Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6141 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. II, 12/03/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 12/03/2010), n.6141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2446/2005 proposto da:

D.A. (OMISSIS), D.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI Maria Teresa,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MENGHINI ATHOS;

– ricorrenti -e

e contro

B.G. (OMISSIS), V.R.

(OMISSIS), V.E. (OMISSIS), Z.R.

G. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3396/2003 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/02/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 4-5-1999 D.A. e D.L. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Monza B.G. e V.R. assumendo che con contratto stipulato il (OMISSIS) gli esponenti avevano acquistato una quota pari alla metà del cortile riportato al NCT foglio (OMISSIS) mappale (OMISSIS) sito in (OMISSIS), e che i convenuti senza chiedere alcuna autorizzazione avevano occupato l’area in questione costruendovi alcuni edifici e recintandola.

Gli attori chiedevano quindi sciogliersi la comunione della suddetta area cortilizia ed ordinarsi ai convenuti l’immediato rilascio in favore degli istanti di quella parte di essa che fosse stata loro attribuita.

Si costituivano in giudizio i convenuti contestando il fondamento delle domande attrici; essi sostenevano che l’asserito acquisto da parte degli attori di una quota dell’area di cui al mappale (OMISSIS) era in realtà solo apparente, posto che una metà di tale area era stata acquistata dagli esponenti il (OMISSIS) da M.S., M.F., M.A. e S.P., mentre l’altra metà era stata venduta da questi ultimi lo stesso giorno ad V.A.R. che a sua volta l’aveva alienata a Z. R.G. il (OMISSIS).

Successivamente intervenivano in giudizio V.E. e Z. R.G. i quali assumevano di aver acquistato metà dell’area di cui al mappale (OMISSIS) il (OMISSIS) da V.A.R. e chiedevano il rigetto delle domande attrici previa pronuncia dichiarativa che il fondo in questione era in comproprietà tra loro ed i convenuti.

Il Tribunale adito con sentenza dell’8-10-2000 dichiarava che il fondo sito in (OMISSIS), località (OMISSIS) di cui al N.C.T. foglio (OMISSIS) mappale (OMISSIS) era di proprietà “pro indiviso” di B. G. e di V.R. per la quota di una metà e di Z.R.G. ed V.E. per la residua quota dell’altra metà.

Proposto gravame da parte di D.A. e di D. L. cui resistevano B.G., V.R., V.E. e Z.R.G. la Corte di Appello di Milano con sentenza del 16-12-2003 ha dichiarato inammissibile l’impugnazione e comunque l’ha rigettata.

Per la cassazione di tale sentenza D.A. e D. L. hanno proposto un ricorso affidato a due motivi; le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., censurano la sentenza impugnata per aver ravvisato una inammissibile “mutatio libelli” nelle domande degli attori, i quali nel giudizio di primo grado avevano chiesto la divisione dell’area cortilizia in questione oggetto di comunione con i convenuti per una quota pari alla metà per ciascuno dei due gruppi di parti, ed in appello si erano limitati a richiedere la divisione tra i comproprietari secondo le quote di competenza.

I ricorrenti sostengono di non aver modificato la richiesta di accertamento del diritto e la conseguente divisione tra i comproprietari secondo i rispettivi diritti, e neppure di aver mutato la domanda di accertamento del diritto di comproprietà sul bene in oggetto, avendo soltanto modificato una domanda già proposta.

I ricorrenti rilevano di aver sottolineato nel corso del giudizio di primo grado la complessità della vicenda oggetto della controversia, e di aver reiterato anche nel giudizio di appello la richiesta di ammissione di una c.t.u. per accertare preliminarmente le vicende storiche della proprietà del mappale (OMISSIS) foglio, e rilevano che comunque già con la comparsa conclusionale del giudizio del primo grado avevano introdotto l’analisi dei fatti costitutivi della proprietà dei danti causa delle parti in giudizio senza sollevare l’opposizione dei convenuti o dei terzi intervenuti.

I D. inoltre assumono che il giudice di appello non ha valutato che la sentenza di primo grado, oltre a respingere la domanda attrice, aveva accolto la domanda degli intervenuti riguardante fa declaratoria di comproprietà del cortile di cui al mappale (OMISSIS) foglio (OMISSIS) tra loro ed i convenuti con esclusione degli esponenti; pertanto, avendo gli appellanti richiesto il rigetto della suddetta domanda, le argomentazioni da essi dedotte nell’atto di appello ed i documenti prodotti nel secondo grado di giudizio avrebbero dovuto essere considerati necessari anche al fine di attribuire fondamento alla predetta richiesta di rigetto.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha rilevato che D.A. e L., mentre nel primo grado di giudizio avevano chiesto la divisione in due porzioni di ciascuna dell’area cortilizia per cui è causa, in grado di appello avevano sostenuto invece di essere comproprietari di una quota superiore al 50% di tale area (più precisamente di 150/240 di essa), appartenente per la residua parte per la quota di 60/240 ai signori B. e V. e per la quota di 30/240 ai signori Z. e V., dando così ingresso ad una domanda nuova con mutamento del “petitum” e quindi inammissibile.

Tali conclusioni devono essere pienamente condivise, avuto altresì riguardo al fatto che la domanda proposta in primo grado dai D. era basata sul titolo costituito da un contratto di acquisto da essi stipulato il (OMISSIS), laddove la domanda introdotta in appello faceva riferimento come fatto costitutivo del diritto azionato ad un atto di divisione immobiliare del (OMISSIS) per notaio Zanuso ed a un atto di vendita del (OMISSIS) per notaio Bruni, come esposto nella sentenza impugnata.

Alla luce di tali premesse è evidente che nel giudizio di appello la domanda formulata dagli attuali ricorrenti ha comportato una inammissibile modificazione della “causa petendi”, posto che il titolo giuridico della pretesa dedotto nel secondo grado di giudizio, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettati in primo grado, ha determinato un mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione che ha alterato l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia in modo da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in primo grado sulla quale non si era svolto il contraddittorio (vedi al riguardo Cass. 24-11-2008 n. 27890); del pari l’ampliamento del “petitum” dedotto in appello con la domanda di accertamento della propria quota di comproprietà sull’area cortilizia per cui è causa pari a 150/240 invece che alla metà dell’intero bene è conseguenza diretta del radicale mutamento del fatto costitutivo della pretesa fatta valere in giudizio.

E’ poi appena il caso di osservare che l’aver eventualmente introdotto il nuovo tema di indagine nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado non può far ritenere che la domanda come formulata nel giudizio di appello fosse stata già ritualmente avanzata nel primo giudizio, essendo evidente la tardività di una introduzione di essa soltanto nell’atto contenente l’illustrazione delle difese conclusive della parte come appunto la comparsa conclusionale; nè per altro verso l’esigenza degli appellanti di impugnare la statuizione del giudice di primo grado in ordine alla comproprietà del cortile in questione tra i convenuti e gli intervenuti può legittimare l’assunto dei ricorrenti, che invero nel giudizio di appello non si sono limitati ad eccepire l’erroneità di quella decisione ma hanno avanzato, come si è visto, nuovi fatti a fondamento di una domanda nuova e come tale inammissibile.

Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censurano la sentenza impugnata per non aver verificato la fondatezza della domanda degli intervenuti avente ad oggetto l’accertamento della loro comproprietà sull’area cortilizia in questione nella misura del 50%, per aver omesso l’esame di talune circostanze nella ricostruzione delle vicende storiche che hanno interessato il bene oggetto di divisione e per aver disatteso la richiesta di c.t.u. avanzata dagli esponenti fin dal primo grado di giudizio.

La censura è inammissibile.

Invero la ritenuta correttezza della statuizione del giudice di appello in ordine alla inammissibilità della domanda proposta dai D. nel giudizio di secondo grado in quanto nuova rende superfluo l’esame delle argomentazioni rese “ad abundantiam” dalla sentenza impugnata onde affermare comunque l’infondatezza nel merito della domanda stessa; il rilievo è valido anche per il profilo di censura avente ad oggetto la conferma della decisione di primo grado riguardante l’accoglimento della domanda proposta dagli intervenuti, non avendo in particolare i ricorrenti dedotto di aver formulato uno specifico motivo di appello in proposito con argomentazioni diverse da quelle volte all’accoglimento della nuova domanda da essi introdotta nel giudizio di secondo grado.

Il ricorso deve essere rigettato; non occorre procedere ad alcuna statuizione in ordine alle spese di giudizio non avendo le parti intimate svolto alcuna attività difensiva in questa sede.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

 

 

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