Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6142 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. II, 24/02/2022, (ud. 26/10/2021, dep. 24/02/2022), n.6142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22420/2016 proposto da:

G.S., E L.R.M.T., rappresentati e difesi

dagli avv.ti Cesare Barzoni, e Claudio Mazzoni, con domicilio eletto

in Roma, alla Via Taro n. 35.

– ricorrenti –

contro

G.U., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Tizzi, con

domicilio in Viadana, Via L. Grossi n. 27.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 885/2015,

pubblicata in data 11.8.2015.

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26.10.2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Dott. DE RENZIS Luisa, che ha concluso,

chiedendo di respingere il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. G.U. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Modena, il figlio G.S. e la nuora L.R.M.T., esponendo che i convenuti, con atto del 30.5.2001, avevano acquistato l’abitazione ubicata in (OMISSIS), in catasto al fl. (OMISSIS), mappali (OMISSIS), e che, con autonoma scrittura privata redatta in pari data, avevano costituito in favore dell’attore il diritto di usufrutto generale e vitalizio sull’immobile, dichiarando contestualmente di aver ricevuto il prezzo e rilasciando quietanza. Ha chiesto di accertare l’avvenuta costituzione del diritto reale sull’intera abitazione e sulla rimessa, con vittoria delle spese di causa.

G.S. e L.R.M.T., costituitisi tempestivamente in giudizio, hanno eccepito la nullità dell’atto di costituzione del diritto per la mancata indicazione del prezzo, sostenendo che G.U. non aveva versato alcuna somma a titolo di corrispettivo per la costituzione dell’usufrutto.

Hanno proposto domanda riconvenzionale per far dichiarare che il contratto dissimulava una donazione di usufrutto nulla per difetto della forma solenne.

Il tribunale, ritenute irrilevanti le richieste istruttorie, con sentenza n. 891/2008, ha dichiarato l’autenticità delle firme apposte in calce alla scrittura privata con cui era stato costituito l’usufrutto e l’avvenuto trasferimento in favore dell’attore del diritto reale limitato sulla casa di abitazione e sull’autorimessa, respingendo le riconvenzionali.

Su impugnazione da G.S. e L.R.M.T., la Corte d’appello di Brescia ha confermato la decisione.

Per quanto rileva in questo giudizio, il giudice distrettuale ha ritenuto infondate le eccezioni di nullità del contratto, osservando, quanto alla mancata indicazione del prezzo, che la scrittura conteneva la dichiarazione con cui le parti avevano dato atto che il corrispettivo era stato interamente versato, a riprova dell’avvenuto raggiungimento di un accordo sul corrispettivo e che il prezzo era comunque determinabile con riferimento ai parametri dettati dalla legge, dato che il valore del diritto può essere determinato in modo oggettivo sulla base dei coefficienti rapportati alla vita residua dell’usufruttuario.

In merito all’inosservanza delle prescrizioni della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, ai fini della validità del contratto, il giudice territoriale ha ritenuto sufficiente che tali indicazioni fossero presenti nell’atto di acquisto dell’immobile. La pronuncia ha infine respinto la domanda riconvenzionale di simulazione e di nullità del contratto, a causa della mancata produzione in giudizio della controdichiarazione scritta, ai sensi dell’art. 1416 c.c..

La cassazione della sentenza è chiesta da G.S. e L.R.M.T. con ricorso basato su un unico motivo, illustrato con memorie.

G.U. resiste con controricorso e con memoria illustrativa.

La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 14145 del 24.5.2021.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va respinta l’eccezione di difetto di specificità del ricorso per la mancata trascrizione del contenuto della scrittura di costituzione del diritto di usufrutto.

Discutendosi della validità della scrittura di costituzione dell’usufrutto per mancata indicazione del prezzo, deve ritenersi che, data la materia del contendere, il ricorso contenga un’adeguata descrizione delle previsioni del contratto e delle clausole il cui esame viene in rilievo in questa sede di legittimità (cfr. ricorso, pagg. 4 e ss.), con piena ottemperanza all’onere di esporre le vicende di causa e il contenuto dei documenti il cui esame diretto è precluso a questa Corte, non occorrendo, al riguardo, l’adozione di formule sacramentali.

2. L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1346

e 14518 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. sostenendo che la scrittura privata di costituzione del diritto di usufrutto era nulla per mancata indicazione del prezzo, essendo il contratto sottoposto alla forma scritta ad substantiam, dovendo, quindi, contenere tutti gli elementi essenziali del contratto.

Secondo i ricorrenti il corrispettivo non era determinabile neppure sulla base dei coefficienti rapportati alla vita dell’usufruttuario, sia perché tali criterio di determinabilità del prezzo doveva essere richiamato in contratto, sia perché lo stesso resistente aveva riconosciuto in giudizio di aver versato l’intero prezzo della vendita.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha posto in rilievo che, nell’atto di costituzione dell’usufrutto, i contraenti avevano dichiarato che il prezzo del diritto reale era stato integralmente versato, sostenendo che tale dichiarazione non solo provasse che un corrispettivo era stato pattuito, ma che fosse sufficiente a soddisfare il requisito di determinabilità dell’oggetto, benché il contratto fosse soggetto alla forma scritta ad substantiam.

Ha difatti richiamato l’orientamento di questa Corte secondo cui l’esigenza della determinazione (o della determinabilità) dell’oggetto del contratto in forma scritta, la cui mancanza è sanzionata con la nullità del contratto stesso dall’art. 1418 c.c., in relazione all’art. 1346 c.c. e art. 1325 c.c., n. 3 è soddisfatta, con particolare riferimento alla prestazione di pagamento del prezzo, proprio dalla dichiarazione d’aver già ricevuto detta prestazione resa dal venditore nella scrittura, giacché tale riconoscimento necessariamente implica che anche l’oggetto dell’obbligazione assunta dall’acquirente fosse stato consensualmente determinato (Cass. 4854/2012; Cass. 8810/2003; Cass. 308/1996; Cass. 7848/1996; Cass. 1836/1993; Cass. 3938/1983; Cass. 582/1962).

2.1. Va anzitutto considerato che – come ammette anche la Corte di merito (cfr. sentenza, pag. 5), la costituzione del diritto di usufrutto in favore del resistente era stata concepita a titolo oneroso: le parti avevano dichiarato che il prezzo era stato integralmente versato, a conferma del perfezionamento di un contratto di scambio avente ad oggetto il diritto reale sull’immobile (acquistato in comunione legale dai ricorrenti), e il versamento di un corrispettivo pecuniario.

Ciò premesso, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1351 c.c., comma 1, n. 2, la costituzione del diritto di usufrutto su un immobile è sottoposto alla forma scritta ad substantiam.

Nei negozi formali la volontà delle parti deve rivestire la forma scritta prevista per la validità almeno per quanto riguarda gli elementi essenziali (consenso, “res”, “pretium”).

E’ costante l’insegnamento di questa Corte che – in tal caso – l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi ricorso ad elementi estranei al documento (Cass. 8765/2021; Cass. 525/2020; Cass. 28762/2018; Cass. 3234/2015; Cass. 21352/2014; Cass. 1432/2004; Cass. 887/1999). La determinazione (o determinabilità) dell’oggetto nei contratti formali è soddisfatta quando la scrittura contenga, più precisamente, gli elementi e i criteri prestabiliti di individuazione o rinvii – a tale scopo – ad un elemento esterno in funzione integrativa del contenuto dell’accordo (cd. relatio).

La necessità legale che una determinata pattuizione sia stipulata in forma scritta non esclude – difatti – che il testo ne definisca i contenuti specifici mediante rinvio ad elementi estrinseci, con la sola condizione che questi siano univoci ed obiettivamente individuabili (cfr. Cass. 18578/2004, nonché, sempre in tema di determinazione degli interessi extralegali: Cass. 22898/2005; Cass. 2072/2013; Cass. 25205/2014, nonché da ultimo Cass. 20555/2020).

Ove – eventualmente mediante la relatio – sia richiamato un dato esterno già esistente per completare la dichiarazione negoziale, occorre garantire ad un tempo il rispetto dei requisiti di determinabilità dell’oggetto del contratto (art. 1346 c.c.), e quelli di forma imposti dall’art. 1350 c.c., apparendo comunque insufficiente la sola dichiarazione di aver già corrisposto il prezzo, essendo impossibile individuarne l’entità o i criteri per determinarlo in base allo scritto.

Non può neppure soccorrere la regola dell’art. 1362 c.c., comma 2, che consente di tener conto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, del comportamento di questi precedente o successivo alla conclusione del contratto, né può avere rilevanza la semplice formazione del consenso, ove non sia stata incorporata in un documento scritto (Cass. 18361/2004; Cass. 2216/2004; Cass. 8080/2002; Cass. 4975/2004; Cass. 12297/2011; Cass. 11828/2018; Cass. 11190/2018).

Ad integrare l’atto scritto richiesto “ad substantiam”, non è sufficiente un qualsiasi documento, ma è necessario uno scritto contenente la manifestazione di volontà, posto in essere dalle parti al fine specifico di manifestala: non basta una dichiarazione di quietanza, la quale presuppone il contratto e dà la prova dell’avvenuto pagamento, ma non pone in essere il contratto stesso (Cass. 12673/1997; Cass. 5158/2012; Cass. 10846/2018).

In effetti, la stessa prova dei contratti formali (e dei diritti che ne formano l’oggetto) richiede necessariamente la produzione in giudizio della scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti, neppure ove abbiano concordemente ammesso l’esistenza del diritto costituito con l’atto non esibito (Cass. 26174/2009; Cass. 1452/2019).

Non era – quindi – sufficiente che i contraenti avessero dato atto del pagamento del prezzo: tale dichiarazione, pur presupponendo che un accordo fosse stato raggiunto in ordine all’entità del corrispettivo, consentiva di individuare la causa del contratto, ma non forniva alcuna indicazione né sull’ammontare del corrispettivo, né sul criterio da impiegare per giungere alla sua quantificazione, non essendo assicurata la determinazione (o determinabilità) in forma scritta di un elemento essenziale del contratto (il prezzo).

La contraria opinione, sostenuta anche in dottrina, postula che, nei contratti di scambio (e, specificamente, nei negozi volti al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale immobiliare), il requisito imposto dall’art. 1350 c.c., non riguardi anche l’indicazione del corrispettivo, tanto che, in caso di simulazione del prezzo, il corrispettivo realmente pattuito dai contraenti non richiederebbe alcuna formalizzazione scritta, potendo esser provato anche con testimoni.

In contrario va osservato che, proprio con riferimento alla simulazione relativa nei trasferimenti immobiliari, le Sezioni unite hanno espressamente puntualizzato che “il prezzo è un elemento essenziale della vendita, per cui anch’esso deve risultare per iscritto e per intero quando per tale contratto è prevista la forma scritta ad substantiam, non essendo sufficiente che quest’ultima sussista in relazione alla manifestazione di volontà di vendere e di acquistare. Un’eventuale prova per testimoni del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare non riguarda un elemento accessorio del contratto (in relazione al quale non opera il divieto di cui all’art. 2722 c.c.), ma un elemento essenziale (Cass. s.u. 7246/2007; Cass. 21442/2010; Cass. 3234/2015).

Tali principi, sebbene enunciati con riferimento alla vendita immobiliare, appaiono applicabili senza riserve anche al contratto di costituzione di usufrutto a titolo oneroso.

In definitiva, la semplice dichiarazione, contenuta nella scrittura privata di costituzione dell’usufrutto, circa l’avvenuto pagamento del prezzo non poteva soddisfare – in assenza di altre indicazioni circa il suo effettivo ammontare o circa i criteri di determinazione richiamati dai contraenti – i requisiti imposti a pena di nullità dal combinato disposto dell’art. 1346 c.c. e art. 1350 c.c., n. 4.

A tale carenza non poteva – per quanto detto – surrogare la dichiarazione di quietanza, né aveva rilievo che il valore – ma non il prezzo concretamente concordato – dell’usufrutto fosse determinabile in applicazione dei coefficienti rapportati alla vita residua del beneficiario.

Tale criterio non risulta fosse richiamato nella scrittura e non costituiva neppure un metodo di quantificazione suscettibile di integrare il contenuto dell’accordo ai sensi dell’art. 1374 o dell’art. 1474 c.c., essendo utilizzabile a soli fini fiscali (ai fini del calcolo delle imposte di registro, catastali ed ipotecarie).

Per quanto detto, la pronuncia è – dunque – incorsa nella violazione denunciata.

Non può procedersi alla decisione di merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, avendo la Corte distrettuale ritenuto valida la scrittura sulla base della dichiarazione di avvenuto pagamento del prezzo, occorrendo tuttavia indagare se l’esame complessivo degli atti di causa consenta di ritenere sussistente il requisito formale per la fissazione del prezzo dell’usufrutto, tenendo conto anche delle previsioni del rogito di acquisto dell’immobile da parte dei ricorrenti, alla luce del collegamento che la sentenza pare ha ravvisato tra i due atti (così, ad es., con riferimento all’osservanza dei requisiti di contenuto della scrittura privata richiesti, sempre a pena di nullità, dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40), avendo affermato che la predetta scrittura “costituisce emanazione del rogito notarile di acquisto dell’immobile” (cfr. sentenza, pag. 6).

E’ – quindi – accolto l’unico motivo di ricorso.

La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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