mandatario di M.P.G., V.R.M. evocava in giudizio il Comune di Milano deducendo che la notte del 16 marzo 2016, in occasione dei furti verificatisi presso il cimitero monumentale di Milano, era stata trafugata la statua ornamentale della tomba di famiglia V.R.M. chiedendo, preliminarmente, l’accertamento dell’ammissibilità della class action ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 149 bis e, quindi, che fossero definiti i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri di inclusione degli eventuali aderenti all’azione di classe, stabilendo i termini e le modalità per la più opportuna pubblicità ai fini dell’adesione. Nel merito, il Codacons chiedeva l’accertamento della responsabilità del Comune per inadempimento e la condanna dello stesso al risarcimento dei danni subiti dall’attrice e da tutti coloro che, avendone i requisiti, sarebbero intervenuti in giudizio;

il Tribunale di Milano, con ordinanza del 12 aprile 2017, dichiarava ammissibile l’azione di classe disponendo l’inclusione di tutti i titolari di una concessione del suddetto cimitero che avessero subito il furto dei propri manufatti posti sulle sepolture private, in data 16 marzo 2016. Secondo il Tribunale l’azione assicurava una tutela risarcitoria agli utenti che avevano subito un pregiudizio omogeneo alle pretese individuali e tale omogeneità derivava dal dato fattuale della concomitanza dei furti. Dall’unicità della fonte conseguirebbe l’aggregazione delle pretese risarcitorie;

avverso tale provvedimento il Comune di Milano proponeva reclamo in data 12 maggio 2017, evidenziando l’inammissibilità dell’azione di classe per difetto di legittimazione passiva del Comune, in quanto il rapporto era assoggettato al regime dei beni demaniali, nonchè per la natura extracontrattuale dei diritti azionari e, in particolare, per la mancanza di situazioni omogenee e per la manifesta infondatezza dell’azione di classe;

con ordinanza del 7 novembre 2017 la Corte territoriale rilevava che il Codacons aveva addebitato al Comune una responsabilità per omessa sorveglianza e custodia del perimetro cimiteriale delle opere poste all’interno e che tale omissione aveva reso possibile la sottrazione furtiva delle statue e delle suppellettili cimiteriali, qualificando la condotta dell’ente territoriale come inadempimento contrattuale e violazione del principio del neminem ledere richiamando, sia la responsabilità per cosa in custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia quella da reato. Secondo la Corte, al contrario, i fatti descritti non erano riconducibili ed una responsabilità da reato, in quanto la condotta criminosa non era certamente non era ascrivibile al Comune, ma a soggetti terzi rimasti ignoti, nè la responsabilità da omessa custodia. Inoltre, difettava il requisito dell’omogeneità dei diritti. Sulla base di tali elementi dichiarava inammissibile l’azione di classe, con condanna della resistente al pagamento delle spese processuali;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Codacons in nome proprio, nonchè in favore di M.P.G. V.R.M., affidandosi a tre motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Comune di Milano, che deposita memoria sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

parte ricorrente formula preliminarmente un’istanza di remissione alla Corte Costituzionale censurando la non ricorribilità del provvedimento emesso dalla Corte territoriale in sede di ammissibilità dell’azione;

il provvedimento non è ricorribile come affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza del 1 febbraio 2017 n. 2610. Tali conclusioni non sarebbero condivisibili perchè pregiudicano il diritto di difesa delle associazioni di categoria ed in particolare del Codacons, ponendo una barriera processuale all’accesso alla giustizia, non prevista dal diritto positivo, mentre una soluzione più rispettosa sarebbe quella di riconoscere che il provvedimento incide, nel merito, sul diritto del ricorrente, con efficacia di giudicato e per tale motivo riconoscerne la ricorribilità in cassazione. L’impostazione giurisprudenziale sarebbe contraria agli artt. 3,24 e 111 Cost. rappresentando solo una parvenza di tutela giurisdizionale;

con il primo motivo si deduce la nullità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 perchè il collegio non si è pronunziato sulle domande formulate dalla parte ricorrente tese ad accertare la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del Comune di Milano. Pertanto vi sarebbe una ipotesi di omessa pronunzia sulla domanda formulata dalla parte ricorrente;

con il secondo motivo si deduce la violazione di artt. 2043 e 2051 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il collegio avrebbe escluso la configurabilità di una responsabilità da reato e da custodia che, al contrario opererebbe anche per i beni demaniali;

con il terzo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 106 del 2005, art. 149 bis ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere erroneamente interpretato la disposizione con riferimento al requisito dell’omogeneità dei diritti degli aventi diritto. La posizione adottata dalla Corte milanese sarebbe in contrasto con l’orientamento recente della giurisprudenza secondo cui la omogeneità non verrebbe meno per la diversificazione sotto il profilo delle specifiche conseguenze, poichè tale profilo riguarderebbe la quantificazione del danno, da risolvere eventualmente con una liquidazione equitativa. In sostanza, i diritti da tutelare potranno essere omogenei ricorrendo una fonte causale comune ed una parte differenziata. Quella comune, riguarderebbe le questioni giuridiche relative alla responsabilità della parte, mentre quella differenziata, come nel caso di specie, atterrebbe alla determinazione del quantum. La fattispecie in esame sarebbe sovrapponibile a tale schema;

il ricorso è inammissibile, dovendo trovare applicazione il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 2610 del 1 febbraio 2017 ribadendosi che tale azione, proposta a fini risarcitori, costituisce uno strumento apprestato dal legislatore per far valere la domanda risarcitoria. Si tratta, quindi, di un mezzo processuale di tutela che si aggiunge a quello ordinario, spettante al singolo interessato per il risarcimento di un danno che egli assume di avere subito. Nell’ipotesi prospettata in cui si riconoscesse la natura decisoria al provvedimento che definisce – in sede di reclamo – il giudizio con la dichiarazione di inammissibilità, verrebbe meno la possibilità stessa per il singolo interessato di ottenere diversamente il bene della vita;

le considerazioni che precedono consentono di escludere i timori prospettati dal ricorrente. Peraltro trattandosi di un provvedimento non avente carattere decisorio non si pone un problema di lesione dei diritti costituzionali indicati dal ricorrente;

la questione risulta assorbente e non consente di prendere in esame il contenuto dei singoli motivi poichè, quando il provvedimento impugnato statuisce, anche in modo definitivo, sulle modalità di svolgimento dell’azione in giudizio e, quindi, sul diritto processuale, ma non sulla situazione sostanziale dedotta in giudizio, non è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, in quanto l’ordinanza sull’osservanza delle norme che riguardano il processo non determina una lesione del diritto sostanziale ma, al più, un vincolo di tipo processuale;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione in considerazione della particolarità e novità della questione possono essere compensate. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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