Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6149 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 05/03/2020), n.6149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36501-2018 proposto da:

VENEZIANA ENERGIA RISORSE IDRICHE TERRITORIO AMBIENTE SERVIZI –

VERITAS SPA, in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34-B SC A,

presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CECCONI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ANDREA PASQUALIN;

– ricorrente –

contro

ALBERGO SATURNIA INTERNAZIONALE SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BARNABA TORTOLINI 29, presso lo studio dell’avvocato VALERIA

MARSANO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALESSANDRO TOMMASEO PONZETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2749/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato ad un unico motivo, la Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi – V.E.R.I.T.A.S. S.p.A. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Venezia, resa pubblica in data 5 ottobre 2018, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, l’aveva condannata, a titolo di indebito oggettivo, alla restituzione alla Albergo Saturnia Internazionale s.r.l. della somma di Euro 31.782,11, quale indebito oggettivo per l’IVA applicata sulla tassa di igiene ambientale D.Lgs. n. 22 del 1997, ex art. 49, (cd. TIA1), oltre interessi e spese di lite;

che resiste con controricorso la Albergo Saturnia Internazionale s.r.l.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo ed unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 2033 c.c., e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, e comunque della normativa concernente la detrazione dell’IVA,…, per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso che la detrazione dell’IVA pagata sulla tariffa di igiene ambientale di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, faccia venir meno la natura di pagamento rilevante ai sensi dell’art. 2033 c.c., del pagamento di tale IVA e/o comunque precluda la ripetibilità della stessa IVA”;

che il motivo è manifestamente infondato;

che questa Corte (cfr. Cass. n. 15348/2018 e Cass. n. 11330/2019), in fattispecie del tutto analoga a quella oggetto del presente ricorso, ha già riscontrato che il giudice di appello, nella gravata sentenza, aveva escluso la rilevanza, ai fini della decisione, della teorica possibilità di una detrazione dell’IVA da parte del soggetto che aveva agito in ripetizione, del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19, “presuppone che l’IVA sia stata correttamente versata”, mentre nella specie è ormai incontroverso tra le parti che l’IVA sulla TIA1 non dovesse essere affatto versata, trattandosi di una prestazione di natura tributaria (Cass., S.U., n. 5078/2016; v. anche Cass., n. 16332/2018);

che, inoltre, il Tribunale ha correttamente applicato il principio, peraltro espressamente richiamato nella sentenza impugnata, secondo cui “in tema di IVA, ai sensi del D.P.R. 23 ottobre 1972, n. 633, art. 19, ed in conformità con la Dir. del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, art. 17, nonchè con la successiva Dir. del Consiglio del novembre 2006, n. 2006/112/CE, artt. 167 e 63, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni o servizi – ovvero per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa – per il solo fatto che tali operazioni attengono all’oggetto dell’impresa e siano fatturate, poichè è, invece, indispensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all’IVA nella misura dovuta, sicchè, ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’Amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario”(Cass. n. 9946/2015; v. anche Cass. n. 17299/2014, Cass. n. 25531/2014);

che la ricorrente presuppone che sarebbe pacifico che l’attuale intimata aveva comunque, in via di fatto, portato in detrazione l’IVA erroneamente corrisposta sulla TIA1, non avendo quest’ultima mai opposto di aver detratto l’IVA in parola, essendosi sempre difesa nel merito di tale questione ed avendo solo in appello sollevato il problema della prova di tale detrazione e, pertanto, ciò escluderebbe la sussistenza di un pagamento ripetibile ai sensi dell’art. 2033 c.c.: ma, a prescindere da ogni ulteriore questione sul carattere pacifico o meno di tale circostanza, essa è, in ogni caso e in via dirimente, da qualificarsi come irrilevante, in base all’indirizzo ermeneutico dapprima richiamato, il quale nega in radice la possibilità di detrazione per le operazioni in origine non assoggettabili all’imposta;

che la memoria di parte ricorrente, là dove non inammissibile per non essere soltanto illustrativa della originarie ragioni di censura, non fornisce argomenti tali da scalfire i rilievi che precedono;

che il ricorso va, pertanto, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 -quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA