Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6143 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. II, 24/02/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 24/02/2022), n.6143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6655/2017 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, via Tacito

23, rappresentata e difesa dall’Avv. Marta Rossetti;

– ricorrente –

contro

B.C.R., e T.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, via Giovanni Amendola 46, rappresentati e difesi dagli Avv.ti

Franco Zambelli, e Mario Ettore Verino;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3010/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 29/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/2021 dal relatore Dott. DARIO CAVALLARI;

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 7 febbraio 2011 C.G. ha convenuto innanzi al Tribunale di Venezia B.C.R. e T.F. perché fosse accertato il suo diritto di proprietà sul fabbricato di cui al NCEU del Comune di (OMISSIS), foglio (OMISSIS), map. (OMISSIS).

Il Tribunale di Venezia, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 667/2015, ha respinto la domanda attrice.

C.G. ha presentato appello che la Corte di Appello di Venezia, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 3010/16, ha rigettato, dichiarando assorbito l’appello incidentale degli appellati.

C.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

B.C.R. e T.F. hanno resistito con controricorso, presentando ricorso incidentale condizionato fondato su tre motivi.

I controricorrenti hanno depositato memoria.

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., poiché la corte territoriale avrebbe errato nel richiamare e ritenere decisivo, ai fini della decisione, il comportamento processuale tenuto dalla medesima ricorrente in precedente giudizio, nel quale essa era intervenuta esclusivamente quale successore del padre.

In realtà, la Corte di Appello di Venezia non avrebbe potuto ritenere opponibile alla ricorrente il giudicato della sentenza del Tribunale di Venezia n. 2417/2004, confermata dalla sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 1510/2009, atteso che la stessa non avrebbe potuto, nel relativo procedimento, proporre domande autonome, avendo posto in essere un semplice intervento adesivo.

Il motivo è inammissibile, non avendo la ricorrente colto la ratio della decisione.

Infatti, la corte territoriale non ha assolutamente valutato, in diritto, come opponibile alla ricorrente il giudicato menzionato, ma si è limitata a tenere conto dell’oggetto della lite, con riferimento alla posizione di B.C.R., e, in fatto, della condotta processuale tenuta da C.G., da considerare quale uno degli elementi istruttori rilevanti per decidere se essa avesse o meno fornito prova del diritto di proprietà vantato.

Pertanto, la corte territoriale non ha attribuito forza di giudicato, in danno di C.G., alla sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 1510/2009, con la conseguenza che nessuna violazione dell’art. 2909 c.c., è prospettabile.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2721,2722 e 2727 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio perché la corte territoriale avrebbe valutato in maniera non corretta le risultanze istruttorie, prescindendo dalla circostanza che essa ricorrente aveva dato prova di avere costruito a sue spese l’edificio, come si poteva evincere dalle deposizioni dei testi escussi.

La doglianza è inammissibile.

Infatti, ove la prova addotta sia costituita da presunzioni, le quali anche da sole possono formare il convincimento del giudice del merito, rientra nei compiti di quest’ultimo il giudizio circa l’idoneità degli elementi presuntivi a consentire inferenze che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale (Cass., Sez. 3, n. 12002 del 16 maggio 2017).

Nella specie, la Corte d’Appello di Venezia ha esaminato una serie di circostanze e, valutandole le une per mezzo delle altre, ha ritenuto, con un giudizio di merito non sindacabile nella presente sede, che la ricorrente non avesse dimostrato il proprio diritto dominicale.

In particolare, ha escluso che le dichiarazioni dei testi fossero plausibili e abbastanza specifiche da suffragare la tesi di C.G..

In conclusione, la ricorrente ha solo proposto una (possibile) lettura alternativa delle prove agli atti, il che, secondo la giurisprudenza di legittimità, non è ammissibile, atteso che “In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che denunci, quale vizio di motivazione, l’insufficiente giustificazione logica dell’apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poiché è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile” (Cass., Sez. 1, n. 25927 del 23 dicembre 2015).

3. Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.

Il ricorso incidentale non deve essere esaminato, in quanto condizionato all’accoglimento del ricorso principale.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’obbligo di versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, n. 14515 del 10 luglio 2015).

PQM

La Corte;

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite in favore dei controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 5.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori di legge, incluso contributo unificato se versato e ove non rimborsabile dalla P.A., e spese generali nella misura del 15%;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

 

 

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